Intervista a Sara Bilotti

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Oggi su Contorni di noir, ospitiamo Sara Bilotti, scrittrice emergente definita da Massimo Rainer “un talento naturale incredibile”, che ha pubblicato con Termidoro Edizioni dodici racconti noir dal titolo “Nella carne“, recensito su questo blog.

1. Ciao Sara e benvenuta. Leggo che hai intrapreso studi e lavori apparentemente molto differenti tra loro. Ce ne vuoi parlare? Quale ti ha appassionato di meno e quale hai abbandonato a malincuore? 
S.: L’insegnamento è una delle mie passioni, e trovo che il ruolo dei maestri sia molto sottovalutato. Chi insegna dà una cornice al sapere, lo rende accessibile, ne spiega le implicazioni con la vita di tutti i giorni. Ho abbandonato a malincuore sia l’insegnamento dell’inglese che quello della danza, per il medesimo motivo: mi manca la comunicazione, il rapporto con gli allievi, la soddisfazione che deriva dal tentativo più o meno riuscito di far emergere il talento. 
2. Sono molto incuriosita dall’attività di ghostwriter..mi spieghi come si arriva a questo ruolo e che importanza ha avuto nel tuo percorso letterario? 
S.: C’è un sottobosco notevole, dietro la pubblicazione dei libri, soprattutto di quelli seriali: basta fare un giro in libreria per notare la quantità spropositata di romanzi e romanzetti su maghi, fatine, vampiri e streghe. La situazione è piuttosto triste, a dire la verità: basta considerare il fatto che io ho fatto per anni la ghostwriter di un ghostwriter; trattasi dunque di un doppio “subappalto della scrittura”. L’ho fatto perché scrivere è sempre stato per me un bisogno, esattamente come bere e mangiare, e non credevo per nulla nelle mie potenzialità: era un lavoro come un altro. Ma, ad un certo punto, mi sono stancata di Vampiri che Non devono Chiedere Mai e Adolescenti in Piena Crisi Ormonale, quindi ho dato un taglio netto. Nel mio percorso letterario il ghostwriting non ha avuto alcuna importanza, anzi, è stato un periodo piuttosto mortificante, sotto un certo punto di vista. 
3. Parli di culture più lontane..quali sono i Paesi che più attirano il tuo interesse e per quale motivo?
S.: Sicuramente i Paesi asiatici, in particolar modo il Giappone. Credo che il Giappone, dopo anni di isolamento, abbia sviluppato una particolare Estetica, un culto della Bellezza assolutamente personale e affascinante. Ma il motivo primario per cui mi interesso alla cultura orientale è sicuramente la differenza enorme con quella occidentale. Quanto più una cosa è lontana e diversa da me, tanto più cerco di comprenderla, ne sono affascinata. 
4. Ti definisci lettrice compulsiva e feroce. Mi spiegheresti la scelta di questi due aggettivi?
S.: Compulsiva perché affetta da SALC (Sindrome da Acquisto Libri Compulsivo): non posso fare a meno di “possedere” quanti più volumi possibile. Feroce perché un libro lo divoro, lo sbrano, lo faccio mio. Cerco l’anima dell’autore in ogni parola, in ogni virgola, e imparo. Sono una spugna. 
5. Veniamo al tuo romanzo. Quanto è stato lungo l’iter per fartelo pubblicare? Hai trovato molte porte chiuse sulla tua strada? 
S.: In realtà è successo tutto in maniera molto veloce e involontaria. L’anno scorso, il mio amico Marco Piva, della redazione di Corpi Freddi, venne a Napoli per incontrare Maurizio de Giovanni. Li raggiunsi in una libreria, parlammo di scrittura. Maurizio si incuriosì e mi chiese di leggere uno dei miei scritti. Con mia grande sorpresa, mi disse che avevo talento e fu così generoso da regalarmi impagabili lezioni di scrittura. Ero una scrittrice “selvatica”, scrivevo senza capitoli, quasi senza paragrafi. Col passare dei mesi, ho guadagnato fiducia e ho osato pubblicare un racconto su facebook. Il racconto viene poi notato da Marilù Oliva, che mi fa l’onore di pubblicarlo su Thriller Magazine, e poi da Diego Riggi, che lo utilizza per la Maratona del Racconto condiviso di Thrillerpages. Intanto, incuriosito, Massimo Rainer mi chiede di fargli leggere qualcosa e si appassiona talmente ai miei scritti da decidere di farmi da editor. Mi mette in contatto con Eva Massari, che cura la collana noir di Termidoro, e così nasce l’idea della raccolta di racconti. L’incontro con Massimo è stato decisivo: grazie a lui ho imparato ad accettare il mio modo di scrivere, senza tentare di ingabbiarlo in codici e schemi che stavano mitigando le mie insicurezze, ma anche soffocando ogni impulso creativo. 
