Russel D. McLean – L’impiccato

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Editore Revolver Libri
Anno 2012
TItolo originale The Good Son
264 pagine – brossura con alette
Traduzione: Matteo Strukul


impicNasce originariamente come “The Good Son” ed è un libro del 2008 che Revolver porta in Italia con la traduzione di Matteo Strukul. L’ambientazione – così come lo scrittore – è 100% scozzese, in particolar modo di una città scozzese, Dundee, che ben pochi richiamano come tale dato che le più note sono Glasgow ed Edimburgo. Se avete avuto modo di leggere altri “scozzesi” in noir (ad es. Ian Rankin o Christopher Brookmyre, quest’ultimo consigliatissimo… n.d.r.), troverete in questo primo lavoro di McLean – in lingua italiana – un ulteriore discoperta del lato oscuro e una maggiore indole all’introspezione del protagonista.

Incontriamo J. McNee (il nome intero non viene mai detto), in uno dei peggiori momenti della sua vita. Un tempo poliziotto è stato costretto al ritiro dopo un incidente in cui la sua fidanzata è rimasta uccisa e lui fisicamente e mentalmente distrutto. Si ricrea una vita da investigatore privato, ma il suo personaggio è uno verso il quale si rimane distaccati per tutto il perdurare del romanzo. Questo potrebbe essere un aspetto negativo, ma credo che sia stato voluto in modo particolare da McLean: il suo McNee è un uomo totalmente apatico verso la sua esistenza, ma smosso solo dal rimorso e dalla colpa per la perdita della sua amata. L’unica cosa che lo anima, che lo spinge ad alzarsi la mattina è questo abissale senso di colpa che lo porta anche a chiudere fuori dalla sua vita tutto il resto del mondo, agendo come qualcuno che non ha alcuna intenzione di intrecciare relazioni con il prossimo. Non teme la morte, in alcuni momenti la cerca come salvifica. E questo suo modo di essere scostante è talmente ben tratteggiato che noi stessi lettori non troviamo la solita empatia che ci porta a condividere le emozioni dell'”eroe” di turno. In alcuni momenti ho avuto l’impressione netta che McNee stesse agendo in modo totalmente autonomo, ignorando il suo creatore e facendo quello che gli pareva. Notevole, soprattuto se consideriamo che si tratta del primo lavoro di McLean.

Lo stile di McLean è piacevole. Il libro scorre nella visuale del protagonista, scritto in un modo da rivelare le informazioni un po’ per volta piuttosto che con uno sviluppo cronologico (ci sono “pause” che illustrano eventi antecedenti al piano temporale del racconto) e questo espediente è ben riuscito e non farlocco. Altro aspetto piacevole, l’idea di raccontare due storie in cui l’aspetto primario è la “perdita” di qualcuno piuttosto che una normale vicenda criminale. Bisogna dire, a onor del vero, che questa idea è genericamente ben riuscita anche se a volte s’incarta un po’ su sé stessa.

È stata una lettura rapida – solo 260 pagine – piena d’azione e bei dialoghi. Noir, molto noir: a volte sembra di sentire la voce roca del protagonista narrare gli eventi e questi ci passano davanti come se fossero stati ripresi in un ottimo bianco e nero cinematografico. Ah, il linguaggio è molto “straight”… Buona lettura.

P.S. La traduzione di Matteo Strukul è ottima.

Michele Finelli
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Lo scrittore:
Russel D. McLean è l’astro nascente del noir scozzese: le sue storie tagliano come pugnali. Finalista allo Shamus Award è amatissimo dal Ken Bruen di London Boulevard.
Vive a Dundee, in Scozia. Autore di due romanzi, con L’impiccato ha raggiunto il successo di critica e pubblico, ottenendo una nomination allo Shamus Award.