Gunnar Gunnarsson – L’uccello nero

1488

Editore Iperborea / Collana Gli Iperborei
Anno 2021
Genere thriller
338 pagine – brossura e epub
Traduzione di Maria Valeria D’Avino
Titolo Originale Svartfugl.


Ritrovare racconti nati in tempi in cui certi concetti – noir, thriller, giallo – erano ancora in nuce o lievemente accennati e scoprire quanta potenza e quanto carattere avessero (tali da non sfigurare per nulla a fianco di pubblicazioni contemporanee), è sempre motivo di grande passione per me. Oltretutto quando questo coinvolge quella parte di mondo che – assieme al Giappone – rappresenta uno dei miei luoghi ideali: la Scandinavia. Se vogliamo essere pignoli – come sono io del resto – l’Islanda non è parte della Scandinavia, ma le si lega per portato storico e linguistico e per quell’aura che il mondo nordico si porta appresso. Un mondo che spesso appare cupo e terribile, così diviso tra momenti di luce e di buio senza soluzione di continuità, così alieno a volte nei suoi comportamenti, la cui cultura appare in superficie molto quadrata, ma è stracolma di sfaccettature, come tutte quelle nate all’alba dei tempi.

L’Islanda rappresenta un ulteriore mondo a sé nell’ambito nordico, un’isola il cui fascino risiede nell’incredibile paesaggio e nella tracotante presenza di vulcani, un mondo forse ancor più ignoto per noi europei mediterranei. Ecco forse, per quanto mi riguarda, spiegato il motivo della passione. Ma veniamo al libro.

Nella postfazione del libro di Gunnarsson (nell’edizione orginale del 1929) viene citato il caso di una donna – Steinunn di Sjuendeå –  che fu giudicata colpevole di omicidio e incinta quando morì: proprio su questo caso del 1802, in cui Steinunn Sveinsdatter e Bjarne Bjarnesson furono accusati di aver tolto la vita a due persone, si basa il romanzo. L’Uccello nero viene identificato così come il primo poliziesco islandese ed è considerato un’opera importante nella letteratura islandese tra le due guerre. È il cappellano Eyolf Kolbeinsson alla chiesa di Saurbø nella parrocchia di Rødsand a Bardestrandsyssel che troviamo quale narratore del libro e tutto accade attraverso i suoi occhi e sono le sue reazioni a ciò che accade che Gunnarsson descrive.

All’inizio del romanzo Eyolf ha appena perso il figlio quindicenne Hilarius, scomparso in mare mentre pescava. Sebbene un triste Eyolf voglia consolarsi credendo che così suo figlio non sarà più preda di poteri più malvagi che non le tempeste e il mare, la sua mente lo riporta agli orribili eventi accaduti 15 anni prima, al 1802 quando da giovane e inesperto cappellano incontrò Bjarne Bjarnesson da Sjuendeå per la prima volta ovvero quando si presentò in chiesa con una bara fatta in casa e dentro due dei suoi cinque figli per farli seppellire nel cimitero. Come lettori otteniamo una bellissima descrizione del paesaggio islandese e dei luoghi in cui è ambientata l’azione, luoghi che si trovano nella parte nord-occidentale dell’Islanda e che sono costituiti da diverse penisole incastonate tra stretti fiordi, quindi non è sempre così accessibili (anche oggi in verità, quindi oltre 200 anni fa doveva essere ancor peggio…ndr).

La fattoria Sjuendeå si trova dunque in una zona molto sfavorevole, gestita dal contadino Bjarne Bjarnesson e da sua moglie Gudrun Egilsdatter che vivono lì con i loro tre figli sopravvissuti. La coppia Jon Torgrimsson e Steinunn Sveinsdatter vive invece in una piccola azienda agricola adiacente alla fattoria. Da tempo si vocifera che vi sia  qualcosa tra Bjarne e Steinunn: tra le due coppie non c’è armonia. Un giorno accade che Jon scompare e proprio Bjarne venga mandato a cercarlo: egli ritorna senza esito, ma con la teoria secondo cui Jon debba essere caduto da una scogliera vicino alla fattoria poiché ha rinvenuto delle tracce che potrebbero suggerirlo.
La cosa però non si ferma qui: dopo poco Gudrun si ammala gravemente e viene costretta a letto, per poi sorprendentemente rimettersi in piedi almeno per alcuni giorni, prima di morire per un dolore al petto che l’aveva infastidita per lungo tempo. Infine, pochi giorni dopo, il corpo di Jon viene ributtato dal mare sulla battigia, ma non ci sono segni di eventuali danni che potrebbero essere dovuti a una caduta da una grande altezza.

Insomma, gli ingredienti per un bel giallo ci sono tutti. A questo punto viene coinvolto il governatore Scheving e noi lettori possiamo assistere sia all’indagine che al successivo processo. In queste sequenze otteniamo una visione accurata di come funzionava il sistema giudiziario in Islanda all’epoca laddove appare molto più importante ciò che si “dice” di quello che è realmente accaduto, dove non era necessario avere le prove delle eventuali atrocità commesse, ma bastavano i discorsi di paese, il censo o bastava che le persone pensassero che i due fossero colpevoli dei misfatti ascritti anche se nessuno di loro li aveva visti rigorosamente commettere. A Eyolf viene affidato il difficile compito di farli confessare, se non fosse altro per definire una condanna. Basta tutto questo per dare al romanzo un’attualità incredibile: vederci la famigerata “macchina del fango” cui molte persone sono state vittima, vedere l’ignoranza che prevarica la realtà e la piega a sé stessa ed una “giustizia” che per non perdere consenso si adatta. Terribilmente vero.

Bene, scusate se mi sono dilungato, ma è un piccolo gioiello letterario che va apprezzato in toto, ringraziando anche Maria Valeria D’Avino per la bellissima traduzione (dal danese).

Michele Finelli


Lo scrittore:
Gunnar Gunnarsson (1889-1975), plurinominato al Nobel, è uno dei grandi nomi della letteratura islandese. Nato in una famiglia povera ma deciso a seguire la sua vocazione di scrittore, si trasferisce in Danimarca dove riesce a terminare gli studi e comincia a scrivere romanzi che presto gli procurano fama internazionale e i più prestigiosi riconoscimenti. Tutte le sue maggiori opere sono state scritte in danese, tra cui Il pastore d’Islanda, La chiesa sulla montagna, L’uccello nero, e solo in seguito tradotte in islandese dall’autore stesso, che torna in patria nel 1939 per rimanervi fino alla morte. Il pastore d’Islanda ha avuto svariate letture e interpretazioni sia in Islanda che all’estero.