Di Noir aveva davvero sperato nel blocco totale di tutto, senza alcuna deroga o altro. Ci aveva sperato fino all’ultimo perché sarebbe stato il primo Natale in assoluto nel quale non avrebbe dovuto fare regali. E invece no.
“Ci troviamo il 20 così possiamo vederci” – gli aveva scritto su Whattsapp sua sorella – “Ti mando il messaggio con il tuo numero, così evitiamo l’assembramento.” aveva aggiunto. Sì, sua sorella si era inventata la cosa del “numeretto” (termine che lui odiava già come tutti gli “etto” o “ino” inappropriati) per gestire la cena di Natale anticipata.
Oddio, l’idea di per sé non era sbagliata: erano quattro fratelli di cui tutti sposati, tranne lui, e con tre figli ciascuno. Un circolo Arci praticamente. Così, il suo inveterato odio per la ricorrenza in rosso e verde gli si era riverberato contro ed ora, mesto e animoso, strusciava i piedi lungo i portici del centro, dotato di mascherina d’ordinanza, gel lavamani-antisettico-antitifico e antidifterico e guanti in lattice. Nessuno gli toglieva dalla mente che sarebbe stato molto più semplice non lavarsi per un paio di settimane: et voilà il distanziamento sociale.
Mentre procedeva con la stessa andatura di chi si sta muovendo su un campo minato e cercava di prefigurarsi cosa avrebbe potuto acquistare, iniziò a rimestare e a ragionare su quello che era accaduto fino ad allora in quell’anno, un anno che era praticamente finito a febbraio, per quanto lo riguardava. Nessuno l’aveva contattato per indagini, nemmeno le più scontate. Per fronteggiare la situazione tutti si erano affidati alle parole di vari ministeri, che più che ministeri erano parsi misteri visto che capire cosa facessero e perché lo facessero in quel modo era pressoché impossibile. Si ricordò del suo parroco, che riusciva a riconoscerlo sempre anche se lui in chiesa aveva smesso d’andarci a dieci anni e che ogni volta gli ripeteva: “Di fronte a Dio gli uomini sono tutti uguali”. Visto com’erano andati gli ultimi tempi Di Noir era certo di non trovarsi di fronte a Dio, ma di fianco o spesso e volentieri di dietro.
Tralasciando queste elucubrazioni e il tristume che si portavano appresso appiccicoso come l’odore di cavolfiore quando lo lessi, Di Noir cercò di rilocalizzarsi sul suo compito: l’acquisto dei regali. Rimpianse quell’anno in cui aveva scovato quello strano bazar cinese (1) (era riuscito a trovare tutto quanto in tre minuti scarsi) mentre stava entrando nel centro commerciale di turno. Uno sciabordio di luci e melensa musica di sottofondo impattò con la sua asocialità da concorso con lo stesso fragore di un milione di Swarovski che cadono a terra. Gli sembrò che almeno un paio di persone poco distanti ne avessero avvertito il clangore quando li vide guardarlo alla stregua di Denzel Washington che entra a una cerimonia del Ku Klux Klan. Senza preoccuparsene più di tanto, Di Noir s’incamminò lungo il corridoio principale del primo piano del centro commerciale, cercando di fare mente locale su dove andare e da dove cominciare.
La sorella gli aveva mandato un ennesimo messaggio in cui gli elencava le cose che poteva acquistare. Scorrendo la lista s’avvide di capire meno di metà di quello che gli veniva chiesto e di non sopportare visceralmente l’altra metà. Nessuno che chiedesse libri o matite colorate o giocattoli che non necessitassero di un corso al MIT per poter essere usati. Tutta roba per isolarsi ancora di più, ancor più di quanto non avessero fatto – con alterne fortune – i misteri di cui sopra.
Certo che lui, asociale con diploma e patentino, si sentisse intristito da tutto questo lo fece per un momento trasalire: vuoi scommettere che la maledizione del Natale sta colpendo, con la sua rinomata infallibilità, anche quest’anno? Stai a vedere che adesso la fregatura sarà che a me, Di Noir, inizierà a importarmi qualcosa del Natale? Il pensiero lo terrorizzò.
Nello stesso istante, mentre il suo mesencefalo attraversava il ponte di Varolio nel tentativo di fuggire attraverso il midollo allungato da quella gabbia di matti che era il suo cervello, una voce argentina fece vibrare la sua ipofisi come un diapason: “Ciao, Di Noir. Non mi aspettavo di vederti proprio qui”.
Di Noir si girò di scatto come una nottola che individua una preda e, recuperate le facoltà intellettive, sgranò gli occhi nocciola davanti a un viso che prima di ricordargli un nome gli sventagliò nella memoria olfattiva un inebriante profumo di vaniglia.
“Ciao, Lisa.” – bofonchiò, come qualcuno che ha appena addentato un pachidermico bombolone alla crema – “Che bella sorpresa”. Non mentiva. Lisa era la guardarobiera del Baraccone (2), il ristorante pluristellato dove aveva cenato quattro anni prima. Lisa era una portatrice sana di una coppa E Intimissimi rosso pervinca, con pizzo e ferretto d’ordinanza. Lisa era stata il suo più bel Natale degli ultimi anni: e adesso era lì davanti al lui. “Certo che non mi aspettavo proprio di trovarti qui, caro Di Noir. Da quello che mi ricordavo il Natale è una delle feste peggiori per te”.
Di Noir si sentì come quando la Gobetti lo interrogava in geometria: totalmente impreparato. Gigioneggiando s’impettì e schiarendosi la voce (in certe occasioni il rischio del tono Farinelli era altissimo) rispose: “Sai com’è, ho dei nipoti d’altronde… Ma tu come stai?” Osceno. Non era riuscito a proferire nulla di meno melenso e scontato. Fu lei, del resto come l’altra volta, a rimetterlo sui binari corretti. “Ah, capisco. Bene, grazie. Quest’anno sono sola. Il ristorante è chiuso, i miei stanno a Gabicce e con il lockdown non posso andarli a trovare… Dimmi, ma ti piace ancora la crema alla vaniglia?”
BUM! In un nanosecondo tutto il Natale, le luci, le musiche melense, la lista di sua sorella, i regali: svaniti! Tutto il mondo intorno: svanito! Solo lei e la sua statuaria bellezza. E la crema alla vaniglia.
E allora pensò che il lockdown non era poi così male, mentre con un sorriso beffardo che gli si disegnava sul volto rispose “Eccome! Mai smesso di piacermi”. Piegò il braccio destro e lei vi infilò il suo e lui, gagliardo come un re appena incoronato, uscì dal centro commerciale, felice. Era stato un anno orribile, ma magari, sul finale, poteva riscattarsi.
Michele Finelli
Note:
(1) Dove si trovava il bazar? Scoprilo in questa avventura di Di Noir.
(2) Se volete saperne di più su Lisa, il Baraccone e la crema alla vaniglia, rileggetevi questa avventura di Di Noir
n.d.r.: la copertina è ovviamente falsa, abbiamo voluto giocare sulle bellissime copertine di Mondadori, ma se a qualcuno desse fastidio, basta dircelo e noi la rimuoveremo.