Dennis McShade La mano destra del diavolo

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Il libro:

Editore Voland
Anno 2012
160 pagine – brossura con alette
A cura di Giulia Boni
Trama e recensione:
Dennis McShade altro non è che lo pseudonimo di Dinis Machado, autore portoghese, nato nel 1930 e morto nel 2008. Lo scrittore ha dovuto usare questo escamotage per salvarsi da una dittatura che, alla fine degli anni ’60, nel suo Paese mise all’indice anche i romanzi polizieschi.
La biografia di Dinis Machado è davvero lunga, dal giornalista sportivo al critico cinematografico, ancorché direttore di una rivista di fumetti portoghese “Tintin”, collaboratore della casa editrice Ibis. 
Proprio attraverso quest’ultima, che gli chiese di cimentarsi nella scrittura, pubblicò tre romanzi noir, ambientati negli Stati Uniti. La ragione fu per avere maggiore libertà di espressione e non essere additato come reazionario. 
Grande scoperta scoprire, attraverso Giulia Boni, curatrice del romanzo di Machado, che anche Giorgio Scerbanenco dovette usare uno pseudonimo – Arthur Jelling – tra il 1940 e il 1942, per riuscire a pubblicare un giallo – quindi parlare di crimini – che non urtasse la suscettibilità di chi, in un regime totalitario, anestetizzava il popolo a credere alla mitezza del periodo e all’efficacia dei metodi.
Nacque così Dennis McShade e il suo personaggio, Peter Maynard, il “Califfo”, sicario filosofo che legge i classici, ha l’ulcera e beve latte invece del solito whisky. Un lupo incalzato che fugge alla propria ombra. Legge Ionesco, detta poesie di Walt Whitman sul registratore e ascolta Beethoven e Debussy. 
Un personaggio in netta contrapposizione con il “lavoro” che svolge. Un uomo tutto d’un pezzo, capace di svolgere la sua attività in modo pulito e senza lasciare tracce. Un uomo senz’anima, mi verrebbe da dire, nel momento in cui riesce a parlare tranquillamente con la persona di fronte a lui e un secondo dopo piazzargli una pallottola al cuore. 
Gli affidano un lavoro all’apparenza facile. Un milionario, T.R. Douglas, volto di pergamena incorniciato da una testa brizzolata, non si è mai ripreso dallo shock di aver perso la figlia otto anni prima, a seguito di una violenza perpetrata da quattro uomini, causandone il suicidio dopo un periodo di depressione. Maynard e il suo compagno Cassino, a esecuzione avvenuta, avrebbero ricevuto un compenso di ottantamila dollari. Ma prima dovevano scovare i responsabili. 
Inizia così una caccia all’uomo attraverso le città, da Frisco a New York, che vede impegnati i due sicari, che saranno alle prese con il Sindacato del crimine che detta legge in America, giungendo a un finale davvero sorprendente. Un noir davvero insolito, in cui Peter Maynard raffigura un uomo che accomuna tesi e antitesi. Freddezza e fragilità. Solo, ogni tanto si rifugia da Olga – l’unica donna in grado di capirlo – ma spesso in compagnia della sua coscienza a cui lo stesso dà voce. Riflessivo quanto basta per fermarsi a considerazioni profonde come il vivere: “Vivere è pagare un prezzo. Vivere è accumulare ore che poi si capirà di avere sprecato, perché davvero non servono a niente.Una mosca stordita nel deserto dell’esistenza.
Maynard è il primo killer intellettuale che mi capita di leggere. Ma come fanno a convivere due aspetti così estremi? Uccide, ma è alla ricerca della sua anima. E mi chiedo se non l’abbia già inesorabilmente persa..
Grande romanzo e grande Voland che ha deciso di pubblicare questo autore. Sono convinta che ne sentiremo parlare ancora.

Lo scrittore:

Dennis McShade è lo pseudonimo di Dinis Machado (1930-2008). Nato a Lisbona, è stato giornalista sportivo, critico cinematografico e teatrale e autore di sceneggiature. È stato anche caporedattore della principale rivista di fumetti portoghese “Tintin” sulle cui pagine sono uscite per la prima volta le avventure di Corto Maltese. Nella sua produzione letteraria da ricordare soprattutto O que diz Molero, uscito nel 1977, libro che ebbe un successo clamoroso di pubblico e di critica.