James Sallis – Drive

3215
Drive

Il libro:

Editore Giano Collana Nerogiano
Anno 2011 – prima edizione 2006
192 pagine – rilegato
Traduzione di Luca Conti
Attratta dalla narrativa noir di ogni tipo, così difficile da scovare nel marasma di titoli propinati come genere, ma non nella sostanza, vado a caccia di suggerimenti sul web. Ci sono alcuni siti che consulto più spesso, attraverso i quali ho potuto conoscere e apprezzare Derek Raymond, Chester Himes, Jean Claude Izzo, André Héléna e altri.
Mi sono imbattuta recentemente nel nome di James Sallis, citato dal suo stesso traduttore, Luca Conti. E ho voluto provare a prendere due libri pubblicati da Giano Editore, “Il bosco morto” e “Drive”, facenti parte di una trilogia. il terzo romanzo dovrebbe intitolarsi “La valle del sole” e sarà, spero, di prossima pubblicazione.
In questo post vi voglio parlare di “Drive” e questa è la trama:

Personaggio di questo libro è Driver, soprannome che gli è stato affibbiato per il suo abile modo di guidare. Non è un gran lettore né appassionato di cinema. Quando era piccolo, si infilava dappertutto e suo padre lo sfruttava per commettere furti in luoghi dove solo un bambino poteva infilarsi. Ma a 12 anni, Driver crebbe di colpo e per il padre quel ragazzo diventò inutile. Se la figura paterna era carente in quella famiglia, quella materna non era da meno. Con una tranquillità sconvolgente, accoltellò suo marito con un coltello del pane da un lato e la mannaia nell’altro, “come una ninja in grembiule rosso a quadrettoni.”
Il ragazzo, cresciuto nell’abbandono e nella violenza, venne affidato a una coppia di genitori adottivi e restò in quella famiglia fino a 16 anni, quando decise di dare una svolta alla sua vita. Senza rimpianti o ripensamente, decise di prendere la direzione della California, esattamente Los Angeles.
Quando arrivò all’altezza di un metro e 85, si sentiva “un estraneo nel suo stesso corpo. Dinoccolato, inciampava spesso nei suoi piedi”. Ma era bravissimo a guidare. E arrivando a Hollywood, si rese conto che quella era la città giusta per uno come lui.
Iniziò a bazzicare per gli “Studios” e conobbe il miglior stunt driver in circolazione. Driver gli fece vedere cos’era in grado di fare con un’auto. Proprio in virtù di questa dote, decise di accettare qualche lavoretto extra, sempre come autista, per qualche gang che aveva bisogno di un uomo del suo genere per organizzare un colpo. La sua condizione era: non partecipare, non avere armi, non sapere nulla. Il suo compito doveva essere solo ed esclusivamente di guidare.
Ma una volta non gli servì a molto, tanto che una rapina a un banco di pegni finì nel sangue e Driver si ritrovò ferito in un motel, insieme a tre cadaveri e una borsa in cui erano stipati oltre duecentomila dollari.
Chi fece il doppio gioco? Nella sua fuga tra l’Arizona e Los Angeles, cercando di rintracciare e uccidere tutti quelli che costituivano una minaccia, Driver si ritrovò a riflettere sul suo passato e sulle scelte che lo avevano portato fino a quel punto, ritrovandosi dall’essere solo quando era bambino a essere solo anche da grande. Come un brutto sogno che si ripresenta ad ogni risveglio.
Personaggio malinconico e disincantato, Driver – il cui vero nome non verrà svelato neanche alla fine del romanzo – è un uomo che si presenta ai nostri occhi senza ideali, senza futuro. Che dopo essersi lasciato alle spalle una famiglia violenta, non si adatta ad un’altra che lo accoglie benevolmente. E’ come se la sua vita gli stesse stretta. A 16 anni ha già voglia di viaggiare e di provare ciò che gli riesce meglio: guidare. Lui e la sua auto sono tutt’uno. Come stunt man è il migliore. Riesce a stare in equilibrio su due ruote e qualsiasi scena gli chiedano di girare, lui ci riesce. L’ideale per arrotondare con qualche lavoretto in più.
E vuoi non trovare a Los Angeles qualche criminale disposto a utilizzarlo durante le rapine? Come se in qualche modo Driver volesse ricreare il fil rouge che lo teneva collegato a suo padre. Una spirale di violenza da cui non riesce a staccarsi. La differenza è che ora lo pagano.
Cambia domicilio in continuazione, abita in condomini anonimi. Fuori da ogni visuale, come un’ombra per gli altri. E forse anche per se stesso. Sembra un animale braccato. Un duro, un solitario.
Sallis riesce, con la sua scrittura, a far letteralmente scomparire tutti gli altri soggetti del romanzo. Perché il romanzo è Drive(r). Utilizzando uno stile a volte complesso di salti temporali tra il prima e il dopo, che stranamente non mi hanno fatto confondere (l’età avanza anche per me..) nel prosieguo della lettura, Driver si rivela in tutta la sua drammaticità, mettendosi a nudo ed esprimendo tutte le difficoltà di ricominciare da capo e recidere il cordone ombelicale della violenza. Non so ancora dire se Driver (non il libro) mi abbia davvero coinvolta. Non mi sono affezionata, come può capitarmi a volte con qualche personaggio per il quale tendo a prendere le difese.
Forse perché in parte è come se fosse un inno al fallimento, alla ferma convinzione che non si può cambiare direzione. Nonostante sia stato lui alla guida della sua vita.
Lo scrittore:
James Sallis è nato a Helena, Arkansas, nel 1944. Romanziere e musicista, saggista e poeta, biografo e traduttore dal francese e dal russo (Queneau, Cendrars, Lermontov, Pasternak), ha scritto numerosi romanzi, quattro raccolte di poesie e una biografia di Chester Himes.
Qui il sito in inglese di James Sallis:
http://www.jamessallis.com/