Max Allan Collins – Black Hats

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Black Hats – Max Allan Collins
Editore: Gargoyle Books
Pagine: 292 – brossura con alette
Traduzione di I. Bartolini e A. Gebbia
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imagesVi assicuro che già mentre mi trovavo ben oltre la metà del libro, sentivo l’urgenza di fare una pausa e andare a controllare se certe cose scritte fossero realmente accadute. E potete scommetterci che era vero. E’ forse questo uno dei tratti più marcati della scrittura di Collins: di là del fattore “fiction” che innesta nel suo racconto, potete star certi che ciò di cui parla è realmente esistito. A sostegno c’è anche la capacità di approfondire grandemente il background storico in cui i suoi personaggi si muovono e, non da ultimo, dar loro un’adeguata biografia.
Gargoyle, anche questa volta, non delude le attese e come per il precedente volume da me recensito riguardante Poe, mi mette tra le mani un thriller classicissimo, un poliziesco che è un piacere leggersi. La capacità scrittoria di Collins è notevole. L’impianto deve molto all’esperienza di sceneggiatore e la scorrevolezza degli eventi ne è testimone.

Quando ho letto che Black Hats avrebbe avuto come protagonisti Wyatt Earp e un giovane Al Capone, sulle prime mi sono ritrovato a pensare che si trattasse quasi di un espediente letterario (tipo Sherlock Holmes che risolve misteri di Lovecraft…), e invece – come scrivevo in apertura – è tutto vero… o meglio una buona fetta. Già questa commistione Wyatt/Capone mi ha immediatamente fatto venire in mente scontri a fuoco a suon di mitra Thompson da un lato e Colt canna lunga dall’altro nei vicoli bui di New York… una vera goduria! Occhei, magari ho esagerato, ma le premesse c’erano tutte.
La vicenda, infatti,  è meno flamboyant di quanto me la immaginassi, ma non per questo meno accattivante e ben articolata. Uno Wyatt Earp settantenne reincontra il suo amico Bat Masterson e insieme dovranno togliere dai guai il figlio del loro comune amico Doc Holliday: il problema è che i guai si chiamano Al Capone. Restando fedele a quanto realmente accaduto in quegli anni del 1920, Collis aggiunge con sapienza quello che sarebbe potuto accadere. Mentre ci descrive in modo impeccabile tutto lo sfondo del periodo del Proibizionismo, eccolo che aggiunge un figlio di Doc Holliday completamente inventato, ma perfettamente plausibile. Gli altri personaggi “inventati” (l’ho scritto tra virgolette solo per chiarezza) sono Texas Guinan, Jack Dempsey e Damon Runyon: anche qui troviamo tre figure ottimamente tratteggiate che aggiungono ancor più colore a tutta la storia. Altro capitolo a sé fanno le descrizioni delle città: Los Angeles, Hollywood e New York. Ognuna di esse ci mostra quale sia stato il lavoro di preparazione storica, di ricerca: quello che era tipico mangiare in quel periodo, ai tagli di capelli o al vestiario. Ogni aspetto è reso con voluta, e non involuta (passatemi il gioco di parole) descrizione storica. Una chicca: la descrizione dei “circoli sociali” (dagli speakeasy ai blind pig) in cui si eludevano le norme del proibizionismo è la ciliegina sulla torta.

Finora vi ho parlato del contesto, ma veniamo a quelli che sono i due veri protagonisti: Wyatt Earp e Bat Masterson. La loro amicizia si presenta assolutamente plausibile (storicamente non è accertata, anche se con la professione di giornalista della frontiera di Masterson ci sono molte probabilità che sia stata reale) ed è molto piacevole vederli in azione assieme.
I dialoghi sono asciutti, ma con quel tono di sottile umorismo che smorza la tensione quel tanto che serve. La caratterizzazione di Earp è così ben riuscita che potrebbe capitarvi, come è successo a me, di “sentirlo” distintamente parlare con la voce di Sam Elliott in Tombstone (ovvero quella di Dario Penne, il suo doppiatore).

Come detto la scrittura è veloce e appassionante e alterna in modo sapiente momenti di grande rapidità e molto adrenalinici, con descrizioni storiche, aneddoti e colore. E’ qui che Collins mostra la sua abilità: miscela le due antitetiche situazioni creando un mix che porta il lettore avanti nel libro fornendogli nel contempo una perfetta visione storico/sociale del mondo in cui è ambientato. Ed ora prendete il vostro Stetson, calatelo bene sulla testa e preparatevi a sfilare la vostra Colt il più velocemente possibile…

Michele Finelli

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L’autore
Max Allan Collins, vero nome di Patrick Culhane, è stato definito da Publisher’s Weekly e da Chicago Magazine «il maestro del vero romanzo poliziesco». Più volte candidato all’Edgar (Allan Poe) Award della Mystery Writers of America, ha vinto un Anthony Award per la saggistica e ha collezionato quattordici candidature al Shamus Award della Private Eye Writers of America, ottenendo due volte il premio per il miglior romanzo. Era mio padre (Sperling & Kupfer, 2002) è la grafic novel su cui è basato il film diretto da Sam Mendes con Tom Hanks e Paul Newman, nominato a sei Oscar e al Golden Globe. Collins ha collaborato a fumetti quali Dick Tracy e Batman. Ha curato la trasformazione in romanzi della serie televisiva CSI, Scena del crimine, pubblicata da Usa Today, e di Salvate il soldato Ryan, uscita per il New York Times. Regista indipendente, ha scritto e diretto film per la televisione che sono stati trasmessi da HBO e Lifetime.