Intervista a Fabrizio Carcano

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Fabrizio Carcano


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Fabrizio Carcano è nato a Milano nel 1973. Giornalista professionista, ha iniziato a scrivere nel 1992 sulle colonne del «Giorno». In seguito ha collaborato con le testate «La Notte», «La Prealpina», TgCom, «Affari Italiani» e «la Padania», dove attualmente lavora come redattore politico. Ha pubblicato Gli angeli di Lucifero (Mursia, 2011), La tela dell’eretico (Mursia, 2012), L’ultimo grado (Mursia, 2014), Mala tempora (Mursia, 2014), L’erba cattiva (Mursia, 2015) e Una brutta storia (Mursia, 2016). Lo abbiamo incontrato per voi e questo è quello che ci ha raccontato:

1. Benvenuto, Fabrizio. Com’è cambiato il modo di scrivere e di descrivere Milano? E come descriveresti la criminalità di oggi rispetto al passato? Si presta meglio a trame gialle e noir?
F.:Un saluto a tutti i lettori! E grazie per lo spazio. Intanto premetto che Milano, con la bellezza, le sue brutture, la sua anima turbolenta e ingarbugliata, il suo modo di bruciare il presente e anticipare il futuro, è la vera protagonista dei miei romanzi. Chi legge un mio libro prima di tutto percorre un viaggio, anche molto descrittivo, a volte forse anche eccessivo, nella Milano di oggi. E viaggiando in questa Milano vera e senza trucco arriva a lambirne anche il suo lato oscuro e perverso. Va detto che nei miei romanzi, a differenza della maggior parte dei colleghi giallisti/noiristi milanesi, o dei colleghi che scrivono di Milano pur non vivendoci, io non mi occupo di criminalità, di mafia, di clan ecc ma di nicchie di malvagità, come i satanisti, come le sette, come gruppi para massonici e, nei miei ultimi romanzi, della cattiveria individuale, quella per vendetta, sesso o denaro, che trasforma in Caini persone all’apparenza normali in belve sanguinarie che uccidono senza freni.

2. Hai cominciato a descrivere Milano dal punto di vista esoterico e incentrato sulle opere d’arte, hai catalizzato l’attenzione sul patrimonio artistico della città per continuare su un piano molto più realistico della metropoli. Ci spieghi il motivo della tua scelta?
F.: Sono da sempre affascinato dai misteri legati all’esoterismo e all’occulto e Milano ne ha parecchi da raccontare. Con i miei primi due gialli, gli Angeli di Lucifero nel 2011 e  la Tela  dell’Eretico nel 2012, ho voluto raccontare luoghi e simboli realmente presenti in città, o leggende del passato, in una trama che in molti passaggi diventava un vero proprio tour esoterico nei luoghi misteriosi della nostra città. E sullo sfondo, in entrambi i romanzi, c’è la figura del più illustre esoterismo della storia umana: Leonardo Da Vinci, che a Milano ha vissuto e lavorato per 20 anni. In questo, non lo nascondo, sono stato certamente influenzato dalle letture dei bestsellers di Dan Brown a cui mi sono ispirato e anche l’etichetta di Dan Brown milanese datami allora dalla stampa tutto sommato poteva starci.

Nel 2014 con Mala Tempora pur restando ancorato all’esoterico e ai riti del solstizio d’estate ho voluto anche raccontare la storia criminale è umana del ‘mostri della Bagnera’, il milanese Antonio Boggia che a metà ‘800 uccise e smembrò nella sua cantina, a due passi dal Duomo, quattro persone: Milano, in pochi lo sanno, ha avuto uno dei primi assassini seriali che la storia moderna conosca. Successivamente, per una mia scelta editoriale, ho provato a spostarmi maggiormente su un filone più noiristico alla ‘Carlotto’ per intenderci, con Ultimo Grado, una storia di rabbia e cattiveria umana, un noir metropolitano dove non si trovano buoni sentimenti.

