Dennis Lehane – Chi è senza colpa

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Editore Piemme Collana Narrativa
Anno 2015
210 pagine – ebook
Traduzione di Stefano Bortolussi
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566-4391-6_7c839990cab31065cda92fc3a6aab25fPrima di cominciare a leggere Chi è senza colpa, mi chiedevo come mai questo titolo. Come mai si fosse scelta proprio la citazione di questa frase dal Vangelo secondo Giovanni, così connaturata ormai col nostro comune lessico quotidiano da aver perso, per molti, la nozione stessa della sua origine sacra.
Nella versione originale il romanzo di Dennis Lehane si intitola The Drop, che vuol dire molte cose: goccia, caduta, consegna, abbandono. E tutte, per chi legge il romanzo, ugualmente valide e coerenti con la storia. Ma la versione italiana del titolo lo è anche di più.
Chi è senza colpa scagli la prima pietra. E cioè, fatevi un esame di coscienza e sondate il vostro animo. Siete meno peccatori di colui o colei che volete lapidare? No, non lo siete. Non lo siamo. Perché nessuno a questo mondo lo è.
Chi è senza colpa è il romanzo del Tradimento. Non del banale tradimento amoroso, no, ma del tradimento di tutto, di ogni cosa, in primo luogo di se stessi. Poi degli amici, degli affetti, della speranza.
E così, alla fine di una lettura grandiosa, tutto torna, perché nessuno, in questa storia, è senza peccato.
Ma andiamo con ordine.
In un quartiere appassito e spento, di una città notturna e indifferente, che è Boston, ma potrebbe essere qualsiasi realtà metropolitana, dove brulicano vite di sconfinata solitudine, Bob, il protagonista di questa storia, uomo solo ma non disperato, anzi mite e composto, vive la sua vita di abitudini piccole e quasi insignificanti.
Bob si muove con cautela, attraversa il quotidiano senza scosse, sottotono. Non vuole guai, sa bene che la città ha una sua anima violenta e inconoscibile, fatta di soprusi, vendette, e di cuori insanguinati e inariditi, nascosti dietro un ordine solo apparente.
” Le città non vengono gestite dal palazzo del governo, ma dalle cantine. La città visibile è come un abito con cui si copre un corpo per dargli un aspetto migliore. Ma la seconda città è il corpo, è dove prendono le scommesse, dove vendono le donne e la droga… »
Ogni mattina Bob passa per la chiesa del suo quartiere. Non manca un giorno di fermarsi, almeno per cinque minuti. Non è un uomo religioso, o comunque non lo è nell’accezione corrente del termine. Le sue sono piuttosto soste rigeneratrici, schive e silenziose, a un luogo di pace, di ferma solidità.
In quella stessa chiesa, ogni mattina, si affaccia il detective Torres, poliziotto di quartiere di questa marginale landa della metropoli, in cui l’illecito e la violenza baluginano senza sosta nel grigiore di un’illusoria quiete. Torres è un uomo che cerca un riscatto dal proprio personale fallimento professionale, che vive con amaro sarcasmo.
Per un glorioso anno e tre mesi, Torres era stato un detective della Omicidi. Poi, come faceva di solito con le cose belle nella sua vita, aveva incasinato tutto ed era stato retrocesso alla Antirapine.”

Bob e Torres si vedono, si sfiorano, si ignorano. In fondo sono prigionieri entrambi, rinchiusi in due bracci opposti di quella stessa prigione che è la vita.

Bob lavora nel bar del cugino Marv, ex pesce piccolo di una malavita indigena ormai sconfitta e soppiantata dalle potenti gang della mafia russa e cecena. Oggi Marv gestisce il suo locale come paravento per i traffici dei boss della zona. I ceceni, appunto. Spietati, freddi, sanguinari, espressione di una furia predatoria e ancestrale che non conosce ostacoli di alcun genere.

Bob riesce a mantenere in equilibrio la sua vita silenziosa, spesa tra le quattro pareti della sua casetta e il bancone del bar di Marv, percorrendo ogni giorno le stesse minuziose, microscopiche e desolate abitudini.

Eppure, malgrado tutto, la speranza sopravviveva in lui. in silenzio, spesso addirittura in modo disperato. Disperata speranza, si diceva certe volte riuscendo a sorridere, tanto che la gente in metropolitana doveva chiedersi cosa diavolo avesse Bob da stare tanto allegro. lo strano Bob, barista solitario.

E così il destino, che mette sempre qualcosa fra le ruote della vita, si presenta a Bob una gelida e nevosa mattina d’inverno, sotto la forma di un cucciolo inerme, bastonato e moribondo che guaisce dal fondo di un bidone della spazzatura, dove qualche anima nera l’ha gettato, come uno straccio vecchio. Quel guaito è una richiesta d’aiuto, imperiosa quanto fragile e tenue. Bob smarrito e travolto da un nuovo e indecifrabile sentimento, mai provato prima, un misto di stupore, smarrimento e tenerezza, si fa carico del cagnolino. Lo aiuta Nadia, una ragazza che abita nella casa di fronte.

