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Lisa de Nikolits, originaria del Sud Africa, ha vissuto e lavorato come art director negli Usa, in Gran Bretagna e in Australia. Qui dopo essere stata licenziata da una società dei media, decide di trasferirsi in Canada, che considera un Paese molto più aperto e multietnico. Nel 2003 prende la cittadinanza canadese e si dedica in modo professionale e continuo alla scrittura: “Do One Thing A Day For Your Writing” (Fai ogni giorno qualcosa per la tua scrittura), sebbene fin da giovanissima abbia riempito i cassetti con i suoi manoscritti. Una furia dell’altro mondo è il suo settimo romanzo e nel titolo che è un po’ una parafrasi di una frase di William Congreve:”Neppure l’inferno è paragonabile alla furia di una donna respinta” si avvertono i suoi studi di letteratura inglese e filosofia. Una furia dell’altro mondo è il suo settimo romanzo e ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Lisa de Nikolits è molto attiva e impegnata nel valorizzare e sostenere la scrittura femminile di gialli, per cui con altre scrittrici anima diversi gruppi: Sisters in Crime, Mesdames of Mayhem, a cui si aggiungono Crime Writers of Canada e The International Thriller Writers.
Ha pubblicato da poco il thriller “Una furia dell’altro mondo” con Edizioni le Assassine e ha portato il suo libro in Italia per presentarlo. L’abbiamo incontrata e le abbiamo rivolto alcune domande.
1.Una Furia dell’altro mondo è davvero un romanzo particolare, soprattutto per il luogo in cui la storia ha luogo: il Purgatorio. Come ti è venuta l’idea e qual è stato il motivo della tua scelta?
L.: Sono molto contenta che ti sia piaciuto il libro! Mi fai una bella domanda e ti rispondo che ci sono diversi motivi per la mia scelta. Ho studiato dalle suore e sono stata allevata nella fede cattolica, ma sia le suore che i preti all’epoca erano molto vaghi quando chiedevo loro del Purgatorio. E il fatto con me è che io sono molto attratta dai particolari e dai dettagli! Faccio tuttora ammattire amici e parenti con queste mie continue richieste di dettagli tanto che alla fine mi dicono “Senti un po’ Lisa, non lo sappiamo, vai e cerca da qualche altra parte la risposta.”
Così facevo domande del tipo: quanto tempo si deve stare in Purgatorio? E com’è come posto? Come funziona il tutto? E così poi ho finite per immaginarmelo io!
Quando ho scritto il romanzo ero tra l’altro io stessa nel limbo, avendo appena perso il mio lavoro di art director in una rivista che si occupava di cosmetici e di lifestyle. . Mi sentivo persa e sola e come sospesa nello spazio . Inoltre ero molto arrabbiata per aver perso il lavoro. Non ero per niente contenta di essere stata esiliata dal mio mondo, ed ecco perché il libro è diventato anche un noir sulla vendetta. Nella vita reale non ci si può vendicare (be’, forse lo si può fare, ma può essere pericoloso e finire male), mentre nei libri è una via praticabile .
2. Protagonista è Julia Redner, che ricorda molto una bellissima Glen Close ne “Il diavolo veste Prada”. Ce la vuoi descrivere?
L.: So che alcuni vedono Julia Redner nelle sembianze dell’attrice Charlize Theron, ma io la vedo in un altro modo. Julia è alta come una modella, ma ha i capelli scuri e i lineamenti più spigolosi della bellissima Charlize Theron. A me viene piuttosto in mente Linda Evangelista, con un viso bello e dai tratti interessanti e insoliti. Anche nel libro c’è qualcosa a proposito del naso di Julia che ha una funzione importante e cruciale nella storia, ma non voglio svelarlo per non far perdere la sorpresa a chi leggerà.
3. “Il Purgatorio è descritto come un hangar immenso di un aeroporto, inframmezzato da dozzine di stanzette, ognuna che ospita un curioso pezzo del mondo che abbiamo lasciato alle spalle.” Perché questa definizione?
L.: Ho sempre pensato che il fatto di aver viaggiato molto e in lungo e in largo sia stata la “causa”dell’ambientazione del Purgatorio in un aeroporto, ma di recente mi sono resa conto che c’era dell’altro nell’idea di aver scelto un posto che ricorda anche un “grande magazzino”. Come art director, avevo infatti lavorato per il catalogo di Sears: la sede della società era a circa un’ora di distanza da Toronto. Allora mi mancava il fatto di non lavorare più nel centro della città così pieno di vita e quel posto fatto di lunghi corridoi, di porte chiuse ha avuto un impatto sulla scelta dell’ambientazione del libro. Ho lavorato in quel posto quattordici anni fa e me ne ero dimenticata finché di recente sono venuta a sapere della morte di un caro collega di quel tempo. Ciò mi ha riportato alla luce una serie di ricordi e così anche la consapevolezza di aver utilizzato quel luogo nelle mie descrizioni. A volte pensiamo di sapere bene da dove viene un pensiero, un’emozione o un’idea, ma non è vero, qualcosa ci sfugge. E per poter proseguire o cambiare le nostre vite, serve un momento in cui riflettere sul punto in cui ci troviamo, chi siamo, che cosa ci piace e che cosa è importante per noi. Qui sta l’importanza delle stanze che descrivo nel libro: erano d’aiuto a ciascuno per capire le proprie emozioni e che cosa era successo loro in precedenza.
Ma le stanze sono anche state per me un gran divertimento nell’immaginarle e nel descriverle. Una specie di bizzarra Disneyland per adulti che si erano comportati male, una specie di prigione se vogliamo, ma di un tipo non comune con privilegi e sedute di psicoterapia.
4. Alla fine, il Purgatorio immaginato da te è così contemporaneo e pieno di possibilità. Perché quasi tutti gli ospiti aspirano a lasciarlo per progredire nel Paradiso o addirittura tornare sulla terra in altre sembianze?
L.: Una furia dell’altro mondo è un romanzo di vendetta, ma anche, fatto importante, di una seconda opportunità. AI personaggi viene offerta una scelta e sta a loro decidere che fare. Sono contenta che Julia abbia fatto le scelte giuste perché ciò ha permesso di chiarire una serie di misfatti e ha aiutato le sue nuove amiche a capire perché le loro vite erano finite in quel modo o meglio perché erano così com’erano. E proprio la natura quasi da detective di Julia ha consentito loro di progredire. Il Purgatorio non è un posto dove uno vuol restare per sempre, è fatto perché si abbia la voglia di proseguire nel proprio percorso personale, ma se in modo rapido o no, dipende dal singolo. Se Julia non fosse finita lì, le sue amiche vi sarebbero rimaste molto più a lungo.
5. Agnes è lo spirito guida più lontano che si potesse immaginare dal Virgilio dantesco, da dove nasce questo personaggio e se conosci qualcuno di simile nella vita reale.
L.: Agnes è uno dei miei personaggi preferiti ed è frutto di pura fantasia. Non è sbucata all’improvviso: io scrivo di continuo racconti e raccolgo appunti dei personaggi che popolano la mia testa. Agnes mi era apparsa la prima volta in un racconto intitolato Of Wagtails and Wiesbaden. La storia non era un granché, mentre lo era Agnes! Così la rielaborai in Troubled Times e cominciò a evolversi veramente con la comparsa di sua zia Miriam. La relazione tra zia e nipote era un punto importante del racconto. Quando ho cominciato a scrivere Una furia dell’altro mondo, mi sono resa conto che era una grande opportunità per capire che cosa era accaduto ad Agnes alla fine di Troubled Times, perché in quel racconto la fine era rimasta sospesa. E questo libro mi ha invece offerto un’ottima occasione per lavorare ampiamente sul personaggio che ho amato in ogni minuto della stesura. Penso che Agnes rispunterà ancora nei miei prossimi libri.
Ho studiato Dante all’università, ma non ne ho memoria, ma forse il mio subconscio ne ha trattenuto qualche frammento? Non lo escludo!
6. E’ un romanzo dove predominano le figure femminili. In questo Purgatorio, ognuna ha commesso degli errori molto gravi nella sua vita. Pensi che la responsabilità di questo dipenda soprattutto da noi, come ci proponiamo, forse troppo accondiscendenti e con addosso l’insicurezza di non piacere mai abbastanza?
L.: Per questa domanda ci sono diversi livelli di risposta. Sì, certamente, noi siamo responsabili, ma la vita non è una linea perfettamente dritta di causa ed effetto. Ci sono molti fattori che entrano in gioco: cattivi rapporti, come le circostanze e le persone ci fanno sentire, quale impatto hanno gli altri su di noi. Tutti noi abbiamo punti di forza e di debolezza e circostanze e persone diverse possono fare emergere il buono o il cattivo che sta in noi. La vita procede poi così velocemente tanto da ritrovarci di colpo in situazioni che non ci fanno sentire a nostro agio o che ci inducono ad assumere comportamenti che non avremmo scelto liberamente. O meglio sì abbiamo fatto una scelta , ma se avessimo avuto un po’ più di tempo per fermarci e riflettere, allora magari avremmo agito diversamente.
Non sto rinnegando il fatto che siamo responsabili delle nostre azioni, ma che c’è anche la buona e cattiva sorte o cose del genere. Potremmo anche finire in cattiva compagnia, oppure essere in una condizione di estrema solitudine, e le persone possono commettere follie quando si sentono sole e abbandonate. E poi ci sono le persone che detengono il potere e che hanno atteggiamenti molto diversi se lo perdono. Il potere può decisamente influenzare la personalità dell’individuo e cambiarlo completamente nel momento in cui lo perde.
Spero che con tutte queste lezioni che ci dà la vita si riesca a comprendere meglio la propria natura, e sebbene non la si possa cambiare, magari si riesce con questa consapevolezza a correggere il tiro delle nostre azioni.
Se prendete Grace di Una furia dell’altro mondo, lei è del tutto succube: come spiega la storia lei si era lasciata opprimere e manipolare e non c’è stato un momento in cui si era sentita in grado di dire adesso basta e di far valere tale decisione. Ci aveva provato ma senza successo. E questo succede a molte donne nella realtà; non hanno il controllo sulla propria vita come dovrebbero e potrebbero. Per esempio conosciamo tutti persone che vivono una relazione cattiva e ci chiediamo ma perché non la chiude? Non è così facile e forse in qualche momento noi stessi avremmo potuto finire così .
7. Tu sei molto impegnata nel sostenere la scrittura al femminile nei gialli. Perché questa esigenza? Pensi davvero che le gialliste siano ancora messe da parte a vantaggio degli autori maschili?
L.: Studi e statistiche hanno dimostrato che gli scrittori hanno un notevole vantaggio sulle scrittrici. Avrei voluto usare “avevano”, ma purtroppo è ancora una realtà di oggi e vi è un’esigenza di associarsi, sì l’esigenza che ha indotto Sara Paretsky a fondare le Sisters in Crime nel 1986. Lei insieme ad altre scrittrici si era resa conto che gli uomini erano avvantaggiati quando si trattava di premi, recensioni, anticipi di pagamento da parte degli editori, posizionamento negli scaffali di librerie e biblioteche. Tutti fatti ben chiari e misurabili. Così, ripeto, è statisticamente dimostrato che gli uomini sono in vantaggio. Ecco perché chi ha fondato Mesdames of Mayhem ha dato avvio al nostro gruppo, che tra l’altro ha due uomini al suo interno, dunque non siamo talebane dell’esclusione. La scrittura è inoltre un’attività ben solitaria, così far parte di gruppi come Sisters in Crime e Mesdames of Myhem aiuta molto! La solidarietà aiuta parecchio e poi facciamo eventi insieme e ci sosteniamo quando si tratta del lancio di un libro, di consigli nel migliorare il nostro lavoro e di supportarci a vicenda nei momenti buoni e cattivi.
8. Vorrei soffermarmi sulla tua definizione di “realismo magico” presente nei tuoi romanzi. Ce lo vuoi spiegare? Quanto questo aspetto nella scrittura ti aiuta a esprimere i concetti?
L.: Il realismo magico non era nei miei intenti di scrittura! Ero preoccupata che potesse distogliere l’attenzione dei miei lettori e del mio editore! Ero davvero riluttante dal comunicare che avevo scritto un romanzo ambientato in Purgatorio! Tuttavia Luciana Ricciutelli di Inanna Publications e Tiziana Elsa Prina di Edizioni Le Assassine sono state molto meglio disposte di me ad accettare l’idea. Grazie al cielo! Temevo che avrebbero dismesso il romanzo come frutto di una fantasia o come science fiction o qualcosa del genere, ma la mia editrice canadese mi ha ricordato Il canto di Natale di CharlseDickens: una storia che aveva le connotazioni di magico realismo e nessuno aveva mai sollevato un problema in proposito. Io non scelgo le idee per le mie storie, sono loro a scegliere me e io lavoro con loro nel modo che mi riesce meglio; forse in sé può appunto sembrare realismo magico. Non è che voglio dire che mi siedo ed ecco che appare il romanzo, Devo lavorare sodo per far funzionare la trama, sviluppare il dialogo e i personaggi e fare in modo che le descrizioni e l’ambientazione siano coerenti.
Ho studiato filosofia quando ero giovane e sono rimasta affascinata dalla fallibilità dei sensi: il semplice fatto di percepire qualcosa in un certo modo, non significa affatto che sia effettivamente così. Per la maggior parte del tempo non siamo inclini a mettere alla prova questa teoria, ma io trovo che sia entusiasmante esplorare i principi delle possibilità anche in modo magico. Penso che dipenda dalla storia individuale e dalla capacità dell’autore di rendere credibile o meno qualcosa. Se l’autore riesce a condurti in un mondo altro, allora ci è riuscito, se invece il lettore non lo accompagna e non si sente coinvolto, allora l’autore ha fallito.
9. Tu hai detto una frase importante: fai ogni giorno qualcosa per la tua scrittura. Che cosa intendi di preciso con questo?
L.: Pochissimi autori che conosco sono scrittori a tempo pieno e riescono a fare della scrittura un’attività con cui vivere. Molti hanno altri lavori di giorno, hanno figli, responsabilità, vincoli di tempo, familiari e chi più ne ha più ne metta. In mezzo a tutto questo, l’unica regola che mi sono posta (ed è una regola) è : fai ogni giorno qualcosa per la tura scrittura. Questo non significa che ti metti seduto e immagini di scrivere qualcosa, lo fai veramente! Da qualche parte ho letto che puoi aumentare la tua potenza muscolare e il tuo grado di fitness, semplicemente immaginando di fare esercizio fisico! Ho pensato che è veramente ridicolo: bisogna invece alzarsi dal divano! E spesso dico a mio marito che i libri non si scrivono da soli e così ogni giorno scrivo un po’.
Posso variare: può anche essere una poesia (non è il mio genere, ma aiuta a tenere in esercizio il cervello) o può essere anche una recensione di un libro (ho il mio sito in proposito www.theminervareader.com) o un paragrafo o un migliaio di parole o altro ancora. Ci vuole disciplina a farlo ogni giorno e io uso una mentalità sportiva: gli atleti escono e si allenano ogni giorno, non importa che tempo ci sia o che umore abbiano o come si sentano fisicamente. Lo stesso vale per la scrittura! Traggo ispirazione dal comportamento degli atleti: guardate i piedi delle ballerine.: Le ballerine hanno quest’aria eterea e naturale, ma in realtà hanno i piedi distrutti o quasi. Io ho fatto karate all’università e ho imparato che ti puoi sempre spingere un po’‘ più in là di quello che pensi ed è quello che cerco di fare io.
10. I protagonisti del tuo romanzo sono davvero originali e ricchi di sfumature. A questo proposito pensi che qualcuno di loro potrà ritornare sotto un’altra forma in qualcuno dei tuoi prossimi lavori?
L.: Grazie per il bel complimento! Sì, penso di sì. Mi piacerebbe vedere che cosa Agnes ed Eno e Isabelle e gli altri faranno. Non tutti naturalmente e non è mia intenzione ora spoilerare la storia ai lettori. Penso inoltre che quando si tratta di personaggi, devo ritornare alla mia analogia con gli sportivi/atleti e lavorare duramente per dargli forma. Chiedo a me stessa (e ai miei lettori beta) , questo personaggio è totalmente credibile nelle sue azioni? Le sue azioni hanno per me un senso e sono convincenti in pieno? Perché se il personaggio è un po’ insolito e fuori dal comune, ma non è credibile, allora come autore hai fallito. Se invece è sfaccettato e ha diverse caratteristiche che fanno affezionare il lettore e lo coinvolgono al cento per cento, allora lo scrittore è riuscito a fare con successo il proprio lavoro.
Ci sono alcuni personaggi dei miei libri che vorrei continuare a seguire, ma il fatto è che ho sempre nuove idee per i miei romanzi futuri! Ho un libro che sarà pronto per settembre 2019, The Occult Persuasion and the Anarchist’s Solution (anche qui un altro spirito arrabbiato che non è in Purgatorio ma che è comunque in attesa di vendetta sulla terra), molto diverso da Una furia dell’altro mondo, ma molto sulfureo e divertente. Così penso che Agnes e le sue amiche dovranno ancora attendere un po’ prima di riapparire in un’altra storia.
11. Se dovessi racchiudere Una furia dell’altro mondo in una unica frase del libro quale sceglieresti e perché?
L.: Tutto è possibile nella vita, sia la vendetta o nuove amicizie e l’amore, o la più inattesa seconda possibilità, anche quando sei in un momento in cui hai rinunciato a sperare.
Intervista a cura di Antonia del Sambro