Stefano Caso – Il male relativo

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Editore GoWare – Collana Pesci Rossi
Anno 2014
Genere noir
95 pagine – ebook

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cover provvisoriaTito, vero nome Gianmaria Ghisolfi: cinquantasei anni ben portati, un passato da maestro elementare e un presente da rapinatore, spacciatore, strozzino e affini.Tito se lo è affibbiato da solo, dopo essersi fatto un giro nella ex Jugoslavia, quando ancora non era ex. Se lo volete fare imbestialire chiamatelo pure Gianmaria.
E’ entrato e uscito di prigione quattro volte. I reati andavano dal furto al piccolo spaccio e alla truffa. Cinque anni in tutto, tra detenzione, libertà vigilate, sconti per buona condotta e condoni vari.
Ha cominciato a insegnare molto presto e non gli dispiaceva affatto. Era una passione, la sua, che trasmetteva alla classe, affascinata dalle lezioni di Gianmaria, sfortunato giovane di belle speranze, già orfano di madre e padre, tirato su da un’anziana zia, lui e la sorella, con un fratello morto prematuramente.
Chissà cos’è scattato in quella testa, da renderlo violento e farlo allontanare dai suoi alunni? Forse non era poi così portato per l’insegnamento o forse non aveva la pazienza necessaria.
O, semplicemente, il Male ha preso il sopravvento rispetto al Bene che albergava in lui (sempre che ce ne fosse mai stato). Quel male così intrinseco e radicato nell’essere umano che ha mutato radicalmente l’animo di Gianmaria, trasformandolo in Tito, un rapinatore di ville che, insieme al suo amico storico René, si spacciava per rumeno terrorizzando i proprietari per derubarli.
Due compagni di rapine, una coppia un po’ sfigata che cerca di ritagliarsi uno spazio che, di fatto, non appartiene loro, ma alla malavita rumena.
Tito aveva una donna, la Tati – Tito&Tati: sembriamo gli eroi di un cartoon giapponese. Il vero nome è Tatiana e fa la prostituta in casa, uno sfogo per squattrinati, ubriaconi e tossici.Poco più di quarant’anni, possiede già la consapevolezza di non poter pretendere altro dalla vita, se non qualche briciola di quello che immagina possa essere affetto.
Tito, Tati e René: questi tre personaggi saranno il fulcro di una storia che dura poco più di una settimana, nella quale lo spazio dedicato ai criminali è sicuramente maggiore di quello dedicato all’ispettore di turno – in questo caso l’ispettore Cominetti – il quale farà poche apparizioni ma mirate.
Un romanzo crudo, quello di Stefano Caso, ma anche privo di ipocrisie, di perbenismi e di facciate. La storia che ci racconta può essere adattata a chiunque, nella vita, abbia intrapreso un percorso sbagliato e si sia trovato così tanto a fondo nella melma da non riuscire a risalire. Anzi, quella melma che lo circonda funge anche da protezione, da placebo. Quel Male di cui tanto si parla prende forma e sostanza. Un uomo cattivo? Forse no, ma convinto di non poter cavare una goccia di Bene dal suo corpo, nessuna sottospecie di amore, nemmeno per quella donna che lo assecondava in ogni desiderio, lavava e stirava al suo comando.
Nessun concetto di amicizia o cameratismo, solo rabbia che fuoriesce ad ogni pié sospinto, anche senza una ragione.
I vocaboli seguono l’uomo e, se in altri romanzi la lettura sarebbe stata sacrificata da gabbio, giubbo berta e broda, non sono altro che il giusto contorno a questo personaggio.
Le tavole di Nicolò Pizzorno (già apprezzate con le copertine dei romanzi di Marilù Oliva) intingono di profondità lo sguardo cinico di Tito e ne acuiscono il carattere.
Stefano Caso, dopo aver scritto tre saggi per Hobby&Work, nell’aprile 2013 è uscito il suo primo romanzo, autore del romanzo D’amore non si muore (Rusconi Libri) e Princesa, racconto contenuto nell’antologia Nessuna più (Elliot), curata da Marilù Oliva e dedicata al femminicidio,  descrive in un’intervista le ragioni per le quali ha creato “Il male relativo”, una sorta di terapia attraverso la narrazione.
Il risultato è un concentrato di Male, una riflessione su quanto sia facile cadere nella trappola e trasformarsi in bestie feroci e violente.

Cecilia Lavopa

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Lo scrittore:
Nato e cresciuto a Cremona ma friulano d’adozione, Stefano Caso è laureato in filosofia, giornalista, ex docente a contratto di “Comunicazione e produzione testuale” all’Università di Udine, e ora Capo ufficio stampa in un ente pubblico.