Intervista a M.J. Arlidge

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Foto di Cecilia Lavopa

M.J. Arlidge è uno scrittore inglese, al suo secondo romanzo con la casa editrice Corbaccio, dopo aver pubblicato «Questa volta tocca a te», avente come protagonista l’ispettore di polizia di Southampton Helen Grace e considerato un caso editoriale venduto in ventidue paesi.
E’ uscito da poco «Nessuno escluso», nel quale una prostituta uccide i suoi clienti dopo averli rapiti, estrae loro gli organi interni e li spedisce a casa dei familiari, mettendoli di fronte al fatto che gli uomini hanno sempre un lato oscuro..
Arlidge lavora in televisione da oltre quindici anni ed è specializzato nella produzione di serie di alto livello. Negli ultimi cinque anni ha prodotto numerosi crime-serials per network inglesi e americani, fra cui «Torn», «The Little House», e «Undeniable». Attualmente sta lavorando alla serie «Silent Witness».
Abbiamo avuto l’occasione di incontrarlo in Corbaccio, che ha organizzato un’intervista collettiva con alcuni blogger, tra i quali anche noi di Contorni di noir.
Buona lettura!

1. La parte femminile in questo romanzo è molto potente, molto forte, sia tra i buoni che tra i cattivi. Il personaggio dell’agente investigativo Helen Grace è molto tormentato, con un passato turbolento alle spalle. Com’è per lo scrittore maschio dare vita a un protagonista femminile? Inoltre, anche la parte cattiva e crudele è rappresentata da una donna e, pur non avendo letto il primo romanzo, anche in quel caso c’era il cattivo femmina. C’è una certa fascinazione, un’attenzione particolare alla crudeltà femminile? Trovi che ci sia qualcosa di diverso?
M.J.: Vero, sia il primo che il secondo libro parlano di una killer al femminile. Le ragioni per cui ho scelto un personaggio femminile è perchè trovo più interessanti e complessi i personaggi femminili, oltre al fatto che nella letteratura si sceglie molto più facilmente criminali uomini, io volevo cambiare questa convenzione. Inoltre, molti di noi cercano di comprendere le ragioni per cui alcune persone entrino nel mondo dell’illegale, della trasgressione e quando questo è perpetrato da una donna, in teoria un essere amorevole e affettuoso, è ancora più affascinante.

2. I titoli dei due romanzi tradotti in Italia sono stati Eeny Meeny e Pop goes the Weasel, quindi hai scelto due filastrocche, che sembrano essere in netta contraddizione con la trama dei romanzi, molto truce e violenta. Ci spieghi il motivo di questa scelta?
M.J.: Innanzitutto si otteneva un effetto molto sinistro associare la storia di un serial killer così cupo e tenebroso a una filastrocca per bambini. In realtà, se andiamo ad ascoltarle bene, i contenuti delle filastrocche sono piuttosto sgradevoli e tetre. Per esempio, Eeny Meeny è stato tradotto in tedesco, in polacco. E troviamo spesso la parola “morte”, piuttosto suggestivo. E’ una storia che i bambini usano per fare la conta. Anche Pop goes the Weasel è molto comune in Inghilterra e in tutto il tema della filastrocca è contenuto il tema della morte.

3. Hai creato una società di produzione specializzata in crime serial. Quali le differenze tra l’uso delle immagini e delle parole e quali sono i limiti di uno rispetto all’altro? Immagino che sceneggiare un film facendo vedere un torace aperto e un cuore strappato non sia facile da riprodurre..cosa ne pensi?
M.J.: Sono due strumenti molto diversi che condividono alcuni particolari: entrambi hanno bisogno di un buon personaggio e di un’ottima storia. La ragione per cui a me piace il romanzo è che lo trovo più facile da manipolare, compresa l’esperienza finale del lettore. Nel libro puoi essere meno preciso, tipo una figura che attraversa la strada non hai bisogno di descriverla.
Peraltro, un film in genere lo vedi con la tua famiglia, con gli amici ecc., mentre l’esperienza del libro è solitaria, sei solo tu e lui. E tu, attraverso le parole, riesci a immaginarti il teatro della trama che stai leggendo. Per esempio, Helen Grace può essere mille persone diverse. Questa è la caratteristica dei romanzi ed è il motivo per cui continueranno a prosperare.

