Editore Sonzogno
Anno 2022
Genere Giallo
208 pagine – brossura e epub
“Terrarossa” è la nona indagine (l’ultima in ordine di tempo) che Gabriella Genisi affida alla sua commissaria Lolita Lobosco.
Terrarossa è anche un simbolo, quello di una imprenditoria sana e consapevole che vuole vivere e prosperare in un contesto di legalità e solidarietà in un ambiente dove, invece, regna lo sfruttamento di grandi masse di lavoratori (alimentate da un ininterrotto flusso migratorio) tenuti in regime di schiavitù dalle grandi organizzazioni criminali che gestiscono i braccianti attraverso la piaga sociale del caporalato.
E Terrarossa è soprattutto un porto sicuro dove possono trovare riparo uomini e donne che portano su di loro le cicatrici di una vita segnata da esperienze di dolore estremo come l’attraversamento dei deserti prima, del Mediterraneo dopo e, infine, dello sfruttamento lavorativo e sessuale alla mercé della criminalità organizzata.
Perché Terrarossa, storica azienda agricola barese, è ora guidata Suni Digioia che l’ha ereditata dal padre, e la ragazza, oltre a essere una giovane e brillante imprenditrice, è anche una convinta ecologista ma soprattutto una paladina integerrima della causa di quei braccianti sfruttati che spesso sono invisibili anche a chi dovrebbe occuparsene come la commissaria Lobosco che, nel corso delle indagini, solleverà il velo su una realtà della quale, per sua stessa ammissione, non si era mai resa conto.
Il primo effetto collaterale dell’indagine è però quello di rovinare le ferie alla Lobosco che perfettamente conscia di quello che lei stessa definisce il suo “maledetto senso del dovere”, abbandona la spiaggia di San Vito e la compagnia del suo collega-amante Caruso per fare ritorno alla questura di Bari e prendere in mano le redini dell’inchiesta.
Inchiesta spinosa per la notorietà e le conoscenze della defunta che coinvolgono nomi importanti dell’imprenditoria locale e anche qualche elemento interno all’apparato di Giustizia barese, che è quanto basta per indurre il questore a fare notevoli pressioni sulla Lobosco.
E proprio dal rapporto non proprio idilliaco con il questore si inizia a scoprire il carattere forte della commissaria che tiene fieramente testa al suo superiore nelle questioni professionali e lo rimette in riga quando lo stesso si prende qualche licenza di troppo producendosi in “complimenti spesso al limite della molestia”.
Ma il carattere lo dimostra soprattutto nel condurre le indagini dove coniugando curiosità e sensibilità femminile con fiuto e durezza da sbirro riesce sempre a fare passi decisivi verso l’obiettivo a cui mira.
Passi più incerti invece li fa nella realtà quotidiana, non rinunciando mai a indossare le sue Loboutin dal tacco vertiginoso che considera un irrinunciabile portafortuna e che sono anche il primo e più caratterizzante elemento della forte e sensuale femminilità di Lolita che è un po’ la sua forza, perché non le mancano di certo gli spasimanti, ma è anche un po’ la sua maledizione perché il lato sentimentale è proprio quello più travagliato e instabile della sua vita, a partire da una lontana e fugace relazione che Lolita avrebbe avuto con il suo più noto collega Salvo Montalbano figlio letterario, per chi casualmente non lo sapesse, del grandissimo e compianto Andrea Camilleri.
E non che vada molto meglio con la famiglia, formata essenzialmente da sua madre e sua sorella che ha dei figli adolescenti però del padre di questi ragazzi non v’è traccia elemento che contribuisce a rafforzare la forte impronta femminile che caratterizza tutta l’ambientazione e che trova il suo apice nella salda e complice amicizia della commissaria con Marietta, che, con il suo ruolo di sostituto procuratore, è anche una preziosa sponda su cui Lobosco può fare affidamento nei momenti di difficoltà professionale.
Ma il lavoro della Genisi è soprattutto caratterizzato da una profondissima identità Mediterranea che si manifesta principalmente nella presenza del dialetto locale che, per fortuna di chi non sia nato a Bari, l’autrice semplifica molto, cosa che contribuisce a non perdere il ritmo della lettura che è sempre piuttosto serrato grazie a uno stile molto colloquiale che la Genisi costruisce attraverso i suoi personaggi a cui lascia la briglia sciolta, li fa parlare liberamente, li fa dialogare, li fa litigare e fa in modo che siano loro stessi a raccontare se stessi e i fatti di cui sono protagonisti.
Infine c’è, come in tutti i grandi scrittori mediterranei, un’attenzione quasi religiosa al cibo e ai suoi riti primo fra tutti, per chi conosce un minimo le usanze del Sud, quello estivo della passata di pomodoro. Liturgia pagana alla quale Lobosco viene più volte richiamata da madre e sorella per le quali, evidentemente, la conserva viene prima di qualsiasi caso Lolita abbia per le mani. Ma, soprattutto, così come Montalbano ha i suoi arancini e il commissario Charitos di Petros Markaris i suoi imperdibili pomodori ripieni, qui c’è la focaccia barese a cui la Genisi, nei momenti di sconforto della sua commissaria, attribuisce un potere quasi taumaturgico.
Noir a due facce in cui alla luce abbacinante e affascinante della Puglia agostana fa da contraltare la cupa oscurità in cui giacciono le invisibili vittime del traffico e dello sfruttamento degli esseri umani.
Mauro Bossi
La scrittrice:
Gabriella Genisi è nata e abita a pochi chilometri da Bari. Ha scritto numerosi libri e ha inventato il personaggio di Lolita Lobosco, protagonista dei romanzi pubblicati da Sonzogno che hanno ispirato la fortunata serie tv trasmessa su Rai 1: La circonferenza delle arance (2010), Giallo ciliegia (2011), Uva noir (2012), Gioco pericoloso (2014), Spaghetti all’Assassina (2015), Mare nero (2016), Dopo tanta nebbia (2017) e I quattro cantoni (2020). Per Rizzoli sono usciti Pizzica amara (2019) e La regola di Santa Croce (2021).