La ragazza del treno – Paula Hawkins

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Editore: Piemme
Anno 2015
Genere Thriller
378 pagine – Brossura con alette
Titolo originale: The Girl On The Train
Traduzione di Barbara Porteri
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hawkins
Michele Vs Aurelio, due recensioni a confronto
Questa volta abbiamo deciso di proporvi una doppia recensione dello stesso romanzo, una di Michele Finelli e l’altra di Aurelio, due collaboratori del nostro blog e, messi alla prova, mostreranno come lo stesso libro può far scaturire impressioni diverse. Buona lettura!

Questa è di Michele:
Ufficio di C. ore 23:33. Nel silenzio ovattato della sala controllo un sommesso “bip, bip”, corredato dal lampeggiare alternato, segnala che è in arrivo una telefonata sulla linea ultra-segreta.
C. sfiora il pannello digitale difronte a lei e attiva la chiamata sul suo auricolare. “Che succede? Un altro degli One Direction che ha dato forfait? Brooke che sposa Ridge?” chiede con voce calma, ma tradendo una certa apprensione. “Molto peggio capo” risponde l’agente DLor dall’altra parte, e prosegue “Hanno segnalato un nuovo caso editoriale”. Silenzio. C. medita un attimo poi replica “Ancora? O porcapupazza… e non mi dire, siamo noi i destinatari?”. “Non solo capo, ma è stato scelto l’agente Finel per la missione”. “AH! No, non lui! È un eliminatore definitivo! È un recensore senza pietà! Torquemada, al suo confronto, era una baby sitter!” “Signore”, interviene l’agende DLor “potrebbe anche essere diverso stavolta…” “In che senso DLor?” chiede curiosa C. “Potrebbe piacergli…” sussurra DLor. “Sì, e io sono il Mago Zurlì”. C. sfiora la tastiera e chiude la comunicazione. “Ci mancava solo questo: un nuovo caso editoriale…”

Perdonate il siparietto di cui sopra, ma di norma, tutte le volte che abbiamo avuto a che fare un decantato “caso editoriale” abbiamo poi dovuto fare i conti con parziali se non complete delusioni o con testi che erano normali e nulla di così esplosivo. Poi, come tutte le eccezioni che si rispettano, arriva questo. Come ben sanno quelli che seguono questo blog, il sottoscritto non è assolutamente uno facile allo sdilinquimento o uno che regala smancerie quindi se vi dico che questo esordio della Hawkins è superlativo, datemi retta.

Non vi racconterò nulla di quello che accade perché Hawkins è riuscita nel non facile compito di cesellare un intreccio che da tempo mancava ai lettori di gialli-thriller. L’ambientazione è volutamente dozzinale quasi a voler sottolineare – come del resto è prerogativa dei giallisti doc – che certe vicende accadono molto più regolarmente nella banalità del quotidiano che non in situazioni artefatte o dall’aspetto apparentemente terribile. Vi troverete avvolti dai flussi di coscienza di tre donne, Rachel, Anna e Megan, portati avanti con la stessa precisione di una Woolf o di un Joyce. Ognuna tratteggia il proprio quotidiano e da questo normale e spesso triste trantran si sviluppa e si avviluppa la trama che poi le coinvolge e le tritura. Hawkins ha una più che buona capacità nel descrivere gli ambienti, quelli dei sobborghi londinesi, quelli dei treni che servono i pendolari, donando a ciascuno di questi ambienti la loro fisionomia più calzante. Avendo vissuto in Inghilterra per oltre sei anni ho ritrovato non solo i colori e i rumori, ma anche gli odori – e a volte gli afrori – di questi luoghi e ho rivisto i visi dei viaggiatori e mi sono ritrovato nella stessa situazione (in un certo qual modo): quella d’osservare le vite degli altri attraverso il finestrino di un treno immaginandone la vita. La quotidianità scandita dal transito mattutino e serale, dalle stesse finestre, porte, patii, verande. Dal vedere mutare, quasi in uno stop-motion, l’aspetto dei luoghi: oggi ci sono i panni stesi, alla sera no. Stamattina erano in due a fare colazione sulla veranda, stasera c’è solo lui a fumarsi una sigaretta.

È da questa assoluta quotidianità, da questo normalissimo atto, che scaturisce tutta la vicenda che vedrà coinvolte Rachel, Anna, Megan e tutti gli altri personaggi. Non aspettatevi una lettura lineare, non aspettatevi situazioni stantie: Hawkins dimostra una padronanza assoluta del ritmo e sa quando rallentare o quando spingere il climax fino a portarvi sull’orlo per poi, inaspettatamente e in modo straniante, piazzare il colpo di scena. Quello che fino a poco prima avevate dedotto si sgretola in un attimo lasciandovi basiti o facendovi esclamare di stupore. Questo è quello che amo in un giallo-trhiller. Questo alternarsi di verità e falsità, di situazioni che paiono risolte, ma che d’un tratto mostrano la fallacia della deduzione. Amo i libri scritti per i lettori, non per lo scrittore, i libri che avvincono senza dover ricorrere ai mezzucci.

