Marina Visentin, nata a Novara, vive e lavora a Milano. Laureata in filosofia, è traduttrice, consulente editoriale e ha collaborato con varie testate nazionali, scrivendo di cinema. Ha pubblicato testi di critica e storia cinematografica, libri di filosofia e psicologia. Dopo la fiaba noir Biancaneve (Todaro Editore, 2010), ha scritto La donna nella pioggia (Piemme, 2017).
Ora è uscito per SEM Editore Cuore di rabbia e l’abbiamo voluta intervistare per saperne qualcosa di più.
1.Grazie per essere qui con noi di Contorni di Noir. Abbiamo appena finito di leggere il suo nuovo romanzo, Cuore di rabbia. Com’è nata l’idea?
M.: La prima idea del romanzo risale a diversi anni fa e alla memoria di un vecchio delitto rimasto insoluto. Un caso di cronaca nera che ha sfiorato la mia famiglia. Come nel romanzo, la vittima era una ragazza tranquilla, che frequentava l’università e non aveva alcun problema al mondo. Scomparsa un giorno nel nulla, era stata ritrovata pochi giorni dopo nella boscaglia dalle parti dell’aeroporto di Malpensa, il cadavere completamente carbonizzato. Nonostante l’impegno nelle indagini non era emerso nulla e il colpevole non è mai stato trovato. Quella ragazza era la figlia di una carissima amica di mia madre e questa tragedia che ha distrutto una famiglia intera l’abbiamo vissuta molto da vicino. Io non ho cercato di ricostruire quel vecchio caso di cronaca, l’ho usato semplicemente come spunto iniziale per costruire un’indagine di pura invenzione e immaginare un possibile colpevole.
2.Ho apprezzato molto la trama che unisce due località: il lago Maggiore e Milano: è una ambientazione che nasce per ragioni sentimentali?
M.: Io sono nata e cresciuta in provincia di Novara e il lago Maggiore è per me un luogo del cuore. Ci andavo in vacanza da bambina con i miei genitori, da ragazza con gli amici era una delle mete consuete nelle sere d’estate. Stresa, Arona, ma anche Cannobio, più su verso la Svizzera, tutta la sponda piemontese del lago Maggiore per me significa casa. Poi a un certo punto della vita mi sono trasferita a Milano e questa città, che ho visto cambiare parecchio in questi ultimi anni, e di cui mi sono a poco a poco innamorata, è diventata lo sfondo principale di tutte le storie che ho finora raccontato nei miei romanzi. Una città sfaccettata, complessa, piena di contraddizioni ma anche di vitalità. Non esiste un’unica Milano, ce ne sono tante di Milano, e mi piace l’idea di raccontare questa città dai tanti volti al di là della sua immagine stereotipata, dando conto delle differenze, delle sfumature, delle tante sfaccettature dei suoi diversi quartieri.
3.La protagonista, Giulia Ferro, è un personaggio con un passato complesso, e il lettore durante il libro scopre lentamente la sua vita, tanto che interi capitoli sono proprio dedicati a lei: come si crea un vicequestore così interessante?
M.: Ho cercato di creare un personaggio a tutto tondo, complesso, non una pura e semplice funzione narrativa. Da lettrice non amo i romanzi popolati di stereotipi e personaggi unidimensionali, mi piacciono gli intrecci in cui c’è spazio per approfondire la psicologia dei personaggi, scavando nel loro passato, nella rete di relazioni ed esperienze che li hanno resi quello che sono. E poi, naturalmente, a Giulia Ferro ho prestato un po’ della mia vita, dei miei sentimenti, qualcosa del mio sguardo sul mondo. In qualche modo, Giulia Ferro sono io, perché rappresenta la risposta alla domanda: se avessi mai deciso di entrare in polizia, che tipo di poliziotta sarei diventata?
4.In Cuore di rabbia si intrecciano due diversi casi, e questo fa sì che il romanzo mantenga un buon ritmo tenendo alto l’interesse del lettore. Ma da dove parte l’idea dello scrittore e come pianifica la trama?
