Don Winslow – Il cartello

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Editore Einaudi Collana Stile Libero Big
Anno 2015
Genere noir
896 pagine – brossura
Traduzione di Alfredo Colitto
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Per gli amanti del genere era forse il libro più atteso dell’anno. Dieci anni dopo l’uscita de Il potere del cane, Don Winslow ha deciso di cimentarsi in questa nuova, titanica impresa. Il cartello è infatti la seconda epopea letteraria con protagonisti Art Keller (agente della DEA di stanza in Messico) e Adán Barrera (il più potente narcotrafficante messicano, un tempo amico di Keller).

Sfatiamo un mito, e facciamolo usando le parole dello stesso Winslow: «Il problema messicano della droga è in realtà il problema americano della droga». Già, perché se i cartelli messicani “fatturano” miliardi di dollari l’anno è perché dall’altro lato del confine c’è un’imponente richiesta di polvere bianca. Se non ci fosse la domanda, non ci sarebbe l’offerta. Una semplice equazione, economia spicciola.

Ed è proprio su questo punto che Don Winslow insiste ne Il cartello.

La vicenda si apre con i due reduci de Il potere del cane – Keller e Barrera – che cercano di tirare avanti come possono. Art si è ritirato in un monastero e passa le sue giornate coltivando api, pregando un Dio ritrovato e cercando di dimenticare gli ultimi trent’anni della sua vita; Adán, invece, è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza negli Stati Uniti.

In breve tempo, però, la fittizia tranquillità di queste due vite – un tempo così vicine, ora così lontane – viene sconvolta. È come se nella loro psicologia i due protagonisti non vedessero l’ora di riprendere da dove avevano interrotto. Entrambi stanno vivendo una pace autoimposta, necessaria, violata continuamente dai demoni interiori di una guerra mai finita davvero. Nel mondo non c’è posto per Keller e Barrera. Art continua a rimpiangere di non avere ucciso Barrera quando ne aveva avuto l’occasione, e lo stesso fa Adán. È la loro sacrosanta resa dei conti. La giustizia non c’entra nulla, qua si parla di pura e semplice vendetta mascherata da “dovere”.

Dire di più sulla trama potrebbe essere rischioso.

Per quanto riguarda il libro in sé, si può dire che Il cartello è davvero un grande romanzo. Soffermarsi sulle qualità narrative di Winslow è tanto inutile quanto banale: siamo come sempre a livelli altissimi. Meraviglioso il racconto del Messico rurale, delle persone perbene e dei giornalisti, che sembrano essere l’unico vero esercito che si contrappone ai cartelli. Un esercito pacifico e proprio per questo più fastidioso.
Ciò premesso, trovo che Il cartello abbia anche qualche limite, che non mi ha certo rovinato la lettura, ma ha leggermente limato quell’entusiasmo che mi portavo dentro da mesi, mentre attendevo con ansia la pubblicazione. Forse è un mio errore, in quanto ogni libro ha una vita propria, ma trovo inevitabile il paragone con Il potere del cane. Mentre quest’ultimo lo trovo pressoché perfetto, mi sembra che Il cartello non abbia una struttura altrettanto solida. Le prime duecento pagine – ad esempio – sono un alternarsi di Keller e Barrera, mentre da un certo punto in poi, improvvisamente, iniziano a subentrare altri personaggi, altre esistenze dapprima parallele, ma che poi in qualche modo si fondono alle vicende dei protagonisti. Questa miscela di vite, per lo più anime perse, è da sempre il pezzo forte di Winslow, quindi è una scelta azzeccatissima, ma qui è come se il grande autore americano si sia reso conto che mancava qualcosa a quello che stava scrivendo, e abbia voluto porre rimedio ampliando di punto in bianco una trama abbastanza rigida. Una sorta di improvvisazione ben riuscita, ma pur sempre improvvisazione.

Anche la fase centrale a tratti non convince del tutto. Molto spazio (troppo?) viene dedicato alla lotta tra i diversi cartelli. Patti traditi, alleanze e guerre spietate fanno sprofondare diverse zone del Messico in una condizione drammatica, e questa è storia vera, ma da un punto di vista narrativo forse si sarebbe potuto evitare di dilungarsi così tanto. Ad ogni modo, la lettura scorre liscia e senza intoppi. Il mio è un puro e semplice discorso di proporzione.

E poi c’è una cosa forse solo mia: ne Il potere del cane ogni cambiamento violento, ogni atrocità, mi colpiva all’improvviso e finiva per tramortirmi. Il cartello, invece, è intriso di un fatalismo che rende accettabile, e a volte anticipa anche, ogni nefandezza, ogni decapitazione, ogni scempio perpetrato su corpi inermi di vittime spesso innocenti. Ho ricevuto pochi colpi alla bocca dello stomaco, insomma, ma non so se perché Il Potere mi aveva già vaccinato a suo tempo o perché, al contrario, qua manca qualcosa che faccia affezionare davvero ad alcuni personaggi.

In conclusione, ho letto queste 879 pagine in pochi giorni, possiamo dire che le ho divorate. È un grande romanzo? Senz’altro. I dettagli, la precisione e la conoscenza della materia messe in campo da Winslow fanno raggiungere a Il cartello vette altissime. Eppure, nonostante questo, mi sembra che resti parzialmente lontano dai picchi – quasi inarrivabili – de Il potere del cane.

Sandro Chiodi, collaboratore estemporaneo
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Lo scrittore:
Don Winslow, ex investigatore privato, uomo di mille mestieri, è autore di undici romanzi, che lo hanno consacrato come nuovo maestro del noir. Einaudi Stile libero ha pubblicato finora L’inverno di Frankie Machine (ultima edizione «Super ET», 2009), diventato un vero e proprio caso letterario, Il potere del cane, La pattuglia dell’alba, La lingua del fuoco e, nel 2011, Le belve, da cui Oliver Stone ha tratto l’omonimo film. Nel 2012, sempre per Einaudi Stile libero, è uscito I re del mondo, prequel de Le belve; nel 2013, Morte e vita di Bobby Z; nel 2014 Missing. New York, primo capitolo di una nuova serie poliziesca con protagonista il detective Frank Decker; nel 2015, Il cartello.