Edizioni E/O / Collana Sabot /age
Anno 2018
Genere Noir
256 pagine – brossura e ebook
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Gregorio Esposito, detto Gerri è tornato.
Affermare che io abbia bevuto in poche, lunghe sorsate, questo romanzo di Giorgia Lepore, con protagonista il commissario Gerri Esposito, non rende a sufficienza l’idea.
Gerri è un personaggio che mi è entrato nel cuore: diverso dalla moltitudine di poliziotti che ci presenta la letteratura gialla corrente. Gerri è Gerri. Il suo vissuto, le dolorose traversie dell’infanzia lo rendono speciale, ce lo rendono caro, e ci fanno perdonare qualunque suo atteggiamento, anche le intemperanze o le cattive maniere. Sono sempre motivate.
In questa vicenda tutto ruota intorno al feroce assassinio, nella Bari vecchia, di una giovane e bella donna, madre di due bambini, Jennifer e Kevin, che pare siano stati testimoni del delitto. Fra Gerri e Jennifer, molto matura per i suoi cinque anni, si crea subito un feeling speciale, che li rende uniti da un’intesa immediata e dolcissima. Gerri le fa una promessa: che lo prenderà, quell’assassino. E le promesse si mantengono, specie se fatte ad una piccola grande donna. L’indagine, però, parte subito male: troppi indizi contrastanti fra loro, troppe impronte diverse, troppe “teste” di investigatori con diverse opinioni. I rapporti con Sara Coen, la sua collega che in passato è stata anche… di più, sono tesi e difficili, nonostante i momenti di intimità avuti lasciassero presagire – alle lettrici romantiche come me – esiti di colore rosa.
E poi c’è il PM milanese, Anteri: antipatico che di più non si potrebbe, che non nasconde la sua poca simpatia per Gerri e per i suoi metodi investigativi, e gli rema contro, cercando nel contempo di avvicinarsi a Sara. Per tutti questi motivi, sommati al carattere difficile di Gerri, nulla sarà facile, e soprattutto il finale costringerà il nostro poliziotto a scelte dolorose. Che non avrebbe mai voluto. Proprio lui, che del dolore ha una profonda conoscenza; che è stato segnato dall’abbandono della madre, e dalla crescita in collegio. Lui che è abituato ormai ad osservare le vite degli altri, come un estraneo, a cui non spetta più un pezzettino di felicità tutta sua.
“Ti ricordi di una sera che pioveva e non riuscivi a camminare, eri bagnato avevi freddo avevi la febbre, di un negozio e di una signora che stava dentro, di tua madre che ti dice aspetta che ora torno. La casa della signora, i vestiti che non sono più i tuoi addosso, le luci forti di un posto dove ci sta uno con una divisa che ti dà una coca-cola, solo più tardi avresti saputo che era un carabiniere, e chi se la scordava più quella divisa e quella coca-cola. E quella frase ASPETTA CHE ORA TORNO.”
Che frase tremenda: aspetta che ora torno, pronunciata da una persona che poi non torna più. Come si può non amare quest’uomo, non comprenderne le ferite laceranti, il carattere difficile. Questo terzo romanzo è secondo me il migliore (dei tre) scritto dalla Lepore. L’autrice è riuscita a coinvolgerci così profondamente nei sentimenti dei personaggi del romanzo, da farci vivere la storia quasi da protagonisti. Quando si legge, si “sente”, a pelle, il dolore. Non è facile dare al lettore questa sensazione. La vicenda si svolge in un lasso di tempo breve, ma intenso: il periodo natalizio, dal 6 dicembre al 7 gennaio; sono i giorni in cui le mancanze, i vuoti, i ricordi, gravano sul cuore come un peso. Perciò ho parlato di dolore percepito da chi legge.
La figura di Jennifer, bambina – adulta nei ragionamenti e nei pensieri, mi ha toccato il cuore; struggente il dialogo in cui dice a Gerri che piange per lui, al suo posto, perché capisce che lui vorrebbe piangere, ma non può. Questa figura, tra tante belle, merita il secondo posto nella storia, per la sua intensità.
Ultimo, ma non meno importante, lo stile. Io sono letteralmente incantata da questa scrittura asciutta, senza sbavature; quasi parlata, con intermezzi in dialetto, che rendono la vicenda, i dialoghi, più vivi ed immediati.
“Tin la frev. Mo ti mitt a lett addò. Ca ti ven na polmonit”.
E’ Angela che parla, nelle ultime pagine, e già Gerri mi manca. Prima ancora di avere letto l’ultima riga! Grazie Giorgia Lepore , per questa lettura. Semplicemente: grazie.
Rosy Volta
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La scrittrice:
Giorgia Lepore è archeologa e storica dell’arte, vive a Martina Franca e insegna Storia dell’Arte al Liceo da Vinci di Fasano. Ha pubblicato L’abitudine al sangue (Fazi 2009), I figli sono pezzi di cuore (E/O 2015) e Angelo che sei il mio custode (E/O, Sabot/age 2016).