Ian Manook – Mato grosso in blogtour. Recensione in anteprima

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Editore Fazi / Collana Darkside
Anno 2018
Genere Thriller
360 pagine – brossura e ebook
Traduzione di Maurizio Ferrara
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Dopo il grande successo incontrato grazie alla trilogia ambientata in Mongolia con protagonista Yeruldelgger, Ian Manook ritorna sugli scaffali delle nostre librerie con questo “Mato Grosso”. Uno scrittore francese che si firma con lo pseudonimo di Jacques Haret (nome che ricorda il jacaré, il temibile caimano brasiliano, e allo stesso tempo il termine francese “haret”, che indica un gatto domestico divenuto selvatico) torna in Brasile dopo trent’anni di assenza, invitato da un’associazione a presentare il suo “Un romanzo brasiliano”, ambientato nel sud del Brasile. La storia di un uomo che ha commesso un omicidio per amore ed è poi fuggito dal Paese. Haret viene accompagnato a Petrópolis, la città nella quale il suo amato Stefan Zweig si è tolto la vita insieme all’amata Lotte; viene anzi alloggiato proprio nella casa nella quale l’autore austriaco è morto. Giunto lì, scopre che chi l’ha invitato è un certo Figueiras, un ex poliziotto ora invalido che Haret aveva conosciuto durante il suo primo soggiorno in Brasile, nel Mato Grosso dove è ambientato il romanzo.

Figueiras sa che il libro del francese, narrato completamente in prima persona, non è che una cronaca – estremamente soggettiva – di fatti reali, con i nomi alterati in maniera simbolica. Per esempio, Figueiras stesso è raffigurato con il nome di Santana, evidentemente a rappresentare Satana, il “grande nemico” del protagonista. C’è anche una donna francese, l’angelica Angèle nel romanzo e Blanche nella realtà, che è stata l’amante del narratore (e quindi dell’uomo che si fa chiamare Jacques Haret) e che poi ha sposato Figueiras, finendo per suicidarsi subito dopo aver letto il romanzo. Puntandogli una pistola alla schiena, l’ex poliziotto costringe lo scrittore a leggere ad alta voce il suo libro.

Il romanzo di Manook si sviluppa quindi lungo due trame parallele: quello che succede nella realtà di Haret e Figueiras e i fatti di “Un romanzo brasiliano”, che leggiamo nella sua interezza insieme a loro. A tratti, questa lettura è interrotta da Figueiras che accusa lo scrittore di aver mentito, o che lo confronta riguardo ad alcuni passaggi del libro.
Manook ci presenta quindi una struttura non del tutto inedita ma certamente molto rara da incontrare, quella del “romanzo dentro al romanzo”. Mentre la narrazione della parte ambientata nel presente è spesso aspra, dura, anche violenta (nelle parole più che nei fatti), il romanzo che il protagonista legge ad alta voce contiene numerosi passaggi sognanti, con l’autore che si abbandona a descrizioni quasi oniriche dei paesaggi o delle persone che incontra, sbiaditi forse dai trent’anni passati. O forse, se vogliamo credere alla versione di Figueiras, dal fatto che l’uomo che si fa chiamare Jacques Haret ha reinterpretato la realtà al fine di presentare se stesso come una persona che forse ha sbagliato ma che l’ha fatto in buona fede, mentre invece, secondo l’ex poliziotto, si era comportato in maniera subdola e spesso crudele per raggiungere obiettivi gretti ed egoisti.

Mato Grosso” è un libro che cattura. Anzi, due libri che catturano. Da un lato, il lettore si trova invischiato nel thriller dell’incontro tra Figueiras e l’autore, denso di voglia di vendetta e promesse di morte; d’altra parte, “Un romanzo brasiliano” ha sì diversi elementi che richiamano ai thriller più classici, in cui sappiamo dell’omicidio ma ignoriamo cosa l’abbia causato e come si arriverà alla soluzione finale della vicenda, ma soprattutto ci perdiamo nell’edonismo mascherato da cultura del protagonista e narratore, nelle sue leziosità, nella sua boria. A questo riguardo, si vede il genio di Manook (ottimamente coadiuvato da una traduzione magistrale a opera di Maurizio Ferrara): ci rende insopportabile il protagonista di “Un romanzo brasiliano” pur presentandocelo in un testo nel quale non si fa che decantare le sue virtù. E non è un “miles gloriosus”: è un uomo tanto convinto di essere una brava persona che riesce a convincerne anche altri. Ma non tutti. Certo, in questo ci aiutano anche i commenti pungenti di Figueiras nel “mondo reale”, e le giustificazioni che cerca di accampare l’uomo che si fa chiamare Jacques Haret.

Devo confessare che la lettura della prima cinquantina di pagine di “Un romanzo brasiliano” mi è stata un po’ ostica (mentre ho trovato i passaggi ambientati nel presente scorrevolissimi dall’inizio), ma ben presto il ritmo delle due narrazioni parallele si lascia prendere, e “Mato Grosso” è un romanzo che non solo si lascia leggere con gran piacere ma addirittura un libro che cattura fino all’ultima pagina. L’elemento thriller e noir è presente, come ho menzionato più sopra, ma non domina su questa storia complessa, intricata, avvincente. Lettura consigliata a tutti.

Marco A. Piva

Qui le altre tappe del blogtour:

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Lo scrittore:
Ian Manook è giornalista, editore e romanziere, vive a Parigi. Ha esordito con Yeruldelgger, Morte nella steppa, pubblicato da Fazi Editore nel 2016, primo capitolo di una trilogia al quale seguono Yeruldelgger, Tempi selvaggi eYeruldelgger, La morte nomade. Pluripremiato e adorato dai lettori e dalla critica, Yeruldelgger è un vero e proprio fenomeno.