Ritratti noir: Un “Tey” alle cinque con delitto – Josephine Tey

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Josephine Tey ,inserita nel novero delle gialliste classiche inglesi con Agatha Christie, Ngaio Marsh, Dorothy L. Sayers, in realtà Elizabeth Mackintosh era un’insegnante scozzese che cominciò con il teatro e scrisse numerosi plays di argomento storico. Al teatro si aggiunsero i romanzi gialli, in particolare le indagini dell’Ispettore Alan Grant.

Grant appartiene al genere dell’ufficiale di polizia di buona famiglia, educato in una public school, dotato di ottime maniere e interessi letterari ed utili conoscenze: non nobile come lord Peter e parrebbe una giusta misura tra lo snob Linley ed il ruspante Wexter.

Siamo nell’Inghilterra di paesini di campagna e strade londinesi, teatri shakespeariani e magioni della buona, vecchia e solida gentry.
P.D. James dice che tutto ciò fa dei gialli teyiani quasi dei romanzi storici, con la loro rievocazione di un’epoca gentile, pacifica e rispettosa delle gerarchie (dove comunque abbondavano i cadaveri e Scotland Yard era sempre occupata).

Mondadori ha pubblicato recentemente alcuni Oscar con belle copertine di Mike Wiggins, illustratore Penguin: tre avventure di Grant come È caduta una stella (Shillings for candles, 1933), La strana scomparsa di Leslie (To love and be wise, 1950), La figlia del tempo (The daughter of time, 1951), Sabbie che cantano (The singing sand, 1953) che già era uscito nei Gialli Mondadori n.2239 nel 1991 col titolo Sabbie canore,  e poi Il ritorno dell’erede (Brat Farrar, 1949), giallo atipico con un mistero che torna a galla in maniera inaspettata.

La figlia del tempo fu scelto dalla Crime Writers Association nel 1990 come ‘miglior giallo di tutti i tempi’ (è pur vero che ho già sentito di un migliaio di gialli votati come il miglior giallo di tutti i tempi!) ma molti elementi contribuiscono al fascino dei libri: la lucidità psicologica, l’understatement, la saggezza disincantata della voce narrante, il disinteresse per le tracce materiali analizzate scientificamente che caratterizzò altri personaggi in contrapposizione all’insopportabile Sherlock Holmes, come Padre Brown e Miss Marple.

Si aggiunge un dialogo brillantissimo, che trasforma spesso il racconto in commedia satirica, prendendo di mira soprattutto i pretenziosi rappresentanti del mondo intellettuale.

Ecco un sunto di quanto si trova nei suoi romanzi:
Un detective gentiluomo, Alan Grant persona assennata e prudente ma non per questo rigida e conformista. Aperto alle novità, curioso di ciò che lo circonda, in punta di piedi entra ed esce da mondi diversi senza la pretesa di appartenervi totalmente ma pronto ad assaporare le bellezze di ognuno.
Una serie di comprimari, più o meno abituali, che grazie all’indiscutibile abilità della scrittrice nell’arte teatrale hanno la peculiarità di una rappresentazione di dettaglio: completa, espressiva, convincente.
Un’ambientazione evocativa fatta di paesaggi dipinti ad olio e carboncino: si va dalla campagna inglese dei piccoli centri urbani, alle Highlands Scozzesi, tributo alle terre selvagge, luogo natio della scrittrice.
Storie appassionanti dalla trama tesa ed equilibrata tra vicenda principale e le comprimarie, spesso inserite per alleggerire l’atmosfera, che spaziano anche all’intrigo sentimentale.

E sullo sfondo quel mondo tutto british, inciampando tra maiali alla Wodehouse e cadaveri sempre educati che aspettano la cameriera del mattino per farsi trovare, mondo che ricordo con nostalgia perché allora si perdeva meno tempo al computer e si correva di più la cavallina.

Sergio Bettini, collaboratore estemporaneo