Frédérick H. Fajardie – Assassini di sbirri

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Il libro:
Editore Aìsara
Anno 2011
125 pagine – brossura con alette
Traduzione Giovanni Zucca

La trama:

Nella città di Parigi Tonio Padovani, commissario di origini italiane, ha idee progressiste rispetto ai suoi superiori, tanto che rischia di essere messo in disparte e “invitato” a dare le dimissioni. Ma Padovani ha il compito di catturare dei pericolosi assassini, che uccidono poliziotti e politici a sangue freddo.
I killer si travestono per non essere riconosciuti e compiono atti al limite dell’esoterico. Non sono facili da stanare, ma il commissario riuscirà ad ingaggiare un vero e proprio atto di forza, al limite della guerriglia. Lo scontro porterà forse alla sua morte, o alle sue dimissioni, o chissà a cos’altro.
Il romanzo d’esordio di Frédérick Fajardie, un noir definito dallo stesso scrittore “un libro antifascista”. Descrive il suo piacere di scrivere, abbinato a una parte militante nella sua azione e le sue perplessità sul raggiungimento dell’equilibrio tra i libri, che si scrivono sempre in solitudine, e la vita vera.
I cinque romanzi con il commissario Padovani, vendute in Francia che usciranno per Aìsara, sono pubblicati in Francia da Fayard e La Table Ronde.

Abituata allo stile del noir francese attraverso Jean Claude Izzo o André Héléna, che raccontano storie terribili attraverso uno stile sottile e molto malinconico, Fajardie rende il romanzo molto più movimentato, instaurando un tête-à-tête tra polizia e assassini che non lascia spazio a quell’abbandono tipico di questo genere che amo particolarmente.
Un commissario che va contro corrente, non servitore dello Stato, bensì un uomo dalle idee rivoluzionarie, che mal si combinano con la legge e i suoi articoli.
“Al mattino, mi ero convinto che non ne potevo più delle situazioni conflittuali e che avevo aspirazioni ben diverse dall’essere un agente della repressione di Stato. L’onestà esigeva che io dessi immediatamente le dimissioni.”
Piuttosto, si mette contro i suoi stessi capi per ribadire le proprie posizioni, ma senza dimenticarsi il ruolo di poliziotto e andare fino in fondo nella conduzione delle indagini.
In fondo, Padovani non si discosta molto dal suo stesso autore che, proprio attraverso la sua biografia, impariamo a conoscere come un uomo con un forte senso della giustizia e con un grande temperamento.
Lo stile del romanzo è asciutto e di forte impatto emotivo, anche se i continui rimandi a pié di pagina mi hanno distolta dalla trama, pur apprezzandone l’utilità per approfondire alcuni aspetti poco noti.
Il quadro generale delle forze dell’ordine ne esce in qualche modo sconfitto, schiacciato da un lato dalla mancanza di volontà e dal lassismo, dalla commistione tra polizia e criminalità e forse anche dall’incapacità di prestare un servizio in cui ci si mette a disposizione degli altri, senza però pretendere una contropartita. Tonio Padovani è così, un uomo che si butta a capofitto per risolvere un caso, ma capace di mettere in discussione il suo posto, per ribadire le proprie idee.
Seppure il libro sia stato scritto nel 1975 e pubblicato nel 1979 – periodo ancora “caldo” in cui si manifestava contro una classe politica retrograda e ancora legata a modi e pensieri ormai obsoleti -sembra essere assolutamente attuale e questo la dice lunga su quanto siamo riusciti a costruire in questi anni, tanto da arrivare, forse, a un binario morto..
Un plauso particolare alla traduzione seguita da Giovanni Zucca.

Lo scrittore:

Frédéric H. Fajardie (Parigi, 1947-2008), scrittore e sceneggiatore francese noto in patria soprattutto per la sua produzione di noir e romanzi storici, viene per la prima volta pubblicato in Italia. Nato subito dopo la seconda guerra mondiale e durante la guerra d’Indocina, Fajardie è fortemente influenzato dagli orrori bellici e dalla figura paterna (militante socialista, moderatamente anarchico, membro della Resistenza francese). Trascorre la sua infanzia a Parigi, in un quartiere di malviventi, ispiratore di leggende e fantasie vagabonde. La sua sensibilità verso le ingiustizie sociali lo porta a schierarsi, durante gli eventi del maggio ’68, al fianco di operai e contestatori, e ne forgia la personalità letteraria.
Col suo stile secco e violento, Fajardie insieme a Manchette dà vita al neo-polar, poliziesco di critica sociale.