Intervista a Paolo Regina

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Paolo Regina, avvocato, ha insegnato discipline economiche alla facoltà di Lettere dell’Università di Ferrara, città dove vive. È anche docente di comunicazione e public speaking in corsi per manager e imprenditori. Ha pubblicato con SEM Libri il romanzo Morte di un antiquario (2018) e lo abbiamo intervistato:

1. Benvenuto sul nostro blog, Paolo. Vuoi raccontarci qualcosa di te, del tuo background?
P.: Potrei definirmi un eclettico. Sono stato un musicista, docente universitario, avvocato, consulente di marketing e comunicazione e direttore generale di una grossa organizzazione di categoria. E, naturalmente, da sempre mi piace scrivere. Racconti, poesie, romanzi…

2. E’ uscito per SEM Libri “Morte di un antiquario”, con Gaetano De Nittis, Capitano della Guardia di Finanza. Qual è stata la scintilla e come è nato il protagonista del tuo libro?
P.: Era da tempo che il personaggio di De Nittis, un capitano della finanza “sui generis”, mi girava per la testa. Volevo scrivere di un uomo che la vita ha portato a fare quel mestiere, ma che è lontanissimo dall’essere un super eroe. Un uomo come tanti, con una storia familiare un po’ complicata alle spalle, sciupafemmine, pieno di idiosincrasie e difetti, ma dotato di grande umanità e capacità di introspezione psicologica, proprio a causa dei suoi trascorsi difficili. Volevo parlare di un pugliese che il lavoro porta a vivere al Nord, a Ferrara per la precisione, e accostare le due mentalità, quella meridionale e quella emiliana, per trarne spunti anche divertenti. Insomma, uno di noi, un personaggio con luci ed ombre e le caratteristiche per diventare “seriale”. E lo spunto è nato dalla mia esperienza diretta, essendo io stesso un pugliese trapiantato al Nord…

3. Personaggio vero e proprio della storia è la città di Ferrara, dove De Nittis vive e lavora, così diversa dalla sua terra d’origine, la Puglia. Come riesce ad ambientarsi il capitano, passato dal sole alla nebbia?
P.: A dire il vero non si ambienta affatto. “Fa finta”. Cerca di mimetizzarsi mandando agli “indigeni” segnali tranquillizzanti e di integrazione. In realtà, a cominciare dal cibo – vedi i cappellacci di zucca – ci sono diverse cose che non condivide della loro mentalità. E poi gli mancano l’intensità e la varietà dei colori della sua terra, la schiettezza delle persone, il suo mare… Ma De Nittis ha un pregio, quello di voler comunque comprendere i luoghi e le persone che incontra nel suo lavoro. Lui entra nel cuore delle situazioni e si cala nella forma mentis degli interlocutori. Cerca di stare meno possibile in ambienti “asettici” come il suo ufficio. Scende invece in strada, sente gli odori, i sapori, si immerge nell’atmosfera del luogo. Parla con la gente, il pizzicagnolo, il meccanico del suo Vespone…
E poi c’è la Ferrara nascosta, quella del potere, che De Nittis si trova ad affrontare. Una città chiusa dalle sue mura, reali e immaginarie, che uniscono ed escludono. Una città in cui c’è sempre una doppia chiave di lettura nelle cose e in cui l’apparenza da salvaguardare ad ogni costo è lo strato superficiale di relazioni molto più complesse e torbide. Ed è in questo ambiente “paludoso” che De Nittis si trova ad indagare. Ma deve sempre usare quella che a Ferrara è una parola d’ordine per tutto: la “prudenza”.

4. Ci dici che tra le parole d’ordine a Ferrara ci sono sia “prudenza” che “apparenza”, sia nella vita privata che sul lavoro, sia nei rapporti individuali che nei circoli. Ci spieghi il motivo?
P.: A Ferrara, come in molte città della provincia italiana, l’apparenza, la “rispettabilità” sono il filo invisibile che avvolge, frena e rende opachi i comportamenti delle persone, specie in certi ambienti “altolocati”. La gente difficilmente dice quello che pensa e i ceti e i circoli sociali sono impermeabili a qualunque tentativo di ingresso dall’esterno. lo straniero è gradito finché rimane un turista, viene considerato “di troppo” se diventa stanziale L’amico giornalista di De Nittis, Bonfatti, gli spiega, con un’espressione un po’ colorita, che a Ferrara si riescono a nascondere anche “i soldi dei poveri e le palle dei cani”, cose in genere molto visibili. Figuriamoci con quale disagio viene vissuta questa mentalità da De Nittis, uomo del Sud abituato ad un altro approccio alle relazioni umane.

5. Remigio Gherardi, superiore di De Nittis, con la sua correttezza e il senso dell’umorismo a tratti davvero tagliente, mi ha conquistata. Originario di terra di maremma, com’è nato nella tua fantasia? O conserva i tratti di qualcuno che è reale?
P.: Il pirotecnico colonnello Gherardi è un puro prodotto della mia fantasia, nato però dall’osservazione della realtà. Ho avuto la fortuna di vivere cinque anni in Maremma e la ruvidità, il senso dell’umorismo un po’ crudele e la schiettezza di quella gente mi sono rimasti nel cuore. Ho così pensato di caratterizzare il “capo” di De Nittis, conferendogli le caratteristiche del “maremmano DOC”. Un omone di due metri, dalla voce stentorea, la battuta pronta e fulminante, ma molto attento e capace sul lavoro. Nel romanzo è un po’ il “moderatore” di qualche intemperanza procedurale di De Nittis, ma anche suo sostenitore quando si tratterà di far valere le ragioni della giustizia.

