Intervista a Elena e Michela Martignoni

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Dietro lo pseudonimo di Gigi Berté si nasconde un vicequestore aggiunto in carne e… coda brizzolata, che opera in un commissariato italiano. Anche dietro il nome Emilio Martini si cela qualcuno in carne e… penna: due sorelle scrittrici, Elena e Michela Martignoni, che conoscono bene il commissario, sono milanesi e frequentano da anni la Liguria.

Insieme hanno scritto i romanzi storici «Requiem per il giovane Borgia», «Vortice d’inganni», «Autunno rosso porpora» e «Il duca che non poteva amare»e i gialli con protagonista il commissario Berté «La regina del catrame», «Farfalla nera», «Chiodo fisso» (ora anche in edizione TEA in un unico volume), «Doppio delitto al Grand Hotel Miramare», «Il mistero della gazza ladra» e «Invito a Capri con delitto», oltre alle raccolte «I racconti neri del commissario Berté» e «Talent Show».

Le abbiamo incontrate in casa editrice e con una lunga chiacchierata tra blogger in cui abbiamo parlato di libri, di gialli, di storia e d’amore, ci siamo fatte raccontare dalle sorelle la loro ultima fatica.

 

1. Benvenute, come mai avete fatto sbarcare Bertè a Capri, questa volta? Sembra di vedere un’isola diversa, con occhio molto critico… la descrizione di uno scoglio in mezzo al mare pieno di turisti.
Eravamo un po’ stufe e volevamo fargli cambiare aria. Questo progetto doveva anche migrare, altrimenti rischiava di diventare ripetitivo e ci siamo chieste: “Ma quanta gente muore a Lungariva?”.
E’ il patto non detto fra lettore e scrittore di gialli, lo togliamo dalla solita tensione e poi eravamo arrivate al sesto romanzo.
La bellezza dell’isola è innegabile, tuttavia volevamo parlarne anche in senso negativo. Non è solo l’immagine del turista che va per lo shopping, fare la foto della piazzetta sotto l’orologio, ma c’è un substrato storico-culturale che deve emergere, come la Villa Jovis – la villa di Tiberio – anche se piena di erbacce e completamente abbandonata. Gli stranieri rimangono basiti della trascuratezza dei nostri capolavori. Del sito sono rimaste solo le cisterne, per il resto hanno rubato tutto.

2. Romanzo storico ma anche mitologico, come mai la scelta?
Se andiamo indietro nel tempo, la mitologia e la storia si confondono tra loro. La grotta Matermania non ha trovato ancora una collocazione storica ai giorni nostri, potrebbe essere un mistero dell’epoca imperiale o un luogo di sacrifici in onore alla dea Cibele. A Capri il primo insediamento fu dei legionari di Augusto, che coltivavano i culti pre-romani antichi e questa grotta è stata identificata in questo senso.
Il nostro personaggio, Lady Keller, è nato proprio su una schiera di appassionati stranieri che cercano di capire come mai in questo luogo si mormora avvenissero questi riti sacrificali.
A Capri esiste una libreria – la Conchiglia – che è anche una casa editrice, che ha almeno 700 o 800 libri su Capri. Parlando con il barbiere, o con il negoziante, o con il barcaiolo della grotta Azzurra il turista medio sente parlare ancora di queste leggende. Sempre meno però, ormai prevale l’aspetto modaiolo.

3. Perché avete scelto una storia ambientata nel passato? Non è più difficile creare una storia plausibile? E come vi organizzate nella stesura?
Le difficoltà ci sono sempre, ma il nostro primo amore è proprio il romanzo storico e quindi si tratta semplicemente di documentarsi. Perché nasce, non ti saprei rispondere. Nel dialogo prende forma questo “mostro” e pian piano la storia segue una sua via, una sua traiettoria, ma il passato non ci spaventa. Poi litighiamo, ci confrontiamo, ci insultiamo, perché la base più dura è creare il giallo, arrivare a quadrare la vicenda e seguire un filo logico che porti alla fine.
Sarebbe una lezione di umiltà per gli scrittori che dicono: “Buona la prima.” Se lavori in team, devi portare il tuo contributo ma non è la verità assoluta. Noi siamo confusionarie, non abbiamo metodo e nei vent’anni di scrittura non siamo mai andate d’accordo sulla stesura. Però le scene “appese” trovano la loro strada, alla fine. La cosa più importante è lo scambio dei capitoli, ancora di più la revisione, fondamentale. Poi i lettori in anteprima (pochi e crudelissimi!) e la revisione del terzo, perché qualcosa sfugge sempre. Avere dei consulenti in un libro del genere è importante, non siamo poliziotte, né psichiatre. Sapete che il Bertè è vero, quindi anche lui viene coinvolto per farci consigliare.

