Intervista a Stefano Crupi

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Stefano Crupi, laureato in Economia, giornalista dal 2010, si occupa di libri e di economia. Ha scritto per Linkiesta, Tuttiinpiazza.it, Fresco di stampa, Sportcasertano.it. Il romanzo pubblicato da Mondadori, “Cazzimma”, è il suo romanzo d’esordio.

Benvenuto su Contorni di noir, Stefano.

1. Raccontaci chi sei e, soprattutto, dove vorresti arrivare.
S.: Mi chiamo Stefano Crupi, ho 36 anni, sono nato a Caserta. Ho sempre amato leggere e inventare storie, continuerò a farlo, avrei continuato anche se non fosse arrivata la pubblicazione.

2. Descrivici la tua gavetta nelle case editrici. E’ stato difficile il tuo esordio?
S.: Ho spedito il mio manoscritto a molte piccole case editrici, qualcuna mi rispondeva che il romanzo meritava ma che ero comunque un esordiente ed era il caso di aspettare un po’ visti i tempi di crisi. Avevo risparmiato di inviarlo alle grandi case editrici perché so che non leggono se non con il tramite di un agente. Poi ho imboccato la strada dei concorsi, focalizzandomi su quelli che prevedevano come premio la pubblicazione. Sono stato segnalato al Premio Calvino e arrivato tra i finalisti del Premio InPrimis, qui non ho vinto ma Luca Bianchini che faceva parte della giuria ha voluto farmi leggere in Mondadori.

3. Hai frequentato Napoli per diversi anni, ci hai anche abitato. Quali a tuo avviso i pregi e i contrasti di questa città?
S.: Si può amare o odiare Napoli, non ci sono mezze misure, però tutto dipende dal tuo carattere: se sei rigido, ligio al dovere, attento alle regole, difficilmente potrai apprezzarne i suoi pregi e trascurarne i difetti; se invece sei dotato della giusta flessibilità e apertura di mente allora non potrai che innamorartene perdutamente.

4. Ti faccio una domanda che feci a Simonetta Santamaria, altra scrittrice partenopea: Napoli è capace di “sfornare” autori come Maurizio De Giovanni, Massimo Siviero, Stefano Piedimonte e tanti altri. E’ la città che ispira le vostre storie o sono le storie che vivono con essa?
S.: Napoli è una città molto viva, fonte inesauribile per chi cerca storie da raccontare. È anche la città più anarchica del mondo, quella capace di sconvolgerti l’anima e la fantasia. Per questo ispira a raccontarla così tanti esseri umani.

5. E’ uscito per Mondadori “Cazzimma”, il tuo romanzo d’esordio. Com’è nata l’idea? E chi è veramente cazzimma nel nostro Paese?
S.: L’idea è nata osservando la mentalità di una certa gioventù partenopea, tanto lontana dalla mentalità che mi contraddistingue. Una gioventù costantemente aggressiva, affascinata dalla violenza e dalla prevaricazione. A Napoli chiamano questi giovani “camorristi”, in altre parti d’Italia li chiamano “bulli”.

6. I personaggi che emergono dalla storia sono Sisto e zio Antonio, entrambi succubi del sistema, anche se in modo diverso. Ce ne vuoi parlare?
S.: Sisto è un ragazzo di 18 anni e come tale non ha le idee molto chiare su ciò che desidera dalla sua vita, non ha neanche ben chiaro quali siano le sue capacità, le sue aspirazioni, le sue ambizioni. Zio Antonio invece è un veterano che ne ha viste tante e che, per questo, ha imparato a leggere nell’animo di chi gli è di fronte. Il racconto incontra entrambi a una svolta della loro esistenza, nel punto in cui alcune scelte modificheranno profondamente il loro destino.

7. Hai scelto di condurci nella parte più nera e disperata di una città che non sceglie, ma subisce. Un “cul de sac” obbligato per chi vive nei quartieri più poveri, nel quale la criminalità sguazza e pesca – come fosse in un acquario umano – qualsiasi soggetto che possa sfruttare a proprio piacimento. Come si fa ad uscirne, sempre che ci sia la volontà di farlo?
S.: Difficile uscirne. Sui piatti della bilancia c’è da una parte uno Stato che non ha alcun peso, che non è presente se non per esigere e prelevare, dall’altra un sistema criminale capace di arricchire chiunque voglia offrirsi e che per molti è diventato la normalità.

8. Hai conosciuto molte persone nei quartieri spagnoli di Napoli e hai stretto alcuni rapporti di amicizia. Che cosa ti ha colpito di più dei loro racconti?
S.: Mi ha colpito la loro incapacità di sorprendersi e quindi di indignarsi, una sorta di rassegnata accettazione che spesso li spinge a vedere nella fuga l’unica salvezza.

9. In una tua intervista descrivi la fluidità della tua scrittura come lo scooter di Sisto: arriva dritta alla prosa, capace di scorrere fra le mura e le lamiere, senza sosta. Mi è piaciuta molto la similitudine..vuoi aggiungere qualcosa?
S.: Come scrittore mi prefiggo sempre di far coincidere il mio stile con ciò che sto raccontando, ho l’obbligo almeno di provarci. Ai miei occhi la storia di Sisto non poteva essere raccontata in un modo diverso da quello che ho scelto.

10. Hai scritto per varie testate giornalistiche come Linkiesta, Tuttiinpiazza.it, Fresco di stampa, Sportcasertano.it. Qual è il confine tra scrivere un articolo (descrizione della realtà) rispetto a una storia (racconto di pura fantasia)?
S.: C’è una differenza abissale. Ho voluto che la voce narrante della mia storia fosse pervasa dalla stessa mentalità dei personaggi che racconta. Questo invece non può avvenire quando si scrive un articolo: la cronaca obbliga il cronista ad assumere una posizione morale.

11. Cosa ne pensi dei lettori di oggi? Sono attenti, selettivi, onnivori o svogliati?
S.: Sono sempre meno raffinati. Scelgono spesso la leggerezza, l’intrattenimento più effimero, a discapito della qualità e del valore artistico di un’opera. E d’altronde le case editrici ci mettono del loro cavalcando senza ritegno questa predisposizione.

 Questo è tutto, Stefano. Grazie della tua disponibilità!