6. Bonfatti, il giornalista che affianca il Capitano in maniera ufficiosa nelle indagini, è così diverso da De Nittis. Come spieghi questa sintonia pur essendo due caratteri opposti e particolari?
P.: Gianni Bonfatti è il “Virgilio” del nostro protagonista. E’ lui che gli spiega la complessità della società ferrarese, raccoglie le informazioni utili alle indagini, riferisce i pettegolezzi. Un cronista “bene informato”, cinico, a tratti disilluso e amaro. In effetti molto diverso da De Nittis, solare ed idealista. Ma c’è qualcosa che li accomuna e che rafforza l’amicizia e la stima che nutrono l’uno per l’altro: entrambi, in fondo, sono persone sole, non perfettamente integrate nell’ambiente in cui vivono. Bonfatti, che sa tutto di tutti, non si accorge ad esempio di alcuni problemi “domestici” che gli si stanno sviluppando sotto gli occhi!

7. Rosa, il personaggio femminile di questo romanzo, depositaria di dolori passati ma anche di una crescente voglia di riscatto e di tornare a sorridere. Com’è approdata all’interno della storia?
P.: Rosa è uno dei personaggi cui sono più legato. E’ una ragazza siciliana, di Noto. Una giovane insegnante di lettere trasferitasi per lavoro a Ferrara. Una girandola di colori mediterranei che da subito incanta De Nittis, in genere refrattario al coinvolgimento emotivo con l’altro sesso. E’ bella, ha un sorriso luminoso e una risata contagiosa. Ma non è solo questo che attira il nostro capitano. In una città che trasuda ipocrisia e “prudenza”, una persona diretta, sincera, e piena di vita come Rosa è un balsamo per il cuore di De Nittis. Un balsamo che lo cattura in modo “multisensoriale” con il suono delle parole, con gli sguardi e con il suo profumo: fragole e more. Forse gelsi rossi…

8. De Nittis, oltre a lavorare, ha un sacco di passioni: la musica, il buon cibo e le donne. Magari non in quest’ordine d’importanza, o sì? Ce ne vuoi parlare? P.: De Nittis, da buon pugliese, è un po’ “levantino”. Ha il cervello fino e una capacità di analisi psicologica molto acuta. Ma è anche molto “fisico”. E’ un bel ragazzo di 34 anni che ama la cucina della sua terra e le donne. Ma, a suo dire, è afflitto dalla “sindrome della botola”. La sua incapacità di portare avanti relazioni serie gli fa infatti desiderare, dopo un po’ che frequenta una ragazza, di avere a portata di mano un pulsante che la faccia sprofondare al centro della terra. Per lui ogni ragazza è un rebus, ma, una volta trovata la soluzione, si deve passare subito all’enigma successivo.
De Nittis ama la Donna come archetipo, ma non riesce ad amarne nessuna in concreto. Finché non arriva Rosa e tutto sembra cambiare. Tra i due si sviluppa un rapporto molto particolare, basato su affinità e piccole sfide. Anche la ragazza ha un passato problematico e un carattere non facile. E’ una bella lotta. Il lettore scoprirà come andrà a finire… E poi c’è la musica, ragione di vita per De Nittis. Lui adora B.B. King e, tra i pochi effetti personali che porta sempre con sè nei suoi continui spostamenti,  ci sono una chitarra Gibson semiacustica nera, come la “Lucille” del grande bluesman, e un vecchio stereo Brionvega che apparteneva al padre, su cui ascolta i suoi preziosi vinili.
Quanto al cibo, De Nittis è molto tradizionalista. Ama i piatti della sua terra, la Puglia, e guarda con una certa diffidenza l’agrodolce estense, specie i cappellacci di zucca. Ma poi, in nome della prudenza e dell’inserimento sociale, se li fa andar bene. Ma che sforzo!

9. Com’è stato entrare nel mondo dell’arte per ambientarci questa storia? Sono sempre stato un appassionato di arte medioevale e rinascimentale e Ferrara è, per questi tesori, uno scrigno prezioso. Un’esperienza unica per chi si avvicina alla materia. Nel romanzo, l’antiquario del titolo è un famoso collezionista di capolavori “proibiti” e custodisce i segreti di una ricca borghesia, avida e corrotta. Mi è sembrato, anche se toccato in modo “leggero”, che l’argomento potesse appassionare il lettore e invogliarlo a visitare una delle più belle città d’Europa.

10. “Ma per fortuna ci sono anche gli imprevisti, le cose che ti arrivano addosso e incrinano le tue certezze.” Quali sono gli imprevisti o le cose che sono riusciti ad incrinare le tue certezze?
P.: Una cosa non prevista, ma molto piacevole, è stata l’accoglienza che i lettori stanno riservando al romanzo. Ricevo quotidianamente attestati di apprezzamento che, a volte, mi commuovono. Devo poi constatare, con un pizzico di invidia, che il capitano De Nittis, anche come personaggio letterario, ha un gran successo con le donne!

11. “Ci sono parentesi che, a volte, pensiamo siano chiuse. Forse non possono esserlo del tutto, purtroppo. O per fortuna.” Ci possiamo aspettare un secondo romanzo con protagonista Gaetano De Nittis?
P.: Ce lo possiamo aspettare. E ci stiamo già lavorando!

Intervista a cura di Federica Politi