208 pagine – brossura
Vincent Calhoun, coyote solitario di Tijuana, in Messico, terra di reietti e di disperati, dove il caldo è “vivo, penetrante, gli cammina a fianco come un matto scappato dal manicomio”. Né moglie, né figli, né veri amici. Agente della DEA, contrabbandiere di esseri umani per scontare un debito di gioco con Slaughter, strozzino senza scrupoli. Devastato dalla febbre dengue che lo fa sbarellare. In questo quadretto non proprio idilliaco, fa da sfondo “el dià de los muertos”, il giorno dei morti, “fiesta grande!” periodo in cui la città si sveglia dalla calura e si anima, organizzando i festeggiamenti come se fosse Capodanno, per esorcizzare la morte.
La sfortuna sembra perseguitare Vincent, che per restituire le somme perse alle corse dei cani, deve continuamente svolgere dei lavori extra per Slaughter, cercando di non finire nel mirino dei suoi colleghi. In questa vita già complicata e sregolata, all’improvviso compare Celeste, una ragazza conosciuta all’università, quando lui era insegnante e lei studentessa. Un corpo da sballo, che gli ha portato un sacco di guai, costretto ad andarsene e ripartire da zero. Da Tijuana.
Ma Vincent non riesce a stare lontano dai problemi, anzi, se li complica ancora di più.
Messico, terra di confine, da sempre pattumiera di falliti, delinquenti, corrotti. Tutti quelli che non rientrano nei canoni puritani e benpensanti dell’America, approdano all’inferno. In tutti i sensi. Caldo da perdere la testa, proiettili che vagano alla ricerca di un obiettivo. Corruzione, sesso, droga. Manca il rock’n roll! Un mix esplosivo che non può che travolgere chi ci vive. Si viene inghiottiti da una voragine che ti trascina e ti centrifuga, e puoi solo cercare di non affogare.
Vincent è un debole, gioca e perde. E non c’è fine alla sua sete di rivincita, che lo trascina ancora più in basso, avvicinandolo maggiormente a quei personaggi che, come agente della DEA, dovrebbe combattere, sgominare e riportare l’ordine. Ma non è il solo. Breen, suo collega, è complice delle sue malefatte, innamorato perso di lui e sul punto di mollare lavoro e città. Chi non è disgraziato e derelitto, a Tijuana, non sopravvive a lungo!
Lo stile del romanzo è una stilettata nello stomaco, lascia senza fiato. Ti costringe a scendere negli inferi, a toccare con mano quanto il degrado umano sia tangibile e presente. Un noir definito dallo stesso Harrington di appartenenza della scuola di Jim Thompson, a metà tra film e romanzo. Dopo aver letto “Il potere del cane” di Don Winslow, pur non trovando similitudini tra Art Keller e Vincent Calhoun, troppo diversi nel carattere e nel temperamento, penso che abbiano la stessa capacità di descrivere un Paese, il Messico, da troppo tempo abbandonato a sé stesso. Dove tutto ciò che sembra convivere amabilmente, sarà la miccia che prima o poi, lo farà esplodere.
Da appassionata di noir, mi dispiace che autori come Kent Harrington non abbiano avuto la giusta valorizzazione e siano passati in secondo piano. Grazie a Meridiano Zero.
Lo scrittore:
Questo il sito dello scrittore: http://www.kentharrington.com/