«E’ un bravo cucciolo, lui. ne andrai fiero, Bob

Nadia è dura e sospettosa, come tutto, in questo racconto di fredde circostanze immerse in amare verità. E subito le due solitudini si riconoscono, e con circospezione si avvicinano.

Per la prima volta da che ne aveva memoria gli sembrava di recitare un ruolo principale nel film della sua vita, non solo di essere seduto a guardarlo nell’ultima fila di un cinema pieno di gente rumorosa

Ma se nasce un sentimento, anzi due, la tenerezza per il cucciolo, e quella per Nadia, l’equilibrio di un’esistenza senza niente, grigia e sempre uguale a se stessa, come quella di Bob il barista, comincia a vacillare. Bob tiene al cucciolo. E a Nadia.

E quando tieni a qualcosa, in un mondo difficile, diventi vulnerabile.

E il cugino Marv, un fallito di mezza età che “si domandava come avesse fatto a diventare uno che viveva con la sorella e pagava per fare sesso”, e si disprezza, diventa il granello di sabbia che manda in tilt la complessa macchina della normalità della vita di tutti i protagonisti di questa storia. Marv è amaro, pronto a tradire tutti, anche se stesso, per l’odio che ha per lo sconfitto che sa di essere. E’ cinico e stanco, e quando Bob gli racconta di volersi tenere il cucciolo trovatello, ne è infastidito.

«Un cane non è un parente ritardato che non vedevi da un secolo e che un bel giorno ti bussa alla porta in carrozzella e con il sacchetto della colostomia. E’ un cane

Una notte, alla chiusura del bar, il destino, che ormai conosce bene la strada di queste vite slabbrate, si affaccia di nuovo, nei panni di due squilibrati malviventi, due cani sciolti, strafattti e scombinati, che non sanno di stare per mettersi di traverso ai traffici dei boss ceceni. I due rapinano l’incasso del bar di Marv, incasso che spettava ai boss.

Uno dei due portava al braccio destro un orologio con il quadrante sotto il polso. Bob notò che segnava le sei e un quarto malgrado fossero le due e mezzo del mattino.”

E’ un piccolo particolare, quell’orologio fermo al polso del rapinatore scombinato. Un dettaglio quasi infinitesimale, che però Bob nota. E lo nota anche il detective Torres. E sarà quel granello di sabbia a far deragliare tutto verso un finale duro come un macigno.

Dire di più non è possibile, l’intreccio va scoperto leggendo, ma i colpi di scena sono preziosi e da scoprire.

I personaggi sono scolpiti come nella pietra. Il cugino Marv, che nella versione cinematografica è interpretato dal grande James Gandolfini, nella sua ultima apparizione sugli schermi prima della morte, è un perdente tragico, braccato dal Fato, inseguito dalla Sconfitta.

“Marv era ancora in attesa del treno costellato di diamanti sul binario a diciotto carati, il treno che l’avrebbe portato via da tutto

Bob è un indimenticabile “uomo tranquillo” , very cool, quasi invisibile, impermeabile alla violenza degli altri, fino a che questa violenza non minaccia e colpisce ciò che gli è caro. Allora la quiete si trasmuta in sovrumana potenza e inarrestabile furore.

La giungla urbana, il sottobosco di piccoli uomini parassiti di un sistema economico sfasciato e marcio, fanno da sfondo a questa epopea di piccoli eroi e antieroi senza gloria ma non senza cuore.

Noi possiamo solo dire che Dennis Lehane scrive da maestro. Con lui, la lettura scivola lieve, come su un lago d’argento, in una notte di luna. E la storia va avanti, ineluttabile, quieta, apparentemente tranquilla, senza sobbalzi, verso un destino epico e fatale di tragedia e di morte.

Un romanzo da leggere.

Carla Vistarini
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Lo scrittore:
Prima di diventare uno scrittore a tempo pieno, ha lavorato come educatore per bambini affetti da handicap e vittime di abuso, come cameriere, parcheggiatore, autista di limousine, libraio, scaricatore di camion. Il suo unico rimpianto è di non aver mai fatto il barista.
Ha scritto dieci romanzi, tutti bestseller, tradotti in oltre trenta lingue. Tre di questi hanno ispirato alcuni dei maggiori registi contemporanei: Clint Eastwood (Mystic River. La morte non dimentica), Ben Affleck (Gone Baby Gone. La casa buia), Martin Scorsese (Shutter Island. L’isola della paura). Anche La legge della notte – che ha dominato per settimane le classifiche americane e si è aggiudicato i prestigiosi Edgar© Awards come Miglior romanzo dell’anno – è destinato a diventare un film, con Ben Affleck alla regia e Leonardo DiCaprio nei panni del protagonista.
Dennis Lehane è anche sceneggiatore di serie tv (The Wire, Boardwalk Empire). È considerato uno dei più grandi autori contemporanei di noir. Lui e la moglie Angie vivono in California con i loro figli.