6. Leggo che ami l’arte e la cultura orientale, e ciò che mi stupisce è la scelta che hai intrapreso di trattare il tema del “Lato Oscuro”. Non credi siano nettamente in contrapposizione? 
S.: No, anzi. Il Giappone, in particolare, ha una lunga tradizione di letteratura “nera”. Addirittura ne abbiamo testimonianze storiche: i “rakugo” erano storie dell’orrore che venivano tramandate oralmente. Anche oggi non si può negare l’influenza degli autori asiatici nell’immaginario degli appassionati del cosiddetto “Lato Oscuro”: libri (e film) come The Ring sono capolavori del genere. 
7. Come è nata l’idea dei racconti? Mi spieghi la definizione che dai nella sintesi: “In un mondo in cui nulla è ciò che sembra”? 
S.: A un certo punto della mia vita, probabilmente molto tardi rispetto alla media, mi sono resa conto che l’immagine che le persone propongono al mondo è, nella maggior parte dei casi, fittizia. E quanto più abilmente è costruita la facciata, tanto più marcio si nasconde dietro. E’ questo che ho tentato di raccontare nelle mie dodici storie: il disincanto, improvviso e inaspettato, che mi ha colto intorno ai quarant’anni. La sorprendente scoperta del Buio dell’anima. Ho scelto di esprimerlo in forma di racconto perché esso non dà tregua: il lettore viene catapultato immediatamente nella storia, recepisce il messaggio in modo immediato, se lo scrittore riesce a comunicarlo, così come io, di botto, ho realizzato che molto spesso la vita è una recita ben costruita. 
8. Per quale ragione senti la necessità di tentare di descrivere ciò che, in realtà, sembra essere la parte “noir” di ognuno di noi? Non credi che sia meglio tenerla nascosta? O è un modo per esorcizzarla? 
S.: E’ una questione di necessità, per me, come lo è la scrittura stessa. Non sono in grado di dire con certezza quale sia il motivo per cui scrivo storie nere, probabilmente lo faccio per esorcizzare la paura del buio, quella che ci fa temere ciò che non riusciamo a spiegarci. 
9. Sono stati in pochi gli scrittori che hanno deciso di pubblicare dei racconti. Quali, a tuo avviso, sono i pregi e difetti rispetto al romanzo tradizionale? 
S.: Il romanzo ha naturalmente un respiro più ampio, il lettore ha tutto il tempo di affezionarsi ai personaggi, di provare avversioni o simpatie. Ma il racconto è come una lama affilata, diventa un chiodo nella testa del lettore, se la magia funziona. E questo gli permette di restare a lungo nella memoria. Persino il fatto di non poter sviluppare completamente la storia in poche pagine è un motivo per cui un racconto, una particolare atmosfera, restano nella testa di chi legge per molto tempo, lo costringono a pensare, a diventare in qualche modo protagonista della storia narrata. 
10. Che tipo di interesse vorresti instillare nel lettore attraverso questo romanzo? 
S.: Curiosità, stupore, e spero anche qualche riflessione sull’impossibilità di giudicare una situazione solo da ciò che appare. 
11. Senza svelare molto, ci anticipi qualcosa su qualche protagonista dei tuoi racconti? 
S.: Un uomo profondamente solo, che ritrova la voglia di vivere solo grazie a una donna misteriosa conosciuta in rete. Una donna in gravi difficoltà che si rivolge a una strana agenzia per risolvere il problema di una sorella disabile. Un uomo che vive in completa solitudine e trascorre il tempo a spiare le due donne che vivono in una baracca sulla spiaggia. Un’adolescente incompresa che incontra uno strano tipo in autobus, il quale cerca disperatamente di dirle qualcosa, tra la folla… 
12. Parli di paure che sconvolgono la vita. Di cosa ha paura Sara Bilotti? 
S.: Di tutto e di niente. Perché sono convinta che ognuno di noi abbia un Lato Oscuro, qualcosa da nascondere per bene. E’ come se in testa avessimo una linea sottile che divide la follia dalla normalità, e noi fossimo in bilico su di essa. A volte basta un piccolo evento a farci vacillare e superare il confine. 
13. Da scrittrice emergente, quale consiglio ti sentiresti di dare a chi vuole intraprendere questa carriera? 
S.: Mettetevi in gioco, con onestà. Scrivete con le viscere. E usate la rete: internet può essere un luogo di condivisione e cultura, se usato nel modo giusto.

Grazie della chiacchierata e in bocca al lupo per le tue pubblicazioni!