Piergiorgio Pulixi, nato a Cagliari nel 1982, vive a Londra. Ha pubblicato Perdas de Fogu (Edizioni E/O 2008), L’albero dei Microchip (Edizioni Ambiente 2009), Donne a perdere (Edizioni E/O 2010) e la serie poliziesca iniziata con Una brutta storia (Edizioni E/O 2012) e La notte delle pantere (Edizioni E/O 2014).
Lo abbiamo intervistato in occasione dell’uscita del suo romanzo intitolato “Un colpo al cuore“, edito da Rizzoli, per la collana NeroRizzoli:
1. Spesso le menti criminali compiono atti stravaganti, fuori dal comune, e nel romanzo il “cattivo”, asporta i denti. Perché hai scelto proprio questo tipo di azione?
P.: I denti hanno un significato simbolico molto forte. Perdere i denti è un segnale di debolezza e di poca fiducia in se stessi. Volevo “giocare” con un significato simbolico e psicologico molto forte.
Nel romanzo quest’azione assume i contorni di una punizione perché il giustiziere è come se vedesse i criminali che rapisce come delle “belve”, quindi estrae loro i denti per evitare che queste “belve” mordano ancora. Quindi è un modo per delegittimarle del loro potere. L’atto è sicuramente cruento, violento, ma nella mente del Dentista, che ragiona seguendo una precisa simbologia, estrarre i denti ai criminali è la ratio.
2. Quanto è importante la paura per scrivere un noir?
P.: È importante nella misura in cui diventa un’esplorazione. La paura non può essere fine a se stessa. In un noir, parlare e giocare con la paura è importante se si vanno a eviscerare i suoi significati più profondi, le sue radici più profonde.
In questo romanzo ho parlato di una paura un po’ diversa rispetto a quella che si prova per un film horror. Ho affrontato la paura del futuro e del presente, che porta le persone a essere molto sospettose e rancorose: il rancore e l’odio sono sempre dei meccanismi di risposta a una condizione di precarietà e incertezza, alla paura, appunto. In quel momento viene fuori l’animale che è in noi e noi reagiamo con l’aggressività. Quindi ho voluto raccontare soprattutto gli effetti che questa paura ha sulla collettività.
È un romanzo che parla delle masse e di come le masse siano facilmente plagiabili: per plagiare le masse, è necessario giocare sulla paura, fomentarla. Influenzare le persone, dando fuoco alla paura è un ottimo metodo per plagiare, infatti politici lo conoscono molto bene…
3.Istigazione all’odio, senso di giustizia e ingiustizia, vendetta, potere mediatico, mancanza di scrupoli… Riportare questi temi in un romanzo implica un grande lavoro di ricerca e approfondimento. Perché hai sentito il bisogno di parlare di questi temi?
P.: Perché il noir, la letteratura di genere in generale, deve raccontare il proprio tempo, attraversandolo. Questi temi che hai elencato tu (istigazione all’odio, senso di giustizia e ingiustizia, vendetta…) sono temi figli del nostro tempo, quindi raccontare questa realtà senza affrontare queste tematiche, sarebbe stato raccontare una realtà fittizia, illusoria, monca nel migliore dei casi. Sono invece tematiche che fanno parte proprio del nostro dibattito sociale e culturale e quindi se volevo dipingere una Italia, una nazione verosimile era necessario affrontare questi temi.
Il noir ha ancora il potere di analisi sociale. Quindi come genere letterario, il noir ha il potere di analizzare, a livello sociale, come queste tematiche lavorino sull’animo delle persone, su come riescano a plasmare anche dei movimenti di massa. Quindi per me è stato molto interessante raccontare queste tematiche.
4.Per la prima volta descrivi Vito Strega fisicamente ed esteticamente, inoltre in qualche breve passaggio emergono anche le sue fragilità. Come mai hai deciso di mettere a nudo Strega?
P.: Ho deciso di mettere a nudo Strega perché secondo me nessuno ama i personaggi troppo perfetti: la perfezione è irraggiungibile, quindi raccontare dei modelli irraggiungibili non mi permette di far sì che il lettore provi empatia nei confronti del personaggio. Io devo cercare di fare di tutto affinché si stabilisca un rapporto empatico tra lettore e personaggio.
Quindi ho voluto raccontare un Vito Strega più fragile, molto più solo, che sta attraversando un periodo di crisi perché non sa se vuole continuare a fare questo mestiere o se preferirebbe per esempio insegnare dato che è una delle sue tante passioni.
Ho deciso di mostrarlo più fragile perché gli eroi, anche quelli omerici, hanno sempre avuto dei momenti di dubbio e di paura.
Strega è un uomo e da umano anche lui a volte mette in discussione se stesso nella propria vita, nelle proprie scelte.
Quello che vivrà Vito nel romanzo sarà un momento di transizione e il fatto di aver incontrato Mara Rais ed Eva Croce lo aiuterà a superare questo suo momento di fragilità.
5. Rais è il personaggio che suscita maggiore simpatia tra i lettori. Hai mai pensato di scrivere un offtopic con lei?
P.: Non saprei… Non l’ho mai immaginata senza la sua controparte ovvero senza Eva Croce. Per me sono due personaggi complementari, speculari da un certo punto di vista, e non so come sarebbero l’una senza l’altra. Probabilmente se dovessi scegliere per un off topic sceglierei un romanzo solo con Eva Croce con cui forse mi sento più in sintonia. Rais da sola non so quanto possa essere efficace: è sicuramente un bel personaggio, che amo tantissimo, ma un personaggio così istintivo, così brusco, burbero a volte, ha bisogno di una controparte che la bilanci, finora è stata Croce. Forse in futuro potrebbe essere Strega… Chi lo sa!
6. Eva Croce è una gran bella protagonista. È riflessiva, seria, ostinata. In L’Isola delle anime è una donna tormentata e gli strascichi del suo malessere sono presenti anche in Un Colpo al Cuore. Pensi che se riuscisse a trovare la serenità lascerebbe la polizia?
P.: Penso di no. Penso che anche se riuscisse a trovare la serenità, Eva continuerebbe a fare questo mestiere perché in qualche modo, dà un senso alla sua vita, le dà una direzione, un senso, uno scopo.
In questi anni bui che sta attraversando, come forma di autoterapia, Eva ha bisogno di avere un obiettivo forte, ben saldo. Anche se riuscisse a trovare un suo punto di equilibrio, continuerebbe a essere una poliziotta, a fare le sue indagini perché lavorare sui casi, sulle vittime è terapeutico per lei stessa, perché riesce a fare pace con i propri sensi di colpa, con la propria anima. Quindi temo che anche lei , come gli altri personaggi sia destinata a fare questo lavoro ancora a lungo.
7. Il finale di questo romanzo è aperto, dunque è previsto un seguito?
P.: È sicuramente previsto un seguito però non avrà a che fare con l’indagine sul Dentista. Il romanzo è autoconclusivo. Ci saranno degli strascichi per questa indagine ma non se occuperanno più loro. Loro avranno altre rogne da masticare e da affrontare.
Intervista a cura di Luciana Fredella