Ringrazio, in questa sede, Riccardo Barbagallo che mi ha dato la possibilità di leggere questo libro in anteprima, nelle librerie dal 23 giugno 2015 e so per certo che mi andrò a comprare anche la versione originale. Quindi, senza esitazione, se amate i gialli, avete un appuntamento in libreria. Ah, e salutatemi il Mago Zurlì.

Michele Finelli
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Questa di Aurelio:
Tre narratrici interne che ci parlano in prima persona, il più delle volte come se stessero leggendo il proprio diario, tre giovani donne Rachel, Megan e Anna, tre diverse personalità, tre modi differenti di reagire alle difficoltà, tre vite interconnesse, due uomini, un treno, un semaforo rosso, un omicidio.
Questi sinteticamente gli elementi su cui si basa la Hawkins per dare alla luce un thriller singolare che conquista il lettore con discrezione e abilità: un filo qui, un altro là e alla fine ci si ritrova catturati dalla ragnatela tessuta dalla scrittrice inglese.
Le sorprese vengono fuori a piccole dosi e ciò deve indurre chi scrive questo commento ad essere prudente con le parole, non deve svelare nulla che possa rovinare il piacere della lettura del romanzo.
Rachel, dopo il fallimento del proprio matrimonio, inizia a bere e diventa un’alcolista, solo grazie all’ospitalità dell’amica Cathy non si riduce come una barbona. Tutti i giorni, per recarsi al lavoro, prende un treno che, durante il tragitto, si ferma ad un semaforo rosso. Durante la sosta forzata l’attenzione di Rachel si concentra su di una villetta al no. 15 di Blenheim Road dove vede una giovane coppia che lei idealizza, sogna per loro una vita perfetta, carica di felicità e di amore, una vita lontana anni luce dalla sua.
Rachel conosce bene il quartiere perché, fino a due anni prima, ha vissuto al no. 23 della stessa via con l’ex marito Tom, ora felicemente sposato con Anna.
L’alcool rende Rachel irrazionale, insicura, incline a semplici incidenti ed è uno in particolare che l’ossessiona. I suoi ricordi sono vaghi: una caduta, l’aiuto da parte di un ragazzo con i capelli rossi, un vestito blu, no, forse rosso, sangue sulla testa, sulle nocche, un cumulo di stracci all’interno di un sottopassaggio della ferrovia, timore per le sorti di qualcuno, ma chi? Perché?
Queste sono le domande che assillano, non solo Rachel, ma anche il lettore e l’insicurezza e l’ansia di Rachel si trasmettono a chi legge, stati d’animo che perdureranno fino alle risposte ai quesiti, che verranno date solo alla fine.
La voglia di rivedere il suo Tom porta spesso Rachel di fronte alla sua ex casa, ad entrare di soppiatto in casa, a prelevare la bimba di Tom e Anna, che vorrebbe denunciarla, ma Tom riesce sempre a mediare.
Rachel non è solo debole, a volte è dispettosa, tanto da essere irritante anche per il lettore, ed è portata all’autocommiserazione, all’autodistruzione: il bere in modo smodato la rende in sovrappeso e poco attraente.
Megan invece apparentemente sembra condurre una vita più normale anche se è molto irrequieta: sempre alla ricerca di un’attività che la soddisfi non riesce a trovare un punto fermo anche perché il rapporto con il marito Scott non è sempre facile. Ha un segreto di gioventù Megan, un segreto che confiderà solo al suo analista, segreto che poco dopo diverrà di dominio pubblico ed è per questo che sarà ingiustamente e vigliaccamente attaccata dalla gente.
Anna è la meno problematica delle tre figure femminili, anche se, sono abbastanza sicuro di ciò, le gentili lettrici la giudicheranno molto male: una ruba mariti. Anna in fondo difende i suoi spazi, la sua felicità, la sua piccola Evie, suo marito Tom dalle intrusioni e dalle scorribande della alcolizzata Rachel.
I nostri sentimenti, i nostri giudizi e le nostre simpatie sono alimentate dalla corrente alternata, siamo spiazzati e non riusciamo, nel corso della lettura, ad esprimere un’opinione decisa sulle tre, anche quando una di loro verrà barbaramente assassinata. Solo alla fine, la nebbia si diraderà e riusciremo a rivalutare, per quello che veramente sono, Rachel, Megan e Anna: tre donne normali con le loro insicurezze ed i loro punti fermi.
Un ottimo romanzo, scritto in maniera singolare sul quale ho un solo piccolo appunto: la Hawkins usa lo stesso stile di scrittura nei racconti delle tre donne, ciò le rende, in un certo senso omogenee, mentre abbiamo visto che hanno tre personalità completamente diverse, tre modi di reagire alle avversità.
Sarebbe stato perfetto se avesse caratterizzato Rachel, Megan e Anna ricorrendo anche a una prosa diversa.

Aurelio
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La scrittrice:
Paula Hawkins ha lavorato quindici anni come giornalista prima di dedicarsi alla scrittura. La ragazza del treno è il suo primo thriller. Venduto agli editori di tutto il mondo prima ancora dell’uscita, è stato opzionato da Dreamworks.