3. L’ultimo romanzo che hai scritto si intitola Una brutta storia (2016, Mursia). Oggi però parliamo del precedente, L’erba cattiva (2015, Mursia). Com’è nata l’idea?
F.: L’Erba cattiva rappresenta il secondo capitolo di questa ‘trilogia nera’ milanese che va ispezionare l’animo umano, i sentimenti più brutti, quelli che albergano in ognuno di noi ma sono sepolti dalla morale, dall’educazione, dal rispetto o dal timore per le leggi. Quando tutti questi freni inibitori vengono meno purtroppo esplodono la cattiveria e il sadismo. Con l’Erba cattiva ho voluto raccontare la storia di un assassino seriale che colpisce con violenza e ferocia, da adulto, ma ho voluto portare il lettore nella psiche di un mostro per fargli scoprire che, come tutti noi, è un essere umano, diventato il peggiore degli uomini dopo un iter di dolori e ingiustizie che potrebbero rendere ognuno di noi il peggiore dei Caini.

4. Il romanzo si svolge a 15 giorni dall’inaugurazione di Expo. Mi piace una tua definizione che dice “Più blindata di Gerusalemme durante l’intifada”. Insomma, tra le accuse di corruzione e l’insinuarsi della criminalità organizzata, non è stato proprio un bell’inizio. Come l’hai vissuta tu da giornalista e cosa ha rappresentato per la città un evento del genere?
F.: L’ambientazione e’ stata parallela alla scrittura, ho scritto Erba Cattiva in appena 70 giorni tra marzo e maggio del 2015. Dunque ho raccontato la città che vedevo e vivevo in quelle settimane. E lo stress che ha preceduto il conto alla rovescia dell’Expo, gli operai che di notte chiudevano le buche nelle strade. E la tensione cittadina, acuita dalla strage in tribunale un mese prima del via al semestre di Expo. Ho voluto raccontare l’isteria di una città pronta a fronteggiare ogni emergenza in termini di attentati da parte dell’Isis e che invece nella mia finzione narrativa si trova impreparata quando a insanguinare i marciapiedi è un assassino seriale che uccide apparentemente senza un motivo. Io poi stavo per vivere l’Expo per lavoro, ero stato nei cantieri nei due anni precedenti e, anche se il romanzo era già chiuso, ho poi vissuto quasi quotidianamente i sei mesi dell’evento…
Expo ha rappresentato un successo enorme, in termini organizzativi e di pubblico, e ha dato una marcia in più alla città sotto un profilo urbanistico, anche se molte delle opere, a partire dalle vie d’acqua, o la metropolitana 4 o i collegamenti con Linate,  sono rimaste sulla carta. Milano si è ulteriormente internazionalizzata con l’Expo, anche se non c’è stato l’impatto turistico che speravano albergatori o taxisti: chi ha vissuto a Milano quei sei mesi non ha mai visto orde di turisti in centro, come, per fare un esempio, nel week end della finale di Champions tra le due squadre di Madrid quando piazza del Duomo, la galleria e Vittorio Emanuele sembravano vie del centro di Madrid. A riempire i padiglioni di Expo siamo stati soprattutto noi italiani, ma il successo, al di là dei biglietti realmente venduti, c’è stato e Milano ha vinto la sua scommessa.

