Alice Basso – Una stella senza luce

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Editore Garzanti / Collana Narratori Moderni
Anno 2022
Genere Giallo
320 pagine – brossura e epub


“No, chiedevo: cos’è successo alla villa, agli studi? Non sono più studi cinematografici, vero? Che fine ha fatto la villa? L’ha comprata qualcuno? Ci vivono? […] Ci abitano i fiori, che sono i cugini dei sogni.”

La tradizione vuole che Alice Basso sforni un nuovo episodio della sua ultima saga ogni primavera, riservando al fedele lettore un’attesa che ha un sapore particolare: quello di un tempo che sembra non appartenere più al presente spasmodico. Oggi, dove tutto è a portata di click, dove tutto è seriale senza soluzione di continuità, dove le maratone si tramutano in binge watching (cambiando il verbo in reading il risultato non cambia), il piacere dell’attesa carica di valore aggiunto il miracolo della lettura. Non dimentichiamoci poi che questa saga in particolare sposta le lancette del vecchio pendolo indietro nel tempo fino al lontano 1935.
Siamo al terzo capitolo delle avventure di Anita Bo, dattilografa detective in quel di Torino. L’avevamo conosciuta ne “Il morso della Vipera” e abbiamo seguito la sua evoluzione ne “Il grido della Rosa”. La storia riparte proprio da lì e se per noi è passato appunto un anno, nell’universo di Anita sono passati una manciata di giorni. Alice Basso è davvero sapiente nel riportare il lettore con grazia e leggerezza nella narrazione come se niente fosse, con garbo e senza sforzo. Si potrebbe cominciare da questo episodio, ovviamente non è un consiglio (perché privarvi del piacere della lettura dei primi due titoli?) ma una possibilità. Dimmi “dove eravamo rimasti” senza dirmi dove eravamo rimasti, direbbero i giovani.

L’incipit di questa nuova avventura è volutamente misteriosa e nebulosa: siamo dentro a un sogno di Anita, ma forse è meglio definirlo un incubo. Quando ci sono di mezzo i fiori d’arancio, le ampie navate e le marce nuziali la nostra ex svampita eroina va nel panico, visto che è riuscita a procrastinare la data del suo matrimonio con Corrado, il bel fidanzato storico, in virtù di un’esigenza da soddisfare, ovvero quella di provare a lavorare per sei mesi. Il lavoro rappresenta per Anita la sua presa di coscienza, la sua crescita emotiva ed interiore e l’inconfessