Piernicola Silvis – Formicae

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Editore SEM
Anno 2017
Genere Thriller/ Noir
440 pagine – brossura e ebook

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«Mi chiamo Renzo Bruni e dirigo la seconda divisione dello SCO, il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato. Fare il poliziotto era quello che volevo. Il mio lavoro è applicare la legge e cerco di farlo nel migliore dei modi. Non sempre ci riesco, comunque ci provo. Ho delle storie da raccontare perché ne ho vissute molte. E le ho sofferte tutte…».

A parlare, trascinandoci dentro questa storia cupa, dove è difficile scorgere un barlume di luce, è Renzo Bruni.

Bruni è un dirigente dello SCO, il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, un reparto centrale che fa da riferimento e coordina tutte le squadre mobili d’Italia. Renzo è a capo nello specifico della Seconda divisione che si occupa dei delitti comuni più gravi commessi sul territorio, non legati alla criminalità organizzata e alle mafie, ma di una certa delicatezza e complessità. Tra questi, omicidi rituali, crimini particolarmente violenti, e casi di pedofilia. Bruni è un buon poliziotto, e l’autore – Piernicola Silvis, questore di Foggia con una lunga e brillante carriera come investigatore e dirigente di pubblica sicurezza alle spalle – è molto bravo nel tratteggiare un personaggio umano, dall’anima frastagliata da cicatrici e ustioni lasciati da vecchi casi, sempre in bilico tra il desiderio di giustizia e la consapevolezza che spesso la giustizia non è di questo mondo. Due anni prima, proprio Bruni, aveva seguito un caso di scomparsa: Livio Jarrussi, bambino scomparso a Foggia nel nulla. Un caso mai risolto. Uno dei tanti incubi che popolano le notti del dirigente di polizia. Una macchia sul curriculum dell’investigatore. Due anni in un caso di scomparsa, secondo le statistiche, significano soltanto una cosa: il bambino è stato probabilmente ucciso. Ed è questa la paura che nel corso del tempo ha animato gli investigatori. Paura che assume concretezza a due anni dalla scomparsa, quando Padre Leonardo, un frate del convento di San Giovanni Rotondo, riceve la chiamata di un ragazzino; una telefonata ambigua ed equivoca, perché il ragazzino parla di Livio: dice che è con lui, e che si trovano in una discarica a Siponto. Quando il prete chiede spiegazioni e ulteriori dettagli, la voce al telefono risponde soltanto che sono stati portati lì da “Zio Teddy”, e che devono sbrigarsi perché non c’è molto tempo. Dopo aver allertato la polizia, il frate si reca di persona nel luogo e diventa testimone di uno spettacolo da incubo: un quadro rituale, orchestrato ad arte da una mente malata e perversa; sul terreno spicca una croce artigianale formata da due ramoscelli che dovrebbero fungere da assi di legno, legati con del fil di ferro. Sopra, quasi a custodire le spoglie del piccolo cadavere, un paio di piccoli jeans e una vecchia felpa con la scritta “Teddy Bear” sormontata dall’immagine del famoso e “rassicurante” orsetto. Il mostro che ha ucciso il bambino sfida in questo modo apertamente gli investigatori, e in particolare Bruni, il titolare dell’inchiesta, la cui indagine da semplice scomparsa diverrà un caso di omicidio, uno dei più cruenti su cui Renzo abbia lavorato fino a quel momento.

La particolarità di questo romanzo, è che Piernicola Silvis sceglie da subito di mostrare l’assassino al lettore, presentandolo in tutte le sue sfumature di buio, in tutte le sue manie e perversioni. Una scelta che rompe la tradizione del genere, ma che si rivela vincente, perché non va a inficiare e viziare la tensione del racconto che rimane sempre altissima. La caccia all’assassino ben presto diventa una sfida personale tra Bruni e il mostro, una sfida soprattutto psicologica; l’indagine è polifonica, vediamo spesso il punto di vista di Bruni alternato a quello dei colleghi della Mobile di Foggia, e le loro voci sono intervallate alla quotidianità dell’assassino affetto dalla Sindrome di Ekbom o “parassitosi allucinatoria”, una malattia che provoca uno stato allucinatorio in cui si ha la sensazione di essere ricoperti da insetti e parassiti; questa malattia giocherà un ruolo nelle motivazioni alle basi dell’istinto omicida e del carattere del serial-killer.

Da semplice “cold-case”, l’indagine diventerà di nuovo attiva, e la città subirà l’assalto di giornalisti e sciacalli televisivi, che non faranno che mettere pressione sugli inquirenti e seminare il panico tra i cittadini che chiederanno a gran voce l’arresto del colpevole. Come per dare un segnale, la città verrà quasi “militarizzata”, e questo provocherà un grosso fastidio alle organizzazioni criminali locali: un tipo sui generis di mafia di cui poco si conosce in Italia, perché le sue azioni non sono mai state eclatanti; una mafia per lo più silente – che Silvis conosce magistralmente per averci avuto a che fare a livello operativo – e che nel romanzo è disposta a tutto pur di allontanare i riflettori dalla città e quindi dai loro affari; anche trovare il colpevole e occuparsene, o addirittura crearne uno ad hoc. Il nemico quindi non sarà soltanto l’inquietante “Zio Teddy”, ma lo scenario per Bruni si popolerà di tanti altri mostri, alcuni animati da una sete di popolarità e ascolti, altri di violenza e profitto, altri ancora di ferite psicologiche impossibili da cicatrizzare.

Dopo diversi romanzi alle spalle, Silvis torna con un bel romanzo, come in passato perfettamente dettagliato e minuzioso nelle procedure investigative e giudiziarie. Una storia parecchio nera e cruda, raccontata con piglio deciso e una scrittura forte ed efficace che non teme il confronto col Male, ma anzi lo eviscera spesso senza filtri, quasi a voler urtare il lettore, mostrandogli il grumo di buio che si nasconde nell’anima di alcuni esseri umani. Piernicola Silvis va ad aggiungersi per qualità e capacità alla squadra degli ottimi thrilleristi italiani come Carrisi e Dazieri, che puntano a un intrattenimento di qualità che va allo stesso tempo a indagare e gettare luce sui lati più bui della nostra società, analizzandola con occhio critico. Un’ottima lettura per tutti gli amanti dei police-procedural e del thriller investigativo.

Piergiorgio Pulixi
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Lo scrittore:
Piernicola Silvis (1954), alto dirigente della Polizia di Stato, è un questore di Foggia. Nel corso della carriera è stato capo delle Squadre Mobili di Vicenza e Verona, dirigente dei Commissariati di Pubblica Sicurezza di Vasto e Senigallia, capo di gabinetto della questura di Ancona, vice questore vicario di Macerata e questore di Oristano.
Formicae è il suo quarto romanzo, dopo Un assassino qualunque (2006), L’ultimo indizio (2008) e Gli anni nascosti (2010). I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue.