Intervista a Lello Gurrado

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Lello Gurrado, nato a Bari il 10 aprile 1943, è giornalista professionista dal 1965. Ha sempre lavorato a Milano ricoprendo vari incarichi nelle più importanti case editrici nazionali: Rizzoli, Mondadori, Rusconi, RCS Corriere della Sera. Da alcuni anni vive a Cernusco sul Naviglio. Tra i suoi libri ricordiamo: Il Mestieraccio (1979), Khomeini e la questione iraniana (1980), Gli sdrogati (1985), Mamma eroina (1986), Don Mazzi: sono un prete da marciapiede (1999), Assassinio in libreria (2009), Fulmine (2014, Premio Legenda Giovani 2015 di Ciriè), La Grande Guerra di Elmo e Sauro (2018, finalista al Premio Cassino 2019).

Lo abbiamo intervistato in occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo, un giallo intitolato Quattro bravi ragazzi, pubblicato da Baldini+Castoldi. Potete ascoltare l’intervista e la recensione su Ms e Mr Yellow su www.OnbooXradio.it

1.Benvenuto, Lello. Parliamo del romanzo Quattro bravi ragazzi. Com’è nata l’idea?
L.: L’idea è nata dall’esperienza degli ultimi libri, da Fulmine in poi sono piaciuti molto agli studenti. Sono due o tre anni che giro tutte le scuole d’Italia per parlare dei miei libri, sia superiori che medie e ho notato che quasi in tutte queste scuole c’è il problema del bullismo. I professori sono molto preoccupati, è un fenomeno che sta dilagando. Come hai detto prima, sono sempre stato interessato alla cronaca, ho scritto un libro sulla droga quando stava crescendo, l’anno scorso ho scritto un libro sulla Grande Guerra visto che ricorreva il centenario e questa volta ho voluto dire la mia anche sul bullismo, L’ho voluto fare in modo diverso, non un saggio palloso con numeri e cifre, ma mascherando questo problema attraverso un giallo che possa interessare ai ragazzi e, con la scusa di andare a cercare l’assassino, cogliere il messaggio di denuncia sociale che ho voluto dare.

2. Infatti sono d’accordo, proprio la leggibilità del romanzo è facilmente fruibile da parte dei ragazzi e a questo proposito ti chiedo di raccontare tu la trama in breve.
L.: Allora, diciamo intanto che i quattro bravi ragazzi del titolo non sono bravi ragazzi, ma una piccola banda di bulli, che si fa prendere la mano e comincia prima rubando le merendine ai più deboli, poi a fare la pipì nelle tasche dei cappotti appesi nei corridoi della scuola, man mano è un crescendo finché non prende di mira una ragazza, che non regge all’atto di bullismo e si uccide. A questo punto si scopre cos’è il bullismo di oggi: un fatto di fragilità, quando il gioco si fa duro i ragazzi non cominciano a giocare, ma a squagliarsi e questi quattro “bravi” ragazzi, quando capiscono di avere fatto qualcosa di più grande di loro, sono terrorizzati e stanno pagando le colpe di quello che hanno commesso.

3. Credo che se chiedessero a chiunque di noi delle esperienze vissute da ragazzini, avremmo tutti delle storie da raccontare sui prepotenti che frequentavano le scuole, che amavano tormentare i compagni con dispetti. Da dove nasce il bullismo? E’ nelle famiglie? All’interno della scuola? Ho sentito madri dire che ormai anche alle elementari ci sono fenomeni di questo tipo…
L.: Questo è il punto più importante, c’è sempre stata un po’ di prepotenza verso il nuovo arrivato. Mi ricordo il primo anno di università, le matricole erano bersagliate e anche al servizio militare. Ho parlato con tanti presidi e professori prima di scrivere questo libro e tutti mi hanno detto che sono preoccupati perché l’età del bullismo si abbassa sempre di più, noi pensiamo dai sedici ai diciotto anni, invece comincia prima, nelle medie e addirittura nelle elementari. Un altro aspetto: sta invadendo anche il mondo femminile, a volte le ragazzine sono più cattive dei bulli e, infine, i genitori. Mi dicevano i presidi che non immaginiamo neanche di quanto siano complici i genitori… Una volta, se un ragazzino prendeva un brutto voto o veniva sospeso per aver commesso qualche fatto, rischiava di prendere quattro sberle a casa. Adesso invece sono i genitori che vanno a scuola a menare i professori che hanno osato dare un quattro al figlio. Sommando queste tre cose, il problema è veramente serio.