4. Questo è più di un giallo, è anche una storia d’amore: Bertè si sposta a Capri e cambia scenario, ma ha così modo di riflettere sul rapporto con la Marzia e la Patty.
Avevamo bisogno che il personaggio si evolvesse. All’inizio era un vero burbero, molte recensioni parlano di Bertè agli inizi come un antipatico, un asociale. Lo avevano trasferito in Liguria per motivi ancora oggi poco chiari e a lui non era andata giù.
Poi, con il susseguirsi dei romanzi, si è ammorbidito, si è innamorato ed è diventato più umano.
(parla Michela) Pensa che l’idea di Bertè mi è nata perché anni fa mi rubarono la borsa con un raggiro: un uomo aveva perso le chiavi e io mi sono sgolata per farglielo notare. Erano in tre e mi hanno distratta. Avevo tutto all’interno della borsa! Vado a fare la denuncia e compare questo omone dalla coda lunga e mi è sembrato un personaggio perfetto per un giallo!
Pensa che una volta ci ha detto:”Io soffro per le sofferenze degli altri.” Frase dettata dal cuore… Ha salvato un sacco di persone, da truffe e da raggiri. A 18 anni ha deciso di diventare un poliziotto. Se lo vedi, però, non ti dà questa impressione.

5. Perché la scelta di scrivere sotto pseudonimo la serie di Gigi Bertè e, tra l’altro, con un nome maschile?
Emilio è un nome di famiglia – nonno e cugino – e poi è anche quello di Salgari, l’emblema della fantasia, della liberazione della mente. Ogni libro è un viaggio, un’esperienza, quello che ti fa dimenticare chi sei e dove ti trovi.

Martini invece è assonante al nostro cognome e poi volevamo uscire dal romanzo storico legato ai nostri nomi. Maschio perché tutti gli scrittori più affermati sono maschi, purtroppo per una donna scrivere un giallo è penalizzante, salvo in rari casi.

Quante volte vi è capitato di prendere in mano un giallo e commentare: “Ah…è scritto da una donna.”? Mina, per esempio, ha dichiarato che non legge scrittrici donne.

Proseguire sotto pseudonimo senza fare “outing”diventava difficile, per le presentazioni e per le interviste.

6. Come siete incappate nella storia di Nino Cesarini? Non l’avrei mai scoperto se non ne aveste scritto.
Abbiamo meditato anche di farci la copertina su Cesarini, ma non volevamo dare una connotazione diversa al libro rispetto ai precedenti. Di lui si parla molto a Capri. In questa meravigliosa villa del barone Fersen, sono state esposte a lungo le foto dei suoi nudi; il nobile era innamorato e gelosissimo, ma il ragazzo romano lo faceva esclusivamente per mestiere.
Un altro aspetto di Capri è proprio la vita di personaggi incredibili che sono passati dall’isola, persino Trozky e Lenin.
Abbiamo riletto anche un libro intitolato Aria di Capri, di Edwin Cerio. Ha scritto due volumi, uno parla degli uomini e l’altro delle cose, scrive in modo sublime! Non capisci se è quest’isola che crea la stravaganza o sono gli stravaganti a renderla così. Anche sulla dea Cibele, di cui si è trovato solo un alluce, si sono scritti fiumi di inchiostro.

7. Parliamo di un personaggio che torna di volume in volume e scopriamo un pochino di più di quel puzzle che è la sua storia, il suo carattere. Voi avete già un’idea di tutto quello che non ci avete ancora detto o anche per voi nasce ogni volta?
Tutte le volte diciamo che il libro è l’ultimo che scriviamo su Bertè e sono almeno dieci anni che abbiamo una storia milanese e non decolla mai, si infila sempre qualche altro lavoro! Tutte le volte sembra che sia la fine, in realtà noi stiamo già lavorando alla sinossi del settimo.
Vorresti che il personaggio si esaurisse, visto che in teoria dovrebbe avere una certa evoluzione e quindi invecchiare. Ma poi viene una nuova idea e parte un’altra storia.
In questo ci siamo divertite facendo degli accenni allo stile di Agatha Christie.

8. All’inizio del romanzo si parla di una telefonata che cambia la vita. Voi avete ricevuto una telefonata “letteraria” che vi ha cambiato la vita?
(parla Elena) Io ero dal fruttivendolo con le borse della spesa e mi è arrivata la telefonata dove mi dicevano che ci avrebbero pubblicato il primo libro. Io ero al settimo cielo, i nostri figli non sono molto contenti. Hanno letto il nostro libro su Cesare Borgia e ci hanno criticato aspramente per la dedica che abbiamo fatto loro.

9. Rita Esposito, com’è nato il personaggio con il dialetto napoletano?
Il dialetto ovviamente non è frutto delle nostre menti, ci siamo affidate a chi ne sapeva più di noi. appesantito troppo la lettura – e abbiamo incrociato diversi napoletani e ci hanno detto che siamo state brave a creare i dialoghi in napoletano.

Cecilia Lavopa