Il Pacco Di Natale

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Era caduta tanta neve che nemmeno in Val Gardena. La città risentiva della questione e reagiva in modo scomposto pigiando la gente sui marciapiedi e accalcando le auto nelle viuzze del centro.

Di Noir faceva lo slalom tra le borse della spesa e gli accompagnatori che più che accompagnare camminavano con il naso incastrato nel display dei loro cellucosi. Marie salutavano Silvie e gorgheggiavano sproloqui augurali cercando di condensare in un fiato liste di nominativi lunghi da qui ad Alì. Di Noir continuava imperterrito e schivava tracolle di Vuitton ripiene come zaini da trekking alla partenza per la scoperta del Polo. Gentiluomini sugli anta e pingui come due di un armadio, spostavano incautamente l’epa scaraventando ignari venditori cingalesi di rose (Rose? Il ventiquattro dicembre? E dove le trovavano i cingalesi le rose il ventiquattro dicembre? Mystery of the Roses) ad appendersi ai finti alberelli in Leacril che rilasciavano così fasci di elettricità statica da far impallidire Nicola Tesla.

Improponibili babbi natale, nessuno dei quali babbo e ben pochi natale – singles, il cui nome più comune era Luca – con abiti di sette taglie più grandi, brandivano campanelle in tungsteno-molibdeno leggerissime a vedersi, ma capaci di ricavare sonorità da concerto dei Megadeth. In tutto questo macello la sagoma slanciata di Di Noir fendeva i marosi dell’umanità accalcata nell’ultima compera della vigilia, alla ricerca del mitizzato “regalo perfetto” nei dodici minuti prima della chiusura di tutti i negozi, ipermercati e centri commerciali del pianeta.

Le commesse ricevevano richieste al limite del lecito con gente che, in una boutique d’intimo femminile, chiedeva pigiami per lo zio ottantenne, oppure quell’altra che ad un banco di frutta sclerava per non avere trovato il tartufo. Di Noir indefesso calcava il suo passo, sbirciando di quando in quando (totalino in quando, due) il suo Casio d’antan e tenendo la rotta osservando le luci natalizie appese dal comune.

Aveva un appuntamento sotto il mega alberone natalizio assiso nella piazza principale: là l’attendeva una sua ammiratrice con cui aveva scambiato email compromettenti fino al giorno prima. Per una volta non era un caso da risolvere e non c’erano ammazzerie o sgozzamenti. Avrebbe trascorso una serata come tante, celebrando paganamente l’arrivo di un tale Nicola, che solo per il fatto d’esser giunto al nord con quel tempo barbino era stato chiamato Santo ed aveva abitato a Klaus. Magari la storia non era quella, ma a lui quella sera non importava. Finalmente dopo tanta braga avrebbe cenato con una donna e avrebbe avuto qualcuno con cui rovinarsi ai videogames. Arrivò nella piazza con un po’ di ritardo perché aveva dovuto scalare un blocco di turisti americani ghiacciatisi non appena scesi dal pullman: pensavano che magliette corte, pantaloncini e Crocks fossero il costume nazionale italiano. Stolti. E ghiacciati.

Stranamente la via per la piazza era meno assiepata di persone, mentre di biciclette ce n’erano un fottio: parcheggiate in ogni dove. Probabilmente poco prima avevano scaricato un pullman di turisti cinesi. Quando giunse in vista della base dell’albero s’avvide che nei pressi stazionava un gran tocco di bionda: il suo alter ego capriolò nei calzoni dalla contentezza. S’avvicinò sornione e giungendole alle spalle disse: “Eccomi qui, sono Di Noir

La biondona si volse e Di Noir si ritrovò a sbirciare un paio d’occhi neri, carnagione olivastra e labbra a canotto “Ola yo soy Manuel Bolivar De La Coruña Bandida Mayor, en arte Ramona” sciorinò la stangona.

Un altro pacco di Natale. Di Noir sperò solo fosse almeno bravo a giocare a Fifa 2016.

Tanti Auguri a tutti dallo staff di Contorni di Noir!
Racconto di Michele Finelli – Riproduzione Riservata

n.d.r.: la copertina è ovviamente falsa, abbiamo voluto giocare sulle bellissime copertine di Mondadori, ma se a qualcuno desse fastidio, basta dircelo e noi la rimuoveremo.