4. Come ti è venuta l’idea del rapporto tra Helen Grace e Jake, il Master da cui l’ispettrice va con una certa frequenza per farsi punire masochisticamente?
M.J.: Quando ho iniziato a creare il personaggio di Helen nel primo romanzo, il problema è che mi piacciono da morire i personaggi cattivi (tipo Hannibal Lecter) mentre i buoni mi sembrano tutti noiosi..Tutti amiamo Dark Fener, ma poi Luke Sky Walker è noiosissimo! Poi mi sono imbattuto nel romanzo di Stieg Larsson, nel quale Lisbeth Sander è un personaggio incredibilmente interessante, più dell’assassino a cui dava la caccia. Pertanto, nella stesura del mio libro, il fantasma di Lisbeth incombe su Helen Grace. Certo parliamo di figure diverse: Helen è più grande di età, disfunzionale emotivamente, con problemi psicologici diversi rispetto a Lisbeth.In più, in quasi tutti i libri ci sono poliziotti buoni spesso con problemi di alcool.. Io volevo evitare questo cliché – infatti Helen non beve – e il suo utilizzo del dolore è un modo per aiutarla a controllare il suo problema.

5. I tuoi personaggi hanno sempre un lato positivo e negativo, cioè variano spesso. Lo fai per essere maggiormente aderente alla realtà, oppure semplicemente ti stanchi di creare dei personaggi che siano troppo perfetti?
M.J.: Entrambi. E’ anche vero che mi piacciono quei ruoli in cui nessuno è completamente innocente. Una delle mie scrittrici preferite è Patricia Highsmith la quale, in un suo romanzo racconta di una donna che si innamora del suo stalker. Nei libri della scrittrice tutti hanno una maschera e un peccato da espiare. Secondo me nella vita reale è così, quindi mi piace descrivere questi mondi in cui c’è un lato oscuro.

6. Un aspetto che ho particolarmente gradito è, al di là della storia romanzata, il tuo entrare a scandagliare le problematiche sociali. Una di queste, la feroce critica al giornalismo, incarnato nel romanzo da Emilia, che travalica il confine morale e soprattutto entra a piè di pari nella vita dei sopravvissuti. Qual è il tuo parere sull’argomento?
M.J.: Quando ho cominciato a scrivere questi romanzi, in Gran Bretagna vi furono nello stesso periodo molti scandali legati al giornalismo. In particolare, un caso molto famoso fu quello che coinvolse Murdoch e il suo giornale, News of the World, in cui un giornalista aveva intercettato dei messaggi telefonici dei familiari di una ragazza rapita e poi uccisa da un serial killer. Fu uno scandalo enorme, tanto che il giornale fu costretto a chiudere. Detto questo, però, Emilia è un personaggio che mi piace, è una donna che non si ferma mai, forte e senza limiti. E’ verissimo comunque che alcuni giornalisti travalicano i confini..

7. Dai tuoi romanzi si deduce che è sempre più difficile costruire legami significativi, mentre anche attraverso i social network sembra facilissimo avere rapporti a pagamento. Cosa ne pensi?
M.J.: Oggi ci sono tantissimi modi per restare collegati eppure, mai come oggi, la gente è sempre più sola, sembra una contraddizione ma è così. La vita è più transitoria, cambiamo facilmente e per molti di noi diventa più difficile creare un legame con gli altri, lo noto soprattutto tra i giovani. Ho letto poco fa un articolo interessante su un caso di autolesionismo di una ragazza e la madre, portandola dallo psicologo, ha scoperto che la figlia aveva dichiarato che, se avesse potuto, avrebbe distrutto Facebook.

