Editore: Metropoli D’Asia – Collana: I Narratori
Titolo Originale: Lelaki Harimau
Genere Giallo
Anno 2015
versione ebook
Tradotto da: Monica Martignoni
Direi che potete anche smetterla subito di canticchiare la sigla di un noto cartone (ciò denota vieppiù la mia anagrafe): la traduttrice, Monica Martignoni, non aveva grosse alternative in merito al titolo anche perché di questo si parla.
Prima di partire nella recensione, datemi un breve interludio. E’ il primo ingresso della narrativa indonesiana nella mia biblioteca: come in altri casi è entrata più per mera curiosità e per un titolo così sonante. Non dico ci fosse dello scetticismo – no altrimenti non l’avrei nemmeno letto – ma fortissima curiosità si. Quella curiosità che ti mette già nell’idea che se anche il libro dovesse risultare brutto, era comunque valore aggiunto leggerlo. Non so quanti di voi abbiano mai letto un libro scritto da uno scrittore indonesiano, e nemmeno so quanti di voi siano a conoscenza di una letteratura indonesiana contemporanea. Il merito di Metropoli D’Asia sta proprio in questo: metterci a confronto con un altro universo letterario, non inferiore o minore in fatto di varietà e qualità scrittorie. E adesso partiamo.
Kurniawan è l’esponente più interessante di una nuova generazione di scrittori indonesiani, sorti dopo la fine di una dittatura repressiva terminata nel 1998 che ha trattenuto e bloccato ogni sviluppo culturale in quella che attualmente è la nazione musulmana più vasta al mondo. Le pagine di questo libro vi porteranno in un piccolo villaggio nei pressi dell’Oceano Indiano laddove si dipana la vicenda di due famiglie tormentate e legate tra loro.
Un microcosmo che s’interseca alle figure che lo animano in un continuo scambio di situazioni, colori, tempo atmosferico, natura e odori. Inframmezzato a tutto questo le personalità di protagonisti e coprotagonisti, la profondità di una religione che viene seguita con secolare continuità e che è molto più inserita nel tessuto del quotidiano di quanto non capiti dalle nostre parti.
A contraltare di questa religiosità anche qui prevale la ferinità umana, il desiderio carnale, la violenza domestica, unico “collante” per alcuni e motivo di fuga, per altri. Sono i brutali sentimenti a spingere i protagonisti gli uni verso gli altri e gli uni contro gli altri. Al di sotto del piano umano e di quello religioso c’è il fondamento pagano di ogni religione: ed è qui che troviamo il mito della “tigre”. La mitologia legata alla tigre origina nell’area di Sumatra, luogo laddove le tigri sono sempre state in numero maggiore che altrove. Il mito vuole che le tigri siano esseri superiori in grado di comprendere il linguaggio umano e di offendersi qualora l’uomo non porti nei loro confronti il giusto rispetto. Inoltre, nel linguaggio corrente, non esiste un vero termine per definire la tigre in modo che si possa parlare di lei senza che lei intenda che lo si sta facendo. Ecco che allora ci sono uomini (e donne) che sono in realtà abitati da tigri che si manifestano in determinati momenti della loro vita e che li fanno agire in modo ferino in tutti i sensi. Non c’è una motivazione scatenante, c’è una situazione d’animo. Alcuni sono in grado di vedere la tigre altrui, sopratutto la sera e soprattutto negli occhi. La tigre può covare nel tuo animo a lungo, poi scatenarsi e rientrare in te. Ma nell’attimo in cui balza fuori è la tigre che comanda. E chi è oggetto dell’ira della tigre non sopravvive.
Al di là dell’aspetto folkloristico e favolistico, tutto il racconto non si ferma su questo aspetto, ma mette in fila tutta la vita dei protagonisti attraverso differenti finestre del tempo, richiamando gli eventi e le situazioni e mostrando come ognuno di noi possa covare una tigre in sé e come possa accadere che essa decida di colpire.
Leggetelo, ve lo consiglio: la sua semplicità vi mostrerà come sia possibile tracciare un percorso di sangue in modo lieve e nella penombra dei banani indonesiani pur non tradendo una tensione letteraria: verrete portati a leggere con voracità, per capire cosa abbia messo nel petto di Margio – il protagonista – la tigre.
Michele Finelli
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Lo scrittore:
Eka Kurniawan è nato a Tasikmalaya (nella parte ovest dell’isola di Giava) nel 1975. Ha studiato filosofia alla Gadjah Mada University di Yogyakarta e lavora come giornalista, scrittore e designer. Grazie al romanzo Cantikitu Luka (2002), prende subito posto tra i maggiori protagonisti della nuova scena letteraria in Indonesia, un Paese che sta rinascendo dopo decenni di una dittatura repressiva, conclusa nel 1998. L’uomo tigre è in corso di pubblicazione anche in Francia (Sabine Wespieser) e in Inghilterra (Verso Books).