John Christopher – La morte dell’erba

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Editore Beat / Collana Superbeat
Anno 2014
208 pagine – brossura
Traduzione di Mario Galli
Introduzione di Robert Macfarlane


John e David Custance sono due ragazzini che alla morte del padre vanno a trovare il nonno che vive in una vallata a nord dell’Inghilterra, Westmorland. Il luogo è chiuso in una gola e bagnato da un fiume impetuoso chiamato Lepe. Trascorrono qualche mese e tra i due fratelli sorgerà la netta sensazione su quella che sarà la loro inclinazione di vita.

David pensa che la valle sia un paradiso e vorrebbe farsi insegnare dal nonno a coltivare la terra e stabilirsi lì. John invece è un matematico, sicuro di voler diventare un ingegnere. Così sarà per entrambi.

Questo è solo l’epilogo del romanzo di John Christopher, alias Sam Youd, alias Christopher Sam Youd, il quale ha scritto anche sotto gli pseudonimi Stanley Winchester, Hilary Ford, William Godfrey, William Vine, Peter Graaf, Peter Nichols, e Anthony Rye.

Scomparso nel 2012, l’autore ha dato un contributo fondamentale al genere fantascientifico che, al pari di Ray Bradbury, è stato precursore di avvenimenti assolutamente attuali, legati a cambiamenti climatici, ma soprattutto di civiltà.

Ne La morte dell’erba, ritroviamo i due fratellli decine di anni dopo. John vive a Londra, conduce una vita assolutamente “british” con moglie e figli, scandita da orari regolari, incontri al pub, partite di cricket e tè delle cinque. Discute di politica con il suo amico Roger e delle sommosse che stanno avvenendo in Cina in seguito alla mancanza di cibo, dovuta ad un virus che ha colpito il riso. Il Chung-Li ha avuto un effetto devastante e non accenna a diminuire la sua portata.

Col tempo, il virus muta e attacca tutti i tipi di graminacee. Nonostante abbiano provato a bloccarlo in più modi, anche con metodi chimici, si sta propagando in tutto il mondo.

Un giorno, John va in vacanza da suo fratello a Blind Gill, il quale, al corrente dell’epidemia, dice al fratello che in caso di bisogno può trasferirsi con la sua famiglia. L’intenzione di David è quella di creare una porta che blocchi l’accesso alla valle ancora incontaminata.

In Inghilterra è cominciato l’arrivo del virus modificato. John pensa che si possa ancora intervenire per bloccare la situazione, torna a Londra. Grazie ai contatti che ha il suo amico Roger con il Ministero dell’Interno, si tiene sempre aggiornato sulla verità di quello che sta succedendo nel Regno Unito. Un giorno, Roger lo va a chiamare sul lavoro e gli dice: E’ ora, dobbiamo scappare.
In Cina la situazione è degenerata a tal punto che i morti sono ormai centinaia di milioni e chi sopravvive lo fa mangiando anche i suoi simili. E sarà l’inizio della fine.

William Golding, premio Nobel della letteratura nel 1983 scrisse Il Signore delle mosche – il quale viene paragonato da Robert Macfarlane a La morte dell’erba – espresse il suo pensiero con una frase molto significativa: “L’uomo produce il male come le api producono il miele”.
Il romanzo è molto scorrevole e non si perde in dettagli che farebbero perdere il filo della storia. L’autore descrive un futuro immaginario che potrebbe diventare agghiacciante realtà. Lo stile è preciso, segue un filo logico e sottolinea la mancanza di percezione sull’eventualità che fatti del genere possano davvero accadere.

Dopo un percorso durato migliaia di anni, nel quale siamo riusciti a costruire le nostre civiltà occidentali improntate sul rispetto degli altri (a quale prezzo, tra l’altro?), tutto svanisce nel giro di poco tempo e qualsiasi persona si incontra, diventa un nemico da uccidere per permetterti di sopravvivere.

E’ un’apocalisse morale in cui sei messo davanti a una scelta: uccidere o essere ucciso. Dipende da quanto la trasformazione colpisce anche te. Un virus che colpisce la natura della terra e degli uomini.

Basta poco per cedere al baratro del decadimento. Basta poco per far ripiombare gli esseri umani nei secoli bui, cancellando improvvisamente secoli di storia e di evoluzione. Dal tempo dell’homo herectus a quello dell’homo sapiens la natura animale si è espressa in tutta la sua violenza e la sua barbarie.
Romanzo stupendo e nel contempo terribile, su cui riflettere a fondo. A volte, la fantasia può essere l’anteprima di una realtà distopica.

Tutti sappiamo che il futuro è nelle nostre mani, ma è un enorme potere che non siamo in grado di sfruttare. Inquietante, vero?

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Lo scrittore:
John Christopher è uno dei numerosi pseudonimi usati da Christopher Samuel Youd, uno dei più grandi scrittori di science fiction inglesi, nato nel 1922 nel Lancashire. Tra i suoi romanzi figurano Inverno senza fine (The World in Winter, 1962) e la trilogia deiTripods. Da La morte dell’erba venne tratto nel 1970 un film, diretto da Cornel Wide, dal titolo 2000: La fine dell’uomo (No blade of grass).