Tom Franklin – L’avvoltoio

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Il libro:
Editore Piemme / Linea Rossa
Anno 2012
392 pagine – brossura con sovraccopertina
Traduzione di  Sebastiano Pezzani

…come il tempo ammassa anni nuovi su quelli vecchi, senza però che quelli vecchi scompaiano, come gli anelli centrali di un albero, i primi più stretti, i più nascosti, racchiusi nell’oscurità e protetti dalle intemperie. Ma poi giunge l’urlo di una sega e l’albero cade e i cerchi sono inondati dai raggi del sole e la linfa scintilla e il ceppo viene esposto al mondo intero.”

Mississippi anni settanta. Chabot, paese sperduto di cinquecento anime. Una storia che avvince fin dalle prime righe: due ragazzini, entrambi disadattati: Larry Ott e Silas Jones. Il primo, bianco, che oggi chiameremmo uno “sfigato”, un ragazzino timido e impacciato, vessato da un padre padrone e senza uno straccio di amico. I suoi unici compagni sono i libri horror di Stephen King. Pertanto quale gioia più grande per sua madre quando il figlio, all’età di sedici anni, confessa con vocina flebile di essere riuscito ad avere un appuntamento con Cindy, sua compagna di scuola? 
Ed è un evento talmente importante per lui, che lo confida anche a due suoi compagni di classe, David e Ken, che non fanno altro che provocarlo e prenderlo in giro. Peccato che, dopo la sera dell’appuntamento, Cindy non torna più a casa, scomparsa nel nulla.
Il corpo non fu mai ritrovato e Larry non confessò mai, ma questa fu la sua condanna ad una vita di solitudine e di spregio da parte della comunità che, a prescindere dalle prove, lo additò come unico colpevole. 
A seguito della sparizione della ragazza, le loro esistenze si erano bloccate, congelate, come in una fotografia e i giorni non erano altro che riquadri vuoti di un calendario.
Rilevò l’officina meccanica del padre alla sua morte, anche se nessuno mai – tranne qualche avventizio – si fermò a riparare la propria auto. 

Silas, nero, figlio di Alice, una donna sola in balia del destino e degli uomini, che approda dopo tante vicissitudini, in quel paesino sperduto del Mississippi, dove il kudzu e altre piante selvatiche si impadroniscono degli edifici abbandonati e li avvolgono tra le loro spire. Silas amava il baseball e per questo lo avevano soprannominato “32”, il numero della sua maglia. Purtroppo, da un sogno di giocatore, si è risvegliato nella realtà di guardia comunale, sollecitato dal sindaco che vuole intascare più soldi dalle multe. E che invece si distinguerà per il proprio intuito, conducendolo ad un cadavere sperduto nei boschi, semplicemente scrutando nel cielo un nugolo di avvoltoi. 
I due ragazzini si incontrarono per caso, mentre il padre di Larry accompagnava il figlio a scuola. Sul ciglio della strada, infreddoliti dal vento e dal gelo, c’erano Silas e sua madre, ai quali fu dato un passaggio sul furgone. Nacque così una tiepida amicizia, da tenere nascosta dai genitori e da tutti gli altri, in un periodo in cui esistevano ancora troppi pregiudizi tra bianchi e neri (purtroppo esisteranno sempre). Ma, con il passare degli anni, all’ombra di un’altra sparizione – in questo caso della figlia dei Rutheford, famiglia benestante di Chabot – sembra ripresentarsi un passato sopito come la cenere ancora bruciante di un caminetto. 
Un Mississippi davvero noir e una storia che mi fa affiorare alla mente romanzi come “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee, o “Il miglio verde” di Stephen King – se non addirittura IT, quando si tratta di ragazzini le cui diversità ne fanno un gruppo solido e compatto che combattono contro un orribile mostro. Dove l’ombra dei pregiudizi devia le menti e le anime. 
Ma chi è il mostro in questo romanzo? Forse chi si arroga il diritto di giudicare una persona colpevole, al di là di ogni ragionevole dubbio? Forse un padre che sottovaluta le potenzialità del proprio figlio, rendendolo davvero incapace di amare se stesso e gli altri? Forse chi pensa ancora che le donne amino essere stuprate? 
Tom Franklin ha saputo racchiudere, in poco meno di 400 pagine, le bassezze umane e i limiti, mentali e fisici, che impediscono a questa sgangherata umanità di evolvere. Un attimo di riflessione, almeno finché un nugolo di avvoltoi non comincerà a svolazzare sulle nostre teste o che un kudzu ci avvolga e non ci lasci più respirare. Allora, avremo capito che il tempo a nostra disposizione è terminato. 
Capisco il motivo per cui Lansdale, uno degli scrittori che adoro di più e che spesso ha parlato di pregiudizi razziali – attraverso i suoi romanzi – in un paese come il Texas, abbia voluto lasciare il proprio contributo.
Bellissimo romanzo, un tributo all’amicizia e alle diversità, a quanto possano essere punti di forza e non di debolezza. Consigliatissimo.
Lo scrittore:

Tom Franklin vive con la famiglia a Oxford, in Mississippi, dove insegna scrittura creativa all’università.

Dopo due romanzi e una raccolta di racconti, che hanno subito suscitato i consensi della critica, è entrato a pieno titolo nel novero dei maestri del noir grazie a L’avvoltoio: bestseller sul «New York Times», vincitore del Los Angeles Times Book Prize 2010, vincitore del Gold Dagger Award 2011 come miglior thriller, candidato agli Edgar Allan Poe Awards 2011 come miglior romanzo.
Pubblicato negli Stati Uniti per i tipi di William Morrow a ottobre 2010, (e venduto in Cina, Francia e Regno Unito (Pan Macmillan 2011)), L’Avvoltoio, 4 stelle su Goodreads, ha subito ottenuto una rassegna stampa d’eccezione – The Washington Post, Los Angeles Times, Financial Times, The Boston Globe, Booklist, Library Journal, Kirkus Reviews, NPR, The Guardian, The Observer, bookreporter.com, Paste Magazine, Oxford American Magazine, Esquire Magazine, Reader’s Digest, Daily Mirror, Irish Times che lo annovera fra i suoi “favourite books” del 2011 – oltre a un carnet di premi di tutto rispetto:
– Vincitore del Gold Dagger Award 2011 assegnato dalla Crime Writers’ Association;
– Vincitore del Los Angeles Times Book Prize 2010 come miglior thriller;
– Candidato agli Edgar Allan Poe Awards 2011 come miglior romanzo.