5. Ho trovato che in questo romanzo ci siano tutte le storie che la città può raccontare. Ad esempio  la Milano  del “toni”, quella della classe operaia che si riuniva al bar a bere e a parlare. Le tute blu, comunità estinte a colpi di cassa integrazione e mobilità: Pirelli, Breda, Marelli, Falck, Innocenti, Alfa Romeo.
F.: Quegli operai, quelli dei turni, degli scioperi, veri, delle occupazioni in fabbrica. Cos’è cambiato da quegli anni? Il credo politico ha fatto spazio al capitalismo e ai soldi?
Premessa, il libro è ambientato interamente nell’aprile 2015, ma l’indagine porta il commissario Ardigo’ nelle periferie della zona nord e est, in quella cintura metropolitana che da Affori e Niguarda passa per Zara e Greco,  la Bicocca  e poi Lambrate, con un passaggio anche a Sesto San Giovanni. E in quei quartieri ci sono ancora le tracce di un passato che ha avuto come protagonisti i nostri nonni, i ragazzi che dopo la guerra hanno ricostruito l’Italia e ci hanno regalato il benessere in cui siamo nati e cresciuti. Per cui nell’ambito di un’indagine complessa ho voluto richiamare la memoria di quella che era  la Milano  che ho intravisto da bambino, una Milano ai titoli di coda, quella appunto degli scioperi degli operai, dei turni nelle fabbriche, della politica fatta in fabbrica o nei bar, quella del Pci, o in chiesa, quella della Dc. Un mondo che oggi naturalmente ci appare lontanissimo ma che resta vivo nella memoria degli anziani. Non faccio il nostalgico, semplicemente volevo ricordare non pezzo della nostra storia recente che ho lambito nella mia infanzia avendo un nonno ferroviere e uno operaio, dunque entrambi tute blu.

6. Altra storia che racconta il tuo romanzo è dei borghi presenti fino al ventennio fascista. Come Lambrate, ad esempio: era un borgo, anzi un Comune autonomo con la sua bella C maiuscola. Poi, come tanti paesi limitrofi, è stato inglobato da Milano, la città che diventa metropoli e ridotto a quartiere.
Altro che il muro di Berlino, Milano da una parte e Lambrate dall’altra. Proprio per via dell’isolamento garantito dalla sopraelevata ferroviaria la parte storica di Lambrate manteneva intatto il suo fascino di borgo.”
Ma anche la mentalità si è adeguata, secondo te?
F.:
I miei primi tre romanzi erano tutti ambientati nel centro storico delimitato dall’area C e nella zona nei Navigli,  la Milano  bella da gustare e impossibile da viverci se non hai importanti possibilità economiche, eppure ho voluto ambientare lì le mie trame e raccontare quei vicoli tra via Torino e via De Amicis, angoli di fascino, mistero e storia, da piazza Vetra alla Colonna del Diavolo in Sant’Ambrogio. Passando dal giallo esoterico-storico al noir ho voluto spostare le mie ambientazioni anche in periferia, nei vecchi quartieri dove si respira ancora l’aria del vecchio borgo e raccontarne la storia. Mi sono soffermato soprattutto su Lambrate, Greco e Affori, zone dove trovi ancora una mentalità da quartiere, soprattutto nella piazzetta o nel vecchio ‘corso’. Sono nicchie dove ancora, pur vivendo nella metropoli, trovi quel piccolo mondo moderno da provincia, ovviamente in chi è nato lì e ci ha sempre vissuto.

7. Protagonisti principali sono il commissario Ardigò e il giornalista Malerba. Arrivati entrambi alla soglia dei 40 anni, i due vanno in crisi. Cosa cercano e cosa si sono lasciati alle spalle?
F.: In realtà ormai hanno passato entrambi gli ‘anta’ essendo due ’73. Sono personaggi speculari, ‘gemelli diversi’ nati dallo stesso spermatozoo della mia tastiera. Il commissario Ardigo’ non è capace di vivere, di aprirsi alla vita, si è trincerato in una corazza di solitudine e diffidenza, vive il lavoro come una ragione di vita e la caccia agli assassini è la benzina che lo tiene vivo: confrontarsi con chi uccide, con la parte peggiore dell’uomo, lo anestetizza dai tanti problemi esistenziali con cui non vuole confrontarsi. Il giornalista  Malerba invece vuole vivere la vita, ha un lavoro cui tiene è una compagna che ama, ma non riesce a salire quel gradino in più che gli consegna di essere felice e negli ultimi romanzi ha pure il problema di un giornale che sta per chiudere… La storia di questi due uomini, questi due amici, che nel primo romanzo hanno 35 anni e nell’ultimo 42, è la banale storia generazionale di chi, come me, non ha messo radici vere, non ha costruito una famiglia, ha sempre coniugato i verbi alla prima persona singolare, la mia casa, il mio stipendio, il mio lavoro, la mia carriera ecc e ad un certo punto capisce che certi treni stanno passando, o forse sono già passati, e che correre dietro ad un assassino o ad uno scoop giornalistico ti rende solo un eterno Peter Pan incapace di comprendere e di ammettere che il tempo passa, la vita corre veloce, e che non si può essere sempre dei trentenni quando si è da un pezzo quarantenni…

