Editore Fratelli Frilli Collana I tascabili noir
Anno 2016
Genere noir
218 pagine – rilegato con sovracopertina
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“Bologna non c’è più”: mio primo incontro con Massimo Fagnoni. Non sarà l’ultimo.
Romanzo ricco di sfaccettature, che mi ha appassionata fin dalle prime pagine.
La storia si svolge a Bologna, una Bologna protagonista, dal sapore amaro. E il primo aggettivo che mi viene in mente. Non per nulla questo titolo.
La vicenda parte in modo tranquillo: il detective Galeazzo Trebbi, ex poliziotto, è incaricato di tenere d’occhio Wolfango, il rampollo di una ricca famiglia, del cui impero dovrà assumere le redini. Ma è dedito alla droga e necessita di una guardia del corpo. Detto, fatto; Trebbi si mette alle sue calcagna , per evitargli di commettere ulteriori sciocchezze.
Intanto Trebbi incontra per caso, in piscina, un tipo con cui intavola una chiacchierata: è Pietro Ricci, educatore cinquantenne che gestisce pazienti psichiatrici. Il fatto sembrerebbe casuale, ma le vite di questi due personaggi si intrecceranno strettamente nel corso della storia, con risvolti dolorosi per entrambi.
Da qui parte una vicenda su due binari paralleli.
Da un lato, Trebbi e la sua indagine di baby-sitting, in un certo senso.
Dall’altro, Pietro Ricci ed un folle progetto che cova da tempo, ed in cui coinvolge un gruppo di persone frustrate ed arrabbiate, ex alunni di un suo corso. Uno sparuto gruppetto di uomini e donne che – coinvolti nell’esaltazione di Ricci – pensano di cambiare le sorti della società, e soprattutto le loro, con delle azioni terroristiche, da novelle Brigate Rosse.
La storia va in crescendo, e coinvolge emotivamente il lettore nelle varie vicende dei personaggi: Trebbi ed il suo sfortunato cliente; gli aspiranti terroristi che si preparano al Grande colpo.
Finale sofferto e tristissimo. E giusto, in fondo: non avrebbe potuto andare diversamente, secondo me.
Non definirei questo romanzo un giallo vero e proprio, né un noir mediterraneo; una storia altamente drammatica, questo sì, che tocca temi importanti, con toni appropriati.
I personaggi sono ben delineati, con un’ottima introspezione psicologica: la storia famigliare di Trebbi, con la figlia invalida per overdose.
La solitudine di Ricci, con il vago timore di una malattia incombente; gli anni che avanzano; l’ansia di avere coinvolto quelle persone in una vicenda più grande di loro .
“Mi guardo allo specchio e scopro solo ora di essere troppo vecchio per lei, troppo prostatico, troppo pesante, lei così pulita, così morbida, bianca e fresca, anche nei suoi umori più animali, anche nelle lacrime, lei dovrà capire non potrà fare diversamente, capirà ma non mi perdonerà, non mi ringrazierà, si limiterà a dimenticarmi, perché è la cosa che riesce meglio a noi esseri umani, dimenticare, sostituire, passare oltre”.
Quanto mi piace questa riflessione di Pietro Ricci, così incalzante e profondamente dolorosa.
Ci vengono tratteggiate anche le storie passate degli aspiranti terroristi, con il loro carico di illusioni, speranze, sconfitte, per cogliere il significato delle azioni di oggi; i travagli che li hanno portati fino lì, a quel punto senza ritorno.
I loro ideali rivoluzionari, se da un lato intimoriscono, ricordando i non lontani anni di piombo del nostro paese, dall’altro, in questa vicenda, hanno un che di patetico, di irrealizzabile.
Alla fine è come se conoscessimo queste persone, una per una. E condividiamo le loro angosce, le loro paure, i loro dolori. Qui sta la capacità dell’autore di farci entrare nei suoi personaggi.
Bello , questo romanzo. Può sembrare un aggettivo banale, ma secondo me vuole dire tutto.
Coinvolgente. Altamente drammatico. Intrigante.
Consigliato!
Rosy Volta
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Lo scrittore:
Massimo Fagnoni, bolognese, laureato in filosofia, ha lavorato per quasi vent’anni nei servizi sociali e psichiatrici della sua città. Da anni narra storie noir. Una di esse, “Belva di città” ha vinto nel 2011 il primo premio al concorso letterario Lomellina in giallo.