Nicolas Mathieu – Come una guerra

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Editore Marsilio / Collana Farfalle I Gialli
Anno 2020
Genere Noir
400 pagine – brossura e epub
Traduzione di Margherita Botto


Come una guerra, pubblicato in Francia nel 2014, e portato in Italia da Marsilio a fine 2020, è il romanzo d’esordio di Nicolas Mathieu, autore di talento che con la sua seconda pubblicazione, E i figli dopo di loro, si è aggiudicato il prestigioso premio Goncourt nel 2018.
La critica francese aveva riservato a questa prima opera una buona accoglienza giudicandola degna di entrare “a pieno titolo nel pantheon del noir francese” (Le Point) o esaltando la potenza di un “noir che ritrova i colori” (Le Figaro) e riservandogli due premi: il Prix Erckmann-Chatrian e il Prix Mystère de la critique.

In effetti l’ambientazione noir in “Come una guerra” sembrerebbe perfetta. Ci ritroviamo nei Vosgi, in una provincia al confine orientale della Francia, terre sperdute fra i monti in cui sorge una fabbrica in declino, e anche la stagione è adatta, un inverno rigido e nevoso: il terreno perfetto per una catastrofe incombente. Pensiamo subito alla povertà, allo sconcerto, ai conti da far quadrare a fine mese, alla lotta per sopravvivere, all’insinuarsi della criminalità, alla violenza.
Il titolo originale “Aux animaux la guerre” non a caso è preso in prestito da Mathieu da un verso di Animali malati di peste di La Fontaine.
Qui la peste-guerra è la deindustrializzazione che colpisce i Vosgi, la disoccupazione, il declassamento che attende i lavoratori vittime della chiusura della loro fabbrica che delocalizza, la fine di un mondo da cui nessuno esce vincitore.
Gli “animali” sono i personaggi di questo romanzo corale, tutti perduti, disperati, ai margini o sull’orlo della disillusione o della disperazione. Fra questi i lavoratori lasciati indietro, soprattutto Martel, un sindacalista carismatico con una madre malata da mantenere e dei debiti da saldare, Bruce, un bullo cocainomane e sotto steroidi, Duruy un vecchio attivista di un’organizzazione paramilitare clandestina che vive da latitante in una vecchia fattoria, Jordan un adolescente maldestro e follemente innamorato figlio di uno degli ex operai, una prostituta slava rapita che scompare e infine Rita, un’ispettrice del lavoro idealista ed empatica.
Nicolas Mathieu ritrae questi personaggi come perdenti profondamente umani, anche quando sono codardi e ridicoli o quando lottano per mantenere una dignità o ritrovare una luce.

Ma, nonostante la presenza di un’atmosfera sempre sul ciglio della violenza e di un’attesa tragica, l’autore utilizza gli elementi del noir per costruire soprattutto un romanzo di critica e indagine sociale e psicologica di un intero ambiente in un delicato momento della sua storia: la fine del passato di area industriale e operaia e l’incertezza del futuro per più di una generazione.
In questo affresco amaro e cupo fatto di strenua speranza e miseria e strade sbagliate da percorrere, l’avvicinarsi al mondo della malavita diventa ancora di salvezza e appiglio per raggiungere un futuro rubato. Quanto (e come) si può sopravvivere senza un futuro visibile sembrano chiedersi tutti e ognuno si arrabatta come può.
La fabbrica incombe su questo coro di personaggi e Mathieu ce la presenta come un meccanismo stanco che si sta lasciando morire, un relitto che avrebbe dovuto già cessare di esistere ma che, proprio perché animata da persone che non vogliono perdere la propria identità, è ancora vivo anche se in agonia.
Così, i personaggi di Mathieu, che siano adolescenti o anziani, uomini o donne, si ritrovano costretti ad azzannarsi a vicenda per restare a galla. A volte è difficile empatizzare con loro perché, pur animati da una malvagità molto umana, vivono una tragedia di difficile comprensione.
“Dio è buono, ma anche il diavolo non è così cattivo” scrive, guarda caso, Mathieu citando Fernando Pessoa in una delle prefazioni ai capitoli.
Il contatto con la criminalità, infatti, per chi non vi è abituato, perché nella vita fa altro, non è così semplice né naturale. I due protagonisti che vi si avvicinano, Martel e Bruce, hanno (o avevano) un lavoro e quello che li spinge ad attuare il proprio piano criminoso è solo la paura del domani.

È una storia che non si colora mai di gioia o di risate, e dove, seppur comprendendoli, non si parteggia per i protagonisti che hanno scelto di affidarsi al crimine per portare a termine i loro intenti disperati. Gli adolescenti inteneriscono, al contrario: la giovanissima Lydie, nipote di Duruy, che fugge dall’atmosfera “malata” della fattoria cercando piaceri effimeri e ottundenti o il timido e assennato Jordan, innamorato di lei, che osserva impotente la rabbia e la rassegnazione di suo padre operaio, il quale non inveisce solo contro i padroni come faceva una volta, ma contro tutto e tutti. Ora il quadro è chiaro: Mathieu, da buon osservatore della realtà, ha voluto delineare l’involuzione di una precisa classe sociale, quella operaia, e un percorso di perdita di identità e di valori, che fra l’altro, nell’attualità, non è solo attribuibile alla lontana provincia dei Vosgi e quindi solleva riflessioni generali su complessi temi sociali e politici.
La narrazione si avvale di una prosa minima e sintetica ma, tipica del genere noir, e in molti tratti efficacemente evocativa e di dialoghi scarni, nella quale, tuttavia, forse per la lunghezza dell’opera o per i limiti di una prima creazione o infine per il tono corale, non tutti i personaggi risultano completamente a fuoco, alcuni flash back non sono di immediata comprensione, e l’autore non ha saputo sempre imprimere a tutti i corposi capitoli un ritmo stabilmente avvincente.
L’epilogo, infine, delinea a brevi cenni il destino di coloro che sono rimasti, quasi che l’autore ci voglia condurre a condividere il loro stesso sperdimento. Li seguiamo, viviamo il loro presente, torniamo sul loro passato, senza arrivare a vedere mai il loro futuro.
L’unico personaggio che apre uno spiraglio, sin nel finale, è Rita, l’ispettrice del lavoro, singola fonte di luce, una donna che, pur cresciuta nello stesso ambiente e avendone assorbito la ruvidezza e la tendenza alla solitudine, crede ancora possa e debba esserci un domani, che lotta non per la sua sopravvivenza, come tutti, ma per tenere ferme le regole in cui crede. La sola che continua a sperare tenacemente di poter piantare un seme di fiducia in un ambiente apparentemente arido e perduto.

Maria Teresa Torti


Lo scrittore:
Nicolas Mathieu (1978) vive a Nancy. Dopo aver studiato storia e cinema, si è trasferito a Parigi, dove ha svolto i mestieri più disparati, quasi tutti mal retribuiti. Con il suo secondo romanzo, E i figli dopo di loro (Marsilio 2019), ha vinto il Premio Goncourt ed è stato tradotto in venti paesi. Come una guerra, la sua opera d’esordio, premiata dalla critica e osannata dai lettori, ha ispirato una serie tv andata in onda su France 3.