Giallo di sera a Ortona. Due domande due a…

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Continuiamo con la carrellata di domande agli autori che saranno presenti alla prima edizione del festival Giallo di sera a Ortona, che si terrà dal 21 al 23 giugno 2019 nella splendida Piazza del Teatro Tosti, Ortona (CH) con la direzione artistica di Romano De Marco.
Dopo avervi proposto Romano De Marco, Marilù Oliva, Maurizio de Giovanni, Antonio Manzini, Mirko Zilahy Piergiorgio Pulixi, andiamo avanti con Matteo Strukul e Marcello Simoni:

 

Matteo Strukul
1) Ricordiamo ai lettori, che sul blog possono trovare la recensione del tuo ultimo romanzo “Inquisizione Michelangelo” a corredo della preziosa intervista che ci hai concesso durante il festival del giallo di Pistoia 2019. Possiamo dire che dopo un inizio diverso, creativamente parlando, ormai il genere all’interno del quale ti muovi, è quello del romanzo storico. Siamo passati dai Medici, a Casanova per finire a Michelangelo, in attesa di una nuova storia. Quale tra questi ti è piaciuto di più scrivere e perché?
M.: Sono storie diverse scritte in momenti diversi. I Medici è stato esaltante perché per la prima volta affrontavo una saga gigantesca peraltro in un territorio non esplorato dai romanzieri Italiani: la dinastia medicea nei personaggi di Cosimo il Vecchio, Lorenzo il Magnifico, Caterina e Maria de’ Medici, entrambe regine di Francia. È stata una sfida formidabile che posso dire di aver vinto. Ho scritto Casanova con il sorriso: il mio sfrenato amore per Venezia, il Veneto, la terra che amo più di tutte perché ne sono figlio. Michelangelo invece mi ha fatto paura per tutta la durata del romanzo perché parliamo di un artista sovrumano… però non c’è un romanzo che ho preferito scrivere. Sono tappe diverse di un’avventura magnifica.

2) Per Feltrinelli invece stai seguendo il progetto di una trilogia a fumetti che ha come protagonista Vlad, l’impalatore. Il primo volume è già disponibile in libreria da qualche mese, puoi raccontarci qualcosa delle prossime uscite, l’ultima della quale se non ricordo male sarà in contemporanea con Lucca Comics and Games 2019?
M.: Be’ avevo un sogno: scrivere la storia di Vlad Tepes, l’uomo dietro la leggenda. Prima di Dracula, dei vampiri, dell’invenzione letteraria. Solo la Storia. L’Uomo. La Valacchia e la Transilvania del quindicesimo secolo, una versione dark del Rinascimento che, grazie agli studenti transilvani e ungheresi giunti all’Università di Padova, era arrivato anche lì. Ma in un modo del tutto diverso. Quindi, paradossalmente, c’è una forte continuità con gli altri miei lavori. Volevo però una storia di amore e sangue, passione, lotta, volevo un dramma alla Schiller e la Storia me ne dava uno perfetto e del resto lo stesso Schiller ha dedicato alcuni dei suoi lavori migliori a personaggi realmente esistiti: Maria Stuarda, Wallenstein, Guglielmo Tell. Non è un paragone, sia chiaro, sarei un pazzo, piuttosto un preciso riferimento letterario, teatrale, di narrativa romantica. Ecco, Vlad è stato, nel suo nerissimo cammino un romantico, anche. Volevo proporre una prospettiva diversa: quella di un uomo che difende la propria terra, il proprio amore segreto, i figli del suo popolo. È un ribelle e un uomo dannato dalle sue azioni, compiute per proteggere la sua gente dall’invasione del più grande impero del mondo, quello ottomano. Non un pazzo sanguinario e basta.
Credo che la trilogia a fumetti realizzata con Andrea Mutti e Vlad Popov vada letta in questa direzione e per questo spero possa trovare tante estimatrici ed estimatori. Il 27 giugno esce “Neve e Fuoco”, il secondo albo e, per fine ottobre a Lucca, “Il tempo del sacrificio” che conclude il trittico. Spero che i miei lettori vogliano provare un linguaggio diverso come quello del fumetto anche per ammirare lo strepitoso lavoro di Andrea Mutti sulle tavole, che è una nostra gloria nazionale e che ha lavorato con Marvel, DC, Dark Horse, Bonelli, Castermann e tantissimi altri grandi editori stranieri di fumetti. Secondo me lui è uno dei tre più grandi disegnatori italiani della mia generazione.

 

 

Marcello Simoni
1) Nel tuo ultimo romanzo troviamo la Milano manzoniana del ‘600. Quanto è stato difficile ricreare queste atmosfere e queste ambientazioni e quanto è stato difficile “superare” in qualche modo l’idiosincrasia per il romanzo storico che ci impongono a scuola e dare vita invece a qualcosa di assolutamente appassionante?
M.: La principale difficoltà è quella di saper bilanciare le informazioni storiche con le componenti narrative del romanzo che stai scrivendo. Il romanzo storico che ci impongono a scuola, come lo definisci tu – e che ancora vorrebbero certi critici – presuppone un approccio più pesante con le nozioni documentarie, che dovrebbero presentarsi nel corso della lettura-scrittura sotto forma di “micro saggi” destinati a chiarirci le idee su come andava il mondo a quell’epoca. Io prediligo un approccio più delicato, costruendo un gioco di prestigio che, servendosi della trama, ci fa scivolare un po’ per volta nel mondo del Medioevo o dell’età Barocca, senza appesantire la scrittura, senza farmi passare per saccente. Le nozioni ci sono, ovviamente (come le troviamo in un qualsiasi romanzo), ma le si scorgono appena e quasi passano inosservate, nonostante siano frutto di mesi di ricerca. Il segreto è dare sempre la precedenza alle vicende umane.

2) Girolamo Svampa è un personaggio complicato e affascinante. Uno che non si lascia spaventare facilmente, uno più che determinato nel suo lavoro, eppure, allo stesso tempo un uomo con tante fragilità e tante mancanze. A chi ti sei ispirato per crearlo e soprattutto perché nel corso del tempo e dei tuoi romanzi lo hai fatto cambiare e in un certo senso evolvere?
M.: Ogni personaggio che si rispetti – letterario e non – si deve evolvere. Romanzo dopo romanzo, lo Svampa ha accumulato un bagaglio di esperienze e di emozioni che l’hanno fatto riflettere sul suo passato, sul suo desiderio di vendetta e sulla sua condizione di inquisitore domenicano. Credo che questo processo interiore lo renda più autentico, più “umano”. Per quel che riguarda i modelli letterari, il discorso è più complicato. Benché la narrativa pulluli di figure inquisitoriali – in primis Giglielmo da Baskerville e l’Eymerich di Valerio Evangelisti -, il “mio” inquisitore si muove su binari diversi, essenzialmente perché, prima di essere un religioso, è un uomo in carne e ossa. Con le sue fragilità, per l’appunto, e con un disturbo della personalità che lo avvicina leggermente ai problemi dello spettro autistico, lo Svampa si sposta a poco a poco lungo una trama orizzontale che lo porrà sempre più in conflitto con Madre Chiesa.

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Domande a cura di Federica Politi e Antonia Del Sambro