8. Nel romanzo precedente il serial killer era qualcuno di inimmaginabile, così come in questo romanzo le vittime sono insospettabili. Uomini rispettabili, padri di famiglia, impegnati nel sociale. Quanto ti piace contare sull’effetto sorpresa nei tuoi romanzi? Pensi che il male si annidi più facilmente in contesti che la mente scarterebbe aprioristicamente?
M.J.: Non tutti sono buoni o cattivi, siamo un misto di bene e male. Persone rispettabili hanno in realtà dei profondi segreti. Ma anche la persona più trasgressiva può avere un lato umano.
Helen Grace alla fine riesce a cogliere delle briciole di umanità anche nelle persone peggiori. D’altronde, uno non nasce cattivo, lo diventa per le esperienze che lo hanno accompagnato nella vita. Credo tanto nel concetto che diventi quello che sei per come cresci, non per come nasci.

9. Il doppio ruolo che svolgi nelle produzioni televisive e scrittura, quanto interagiscono tra di loro? O sono separate?
M.J.: In effetti ci sono tante somiglianze fra le due professioni. Io scrivo solo gialli sia per la televisione che per i romanzi. Lo show nel quale lavoro si chiama Silent Witness e per scrivere la sceneggiatura ci serviamo di tanti esperti di medicina forense ecc. che mi aiutano ad acquisire conoscenze per la stesura dei miei romanzi. Il mio metodo di scrittura è stato definito come “sceneggiatura in prosa”, dal ritmo incalzante, dialoghi tipici ed ecco perché forse il mio stile è più adatto a quello americano rispetto a quello inglese.

10. Ho letto che parti dalla fine per scrivere un romanzo. Ce ne vuoi parlare?
M.J.: La cosa che più mi secca è quando si legge un libro magari di 500 pagine per arrivare a un finale deludente. Molti romanzieri partono da una buona idea, ma è solo l’inizio della storia. Allora io parto all’inverso, dalla fine del libro e ho già idea di come finirà. Parto da un lavoro di pianificazione, so esattamente cosa succederà in ogni capitolo del libro. Mi piace avere una sorta di road map, un piano di volo, devo sapere come procede la storia. Poi posso anche deviare, ma alla fine i miei finali non sono deludenti.

11. Mi è piaciuta molto l’idea che uno scrittore al maschile abbia descritto nei suoi romanzi tanti personaggi femminili. Hai avuto riscontro dalle lettrici donne in merito all’aspetto psicologico delle donne descritte, si ritrovano in qualche modo?
M.J.: Il complimento più bello che ricevo è quando qualcuno pensa che io sia una donna. Il dubbio nasce dal fatto che siano state utilizzate le iniziali (M.J. = Matthew James) per non svelare la mia identità di uomo. E quando vado a vedere le recensioni di Amazon, parlano di me come fossi una donna. E noi non interveniamo..Vuol dire che ho colto lo spirito femminile e mi piace molto!

12. Cosa ne pensi dei lettori di oggi? Attenti, selettivi, onnivori o svogliati? In Italia si legge ancora poco, non so come sia in Inghilterra..
M.J.: In Inghilterra si legge tantissimo. Helen Grace è molto popolare e amata da un pubblico giovane, i teen-ager apprezzano i miei romanzi perchè non seguono i cliché tipici. Non amo molto i social media, ma ho creato un account Twitter nel quale l’80% dei messaggi che ricevo è di giovani lettrici. Il problema che abbiamo nel Regno Unito è che non ci sono librerie, Amazon ha assorbito tutto il mercato, purtroppo.

13. Attorno a questo tavolo ci sono solo due uomini, tutto il resto è composto da donne. Perchè secondo te sono molto di più le lettrici al femminile?
M.J.: Alla Penguin ci sono solo due uomini, il resto è composto tutto da donne. In genere nel mondo dell’editoria è composto da donne e quasi mai da uomini. Non so quale sia la ragione..
Sono comunque certo che non capiti mai che una donna dica di non aver mai letto un libro, invece un uomo quasi si inorgoglisce ad affermarlo!

14.  Quanti romanzi saranno pubblicati aventi come protagonista Helen Grace?
M.J.: Ho già in programma di pubblicarne sette con la Penguin, ma visto che il personaggio piace molto, non è detto che non possano essere di più..Vedremo!

Grazie all’autore della disponibilità e attendiamo di leggere ancora di Helen Grace!