Intervista a Lorenzo Visconti, alias Paolo Roversi

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Lorenzo Visconti è lo pseudonimo dietro il quale si nasconde la penna di Paolo Roversi. Il progetto di scrittura è nato un paio di anni fa, con il quale lo scrittore voleva creare un’altra serie di romanzi ambientati nel milanese, lasciando però da parte il famoso personaggio di Radeschi. Per farlo, aveva bisogno di una figura molto diversa ed è quindi nato “il drago”. Il primo libro della serie – che ne comprende quattro – si intitola “La legge del drago” ed è stato pubblicato nel 2017 su Amazon Publishing.
Il drago non assomiglia a Radeschi, perché è più noir, è più politically correct, è vegetariano e amante degli animali; nato e cresciuto in Via Gluck, con il soprannome che deriva dalla canzone di Gaber (La ballata del Cerutti), un tipo vecchia maniera – beve il Fernet – e poi ha la caratteristica di avere un assistente sui generis, Jamel, che lo scambiano per marocchino, ma in realtà è francese.
Cairo Publishing ne ha acquistato i diritti, secondo caso editoriale dopo Riccardo Bruni pubblicato da La Nave di Teseo e noi lo abbiamo intervistato per saperne di più.

1.Quando è stato il momento in cui hai deciso di far nascere il drago?
P.: Quando scrivi o ti vengono in mente delle storie, non tutte quelle a cui pensi sono ideali per un personaggio. A Radeschi ho fatto fare un po’ di tutto, ma mi mancava l’ex poliziotto picchiatore – e pure vegetariano – e tramite la pubblicazione su Amazon mi sentivo più libero. La carta stampata in libreria ti impone più responsabilità, pensi sempre a cosa potranno dire i tuoi lettori. In questo caso, invece, ho pubblicato con uno pseudonimo e per un pubblico che non conoscevo. I lettori che hanno comprato migliaia di copie in digitale non li conosco, lo hanno preso perché erano interessati al personaggio. Devo dire che mi diverto un sacco, perché scrivo tutto quello che non ho fatto fare a Radeschi.

2. Perché piacciono questi personaggi? I lettori amano il drago come potrebbero amare Rocco Schiavone, con un senso della giustizia particolare? Il drago picchia, ma sembra avere ha una sua etica…
P.: Perché il politically correct ha effettivamente stancato, perché il drago fa quelle cose che vorremmo fare tutti e non possiamo, una reazione e un piacere che nella carta ci piace leggere, anche se nella realtà difficilmente il drago potrebbe esistere, troppo al di sopra delle righe. Il mondo che raccontiamo è verosimile, fatto di colori, profumi, di idee ed è anche di intrattenimento. Ho scritto questi romanzi per divertirmi, non sono troppo lunghi – circa duecento pagine – per mantenere il senso della serialità e ti invogliano a leggere i successivi.

3. E’ stato più facile farsi pubblicare con Amazon rispetto alla prassi tradizionale?
P.: Essendo un editore comunque tradizionale, Amazon ha un editor, il contratto lo fa un agente, ci sono tre revisioni di bozze. Non cambia nulla, la copertina l’ha fatta la stessa agenzia che ha fatto quella di Milano Criminale per la Rizzoli. Volevo fare un progetto di serialità, ma gli editori sono più prudenti e si impegnano per uno solo. Amazon invece mi ha dato fiducia per i primi due.

4. Perché hai svelato così velocemente che dietro Lorenzo Visconti c’eri tu?
Perché volevo tenermi stretti i miei lettori.

5. Immagina un incontro tra Radeschi e il drago. Cosa si direbbero? Andrebbero d’accordo?
P.: Non lo so… Potrei anche pensarci. Secondo me Radeschi andrebbe più d’accordo con Jamel, avendo molte conoscenze informatiche. Forse Sebastiani andrebbe più d’accordo con il drago, sono due poliziotti.