4. Anch’io noto sicuramente una maggiore fragilità da parte dei ragazzi che sono sì sbruffoni e bulli, ma dall’altro fragili e schiacciati da ciò che la società impone loro. Non che alla nostra età fosse diverso, ma era diverso l’atteggiamento dei nostri genitori, la responsabilità dei professori. Tutto questo con gli anni è stato depauperato, stigmatizzato. Cosa ne pensi?
L.: Hai ragione, tant’è vero che girando per le scuole ti accorgi subito, andando nelle classi, quelle che sono guidate da un insegnante attento e illuminato o quelle guidate dai professori che tirano solo la fine dell’ora e lo capisci, perché è fondamentale per un ragazzo essere coadiuvato da scuola e famiglia. Sia l’una che l’altra situazione al giorno d’oggi lasciano un po’ a desiderare.

5. Come è cambiato il bullismo al giorno d’oggi? Si è evoluto con i social?
L.: Altro aspetto importantissimo: i social sono un’autentica iattura, una rovina. Mi diceva la mamma di una ragazza vittima di bullismo – per fortuna a lieto fine – che è quello che veramente li stravolge. Finché vai a scuola e ti insultano, lo puoi superare. Quando invece il fenomeno dilaga e vengono condivisi insulti a ruota libera sui social, perché sono vigliacchi, sono dei criminali da tastiera, la cosa diventa molto più seria.

6. Si occupa delle indagini Michele Amoruso, con un soprannome che è tutto un programma. Ci vuoi parlare di lui?
L.: Il soprannome se lo è dato lui stesso, Il Cerbero, il cane con tre teste, riferimento dantesco. Gli piace auto-definirsi in questo modo perché lavora con molto raziocinio. Delle tre teste, la prima è rivolta al passato – l’assassinio, la ricostruzione dei fatti, la seconda guarda al presente con le testimonianze, le indagini e la terza al futuro, trovare la soluzione. Quale delle tre funziona di più? L’ideale sarebbe che funzionasse l’ultima, ma non è così. Tanto è vero che ogni tanto ha delle intuizioni, ma non sono tutte giuste come è umano che sia e quando le sue intuizioni sono sbagliate, si autoflagella, si tira dei pizzicotti, si dà dei pugni… Mi sono divertito molto a personalizzarlo, credo che sia un personaggio che i ragazzi possano amare proprio per i suoi difetti, non è invincibile, è umano.

7.Una cosa curiosa: il suo idolo era Ginko, acerrimo nemico di Diabolik ed Eva Kant. La scelta è per una sorta di immedesimazione in questo personaggio? Ginko è ossessionato dalla famosa coppia. Anche il Cerbero ha delle ossessioni?
L.: No, ossessioni particolari no… Ha questo istinto di legalità, vuole sempre trovare il colpevole e che alla fine trionfi il bene.

8. Hai scritto nel 2014 un romanzo intitolato Fulmine, la storia di un ragazzo che aveva fretta di crescere, di sapere, di capire. Pensi che i giovani di oggi abbiano fretta di crescere e basta o c’è ancora il desiderio di capire e di pensare con la propria testa?
L.: A me piacerebbe risponderti con la seconda che hai detto, mi piace pensare che i ragazzi abbiano la propria testa, i propri sogni e soprattutto i propri ideali. Girando molto per le scuole mi sono accorto che i ragazzi di sedici, diciassette anni sono migliori di quello che pensiamo. Parecchi hanno interessi, passioni e ideali e Fulmine è stato un personaggio molto amato dai ragazzi, tanto è vero che ha vinto un premio. La selezione è stata fatta dagli insegnanti, ma la giuria era composta da studenti che lo hanno votato e questo mi ha dato molta soddisfazione. Il fatto che abbiano premiato questo libro mi permette di rispondere alla tua domanda: credo ci siano ancora molti giovani con valori seri e importanti da non sottovalutare. Sono convinto di questo.

9. Domanda finale canonica: hai progetti in programma?
L.: Progetti ben precisi non ne ho. Ho fatto il giornalista per tanti anni, per mezzo secolo. Quindi mi piace stare sul pezzo, sulle notizie di cronaca. Un’attenzione a ciò che accade nel mondo prima o poi mi darà l’ispirazione per un altro libro, che sarà tra l’altro il ventunesimo.

Intervista a cura di Cecilia Lavopa