8. I due protagonisti sono estremamente diversi tra loro, ma complementari. E’ una sinergia che funziona sempre tra loro?
F.: Nei primi due romanzi la trama è raccontata è sviluppata al 50% dai due personaggi, poi negli anni Ardigo’ ha fagocitato Malerba che negli ultimi tre romanzi è solo una spalla, un comprimario. Questo perché l’anima nera e il vortice esistenziale in cui precipita Ardigo’ ha conquistato i lettori maggiormente, spingendomi a privilegiarlo. Un personaggio spigoloso, politicamente scorretto, cinico, che ha preso il peggio da tanti suoi illustri predecessori: lunatico come Montalbano, scontroso come Soneri, prevenuto verso il prossimo come il mitologico Callaghan, menefreghista come tanti altri suoi colleghi. Non gli interessa di dare giustizia alle vittime, ma solo di fermare gli assassini in una contesa tutta sua, personalizzata, dove appunto è attratto più da Caino che non dalla vita perduta di Abele.

9. Tra Ardigò e la Lunardon nascerà un legame emotivo di qualche tipo? Barbara Lunardon è forse destinata a diventare il secondo personaggio seriale, dopo Malerba, al fianco del nostro commissario?
F.: Nei miei romanzi ho utilizzato dei personaggi seriali.  La Lunardon , la criminologa che va in TV a raccontare le indagini che segue, è un personaggio aperto, nel senso che non ho volutamente sviluppato le sue sfaccettature ed è pronta a rientrare in altri romanzi successivi. Per cui potrebbe tornare. Lei e Ardigo’ si sono cercati e attratti ma non si sono trovati. Per il momento sono colleghi e chissà se e quando si rivedranno… Stando alle mail dei miei lettori se dovesse richiamare dal passato un personaggio allora dovrei puntare sul demonologo torinese Dario Vanner, l’ambiguo studioso di dottrine esoteriche che negli Angeli di Lucifero introduce Ardigo’ nei complicati meccanismi del mondo del satanismo…

10. Milano è lo scenario nel quale si muovono i tuoi personaggi. Si può quasi definire un personaggio anch’essa, perché attraverso le tue descrizioni prendono vita strade e quartieri che finiscono per diventare familiari anche ai lettori che quelle vie non le hanno mai percorse. Poniamo il caso dovessi scegliere per una nuova storia un’ambientazione diversa da Milano, quale città sceglieresti?
F.:
Come ho già detto Milano è la protagonista dei miei romanzi e non credo potrei sostituirla, con nessun’altra città anche se nei miei romanzi c’è sempre uno sconfinamento fuori città. Ma se proprio devo scegliere una città di magia e atmosfera unica allora dico Venezia, pur sapendo di essere banale. E poi Torino, la città di mia madre, città cui sono legato e che ben conosco.

11. I Social hanno accorciato le distanze tra lettori e scrittori favorendo la comunicazione a doppio senso. Che rapporto hai instaurato o vorresti instaurare con il tuo pubblico?
F.: Io sono uno scrittore dell’era sociale, avendo pubblicato il mio primo romanzo nel 2011, per cui per me non esiste il prima. Ho un rapporto molto intenso con un numero anche piuttosto consistente di lettori, che mi forniscono suggerimenti, osservazioni, critiche e tutto quanto mi aiuta nei libri successivi. Il rapporto è bellissimo e intenso, anche se forse troppo spesso in tanti pensano che in qualche modo io sia Ardigò ma davvero è un personaggio di pura fantasia mentre io sono molto più simile a Malerba…

Intervista a cura di Terri Casella Melville