6. Il titolo l’hai scelto tu?
P.: Per dare un senso alla serie, che ci fosse un elemento ricorrente, ho concordato con l’editore questi titoli nei quali compare sempre il drago. I romanzi, tutti ambientati nel passato – cinque o sei anni fa – contengono comunque una serie di elementi legati alla cronaca.

7. Il drago è nato e cresciuto in via Gluck. Come mai hai deciso di dargli questa connotazione?
P.: Volevo stare sullo stereotipo della milanesità. Poi, se vai in quella zona, la via è rimasta come una volta, non ci sono negozi, ma ancora dei vecchi ristoranti, tre bar. Una via triste, ma con tante case di ringhiera. Il drago doveva essere nato e cresciuto in una casa di ringhiera, poi va in una palestra in via Padova, dove c’è un vecchio allenatore. E’ un po’ Rocky, è un po’ Bruce Willis quando fa il poliziotto e si trova tutti contro. E’ tanti stereotipi, ho calcato la mano, ma è assolutamente voluto.
Ci sono anche dei riferimenti musicali, appunto, “La ballata del Cerutti”, “Il ragazzo della via Gluck”.

8. Quanto oggi i film, le serie tv e le crime fiction ti influenzano nella scrittura?
P.: Tanto. Io utilizzo molto i dialoghi ed effettivamente il dialogo è la scrittura più vicina al cinema. Tu guardi e sai già cosa sta accadendo, devi solo farli parlare. Questo deriva dalle fiction straniere, non da quelle italiane, perché i dialoghi sono pessimi, a mio avviso! Le dinamiche sono un po’ sopra le righe, perché il lettore della serie di noir o di gialli di un certo tipo vuole l’azione. Non è che lui sta seduto in una stanza e pensa chi potrebbe essere l’assassino e dopo cinquanta pagine esce e lo va ad arrestare. Anzi, esce e picchia tutti finché non trova il colpevole. Infatti, ha un tirapugni di ottone che utilizza sempre, ha una vecchia cintura di pelle di drago (che è poi di coccodrillo), ma non la butta via anche se è diventato vegetariano, perché fa parte della sua precedente vita. La frase “Questa è la legge del drago e la devi rispettare” è una spacconata, ma è proprio per questo che mi piace!

9. Jamel è un personaggio nato insieme al drago o è qualcosa che è arrivato dopo?
P.: Non è nato subito, prima avevo l’idea del personaggio forte che era il drago. Se però lo lasci da solo, non riesci mai a spiegare quello che pensa o che sta facendo, c’è bisogno di una spalla. Quello che lo fa apparire figo o un pazzo è proprio Jamel che te lo racconta. Infatti, anche la scelta delle due voci narranti non sapevo se avrebbe funzionato. Invece è andata benissimo, ormai sono inscindibili. A uno faccio raccontare l’azione, tipicamente al drago, mentre all’altro è la spiegazione, è la razionalità. Il drago è un bestione con il quale non andrei certamente a cena, ecco! Jamel è brillante, incarna tutti gli stereotipi dell’immigrato che viene preso per marocchino che ha un phone center, mentre invece è laureato in astrofisica.

10. Che ruolo hanno i personaggi femminili?
P.: C’è Lara, la poliziotta, il suo trait d’union con la polizia. E’ un rapporto in evoluzione, infatti nel quarto romanzo c’è un’indagine più psicologica. Mentre in questo romanzo lei è quella che gli permette di avere un piede in questura, sapere cosa sta succedendo e di essere anche il suo paravento quando c’è bisogno, non avendo una licenza. Sai che in Italia gli investigatori privati non esistono, non possono indagare come in America. Quindi l’espediente è avere lei in questura. C’è anche un’intesa fisica e sessuale, ma una relazione senza futuro anche se va avanti in tutti i quattro romanzi.

Se volete saperne di più, visitate il sito: http://drago.paoloroversi.me/

Articolo di Cecilia Lavopa