M.: Purtroppo, il verbo “pianificare” non lo so coniugare molto bene. Scrivo d’impulso, facendo e rifacendo mille volte quella specie di scaletta che rappresenta l’ossatura iniziale della storia. Alterno periodi in cui non scrivo quasi per niente a momenti in cui scrivo moltissimo, mi innamoro di un’idea, di un’immagine, di un personaggio e seguo quella pista, ma poi magari a un certo punto mi rendo conto di essere finita completamente fuori strada e mi tocca tornare indietro. Insomma, di solito arrivo alla fine della prima stesura (che scrivo esclusivamente a mano, su grandi quaderni a righe o a quadretti) con le idee abbastanza confuse, ed è soltanto quando inizio la revisione, di fatto una vera e propria seconda stesura, che mi pongo tutti i necessari dubbi riguardo a fabula e intreccio, e cerco di trovare soluzioni sensate, e magari persino brillanti. In questa seconda fase, naturalmente, uso il computer come tutti.
5.Come spesso accade, Giulia Ferro ha una spalla, e questa volta è il personaggio di Alfio ad aiutarla e anche a completarla: sono due personaggi molto diversi, eppure è riuscita a creare tra loro un’affinità quasi perfetta. Esiste un Alfio nella vita reale?
M.: Alfio somiglia un po’ a mio marito, che è infatti l’unica persona capace di strapparmi un sorriso anche nei momenti peggiori. A parte questo riferimento autobiografico, sentivo il bisogno di affiancare a Giulia Ferro un personaggio che facesse da contraltare al suo atteggiamento a volte un po’ troppo duro e intransigente. Lo sguardo di Giulia sul mondo è affilato come una lama, perché lei è una che non fa sconti a nessuno, prima di tutto a sé stessa, avevo quindi bisogno di metterle accanto qualcuno che fosse molto diverso da lei, capace di esprimere uno sguardo sul mondo più leggero e scanzonato, anche se tutt’altro che sciocco. Tutti abbiamo bisogno di un po’ di leggerezza.
6.Di questa opera ho apprezzato lo stile con un ritmo cadenzato e una scrittura asciutta. Una lettura che agevola anche i lettori meno ingordi: quanto lo stile è proprio dell’autore e quanto lavoro invece c’è dietro ad alcune scelte stilistiche?
M.: Da lettrice, non amo la scrittura ridondante, prediligo l’essenzialità, mi incanta la capacità di alcuni autori di esprimere visioni complesse con poche indispensabili parole. Da scrittrice mi viene spontaneo andare in questa stessa direzione, guidata dall’idea che è sempre meglio togliere che aggiungere. Nel passaggio dalla prima all’ultima stesura tendo infatti a togliere, limare, privilegiando un ritmo capace di trascinare il lettore. Poi ovviamente lo stile è sempre frutto di lavoro, non è mai un “buona la prima”: è lo sforzo costante di far emergere la propria voce, di renderla riconoscibile.
7.Chiedo spesso agli scrittori, per curiosità, quale altro libro avrebbero voluto scrivere: lei ha un libro del cuore?
M.: Tanti libri, in realtà. Se ne dovessi scegliere uno e uno soltanto: La promessa di Dürrenmatt. Un capolavoro, a partire dal suo ineffabile sottotitolo: Un requiem per il romanzo giallo.
8.Dopo la lettura del libro è subito pensato che avrei voluto maggiori informazioni su Giulia Ferro e che avrei voluto vederla nuovamente in azione. Quali sono i suoi progetti futuri e avremo la possibilità di vedere pubblicato un sequel?
M.: Penso proprio di sì, ci sarà un sequel. Sono già a buon punto con la prima stesura della nuova avventura di Giulia Ferro e spero di concluderla entro l’estate. Poi si vedrà, ma di certo la mia intenzione è di continuare a esplorare il passato e il presente di questo personaggio a cui tengo molto.
Intervista a cura di Adriana Pasetto