Federico Inverni – Il prigioniero della notte

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Editore Corbaccio Collana Top Thriller
Anno 2016
Genere Thriller
480 pagine – cartonato con sovracoperta
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_il-prigioniero-della-notte-1453685071Una cosa che nessuno ha il coraggio di dirti quando sei adolescente è che diventare grandi non significa perseguire grandi obiettivi, ma imparare a lasciarsi alle spalle grandi dolori.

Federico Inverni, personaggio misterioso il cui pseudonimo non rivela nulla dello scrittore e lascia spazio alle parole, è al suo esordio con il thriller “Il prigioniero della notte”, un romanzo che punta i riflettori su un personaggio controverso di nome Lucas. E’ un detective con un passato che fa ancora parte del suo presente, suo malgrado. E questo, se da un lato lo ha reso ombroso e di poche parole, dall’altro gli ha permesso di diventare un abile professionista al servizio della polizia, inabissandosi nelle profondità del lavoro e sfruttando le sue doti incredibili nonché il suo incontrovertibile intuito. Quando punta il suo obiettivo, Lucas non molla la presa.

Ma un caso particolare lo costringe a rivedere tutti i suoi parametri: il ritrovamento del cadavere di una ragazza privo di segni di violenza, ma con gli occhi sbarrati e con qualcosa infilato all’interno della bocca: un tulipano nero. Dell’indagine se ne occupa anche la psichiatra profiler Anna, anch’essa con un passato da dimenticare. Insieme cercano di scoprire l’assassino della ragazza, convinti che dietro gli omicidi di altre donne a poca distanza di tempo, ci sia la mano dello stesso uomo.

Nel frattempo, un altro fatto sconcertante fa vacillare i ricordi di Lucas: un cecchino spara tra la folla e chiede di lui e continuerà a uccidere finché il detective non si presenterà sul luogo della sparatoria. L’uomo si chiama Theodore Bundeigh e dice di conoscerlo, ma il nome non apre nessun cassetto nella mente del detective.
Ma i ricordi, si sa, riemergono quando meno te lo aspetti..e Lucas e Anna dovranno combattere con gli spettri della propria mente.

Federico Inverni, intervistato dal nostro blog, ci rivela di aver pensato a un romanzo nel quale la memoria è il nucleo fondante della storia. Il primo a perdersi nei meandri della propria mente è Lucas: volto anonimo, fronte alta, capelli sale e pepe cortissimi. Occhi verdi, scuri, smarriti. Talmente pallido che viene soprannominato “Faccia da morto”. Un cadavere che cammina, svuotato di ogni entusiasmo, di ogni vitalità.

L’altra è Anna, la profiler, abituata a stilare gli aspetti psicologici basilari utili per inquadrare un criminale. Il problema è che in automatico rischia di voler inquadrare amici, colleghi, parenti. Salvo poi scoprire di essersi sbagliata. Per la prima volta non riesce a fare la stessa cosa con Lucas. Nonostante conosca i suoi casi e il modo in cui li affronta e li risolve, il suo profilo resta incompleto. Scioccata da un evento subìto anni prima, covava una rabbia interiore che ancora non aveva trovato una via di fuga. La rabbia era la sua condanna, quella che non aveva mai scontato.

Il romanzo ha due voci narranti, una in terza persona – Lucas – e l’altra in prima – Anna. Questo gioco di dialoghi rende dinamica la trama e distingue maggiormente i due personaggi in due caratteri diametralmente opposti, seppure simili. Un aspetto che li accomuna è l’istinto di sopravvivenza che li ha dotati di una corazza dura all’interno della quale nascondere le proprie fragilità. Ma ciò non toglie che prima o poi si ripresenteranno con gli interessi. Nel frattempo, ognuno cerca di aggrapparsi a poche ma sicure certezze. Anna si basa su dati oggettivi per la profilazione dell’individuo, Lucas si affida alle sue doti, l’intuito e il sesto senso.

Non manca nulla al romanzo di Federico Inverni: azione, caratterizzazione dei personaggi, introspezione, quel tocco di mistero nel non rivelare troppo fino alla fine. Avrei però voluto che portasse per mano i suoi lettori ad avvicinarsi alle intuizioni di Lucas, senza che sembrassero delle forzature. Se per le indagini l’apporto del detective è stato fondamentale, il lettore – me compresa – si chiedeva: “Ma come ha fatto ad avere tale rivelazione?”.

Questo avrebbe creato una sinergia tra scrittore e lettore, perché il fulcro del piacere di leggere un thriller è arrivare alla conclusione grazie alle briciole di indizi che ci vengono elargiti.

Altro aspetto che andava maggiormente approfondito, a mio avviso, è il personaggio di Martin, collega di Lucas, che resta una meteora che compare per pochi attimi e con la stessa velocità scompare.
Solo piccole deviazioni, s’intende. Trovo affascinante lo studio sui comportamenti della nostra memoria, come si plasma e si adatta ai ricordi o ai traumi che ci accompagnano. Vorrei riportare un passaggio dello scrittore che, alla fine del romanzo dice: “La memoria fa viaggiare nel tempo, altera le cose e le persone, trasforma i fatti e li concatena in modo diverso da come sono avvenuti. La memoria è un romanzo che continuamente riscrive se stesso.”
Io aggiungo: Non permettete alla memoria di riscrivere la vostra vita, ma siatene partecipi.

Cecilia Lavopa
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Lo scrittore:
Federico Inverni è uno pseudonimo dietro il quale si nasconde l’autore di questo romanzo d’esordio. Italiano, di circa quarant’anni, Federico ama le storie, da qualunque parte provengano. Si sente in pace circondato dalle pagine scritte, ma a volte ha l’impressione che i libri lo guardino. Del resto, i libri hanno una vita indipendente: ecco perché ha scelto di celarsi dietro un nome diverso e lasciare che «Il prigioniero della notte» trovi la sua strada e i lettori. E forse anche perché teme che i personaggi gli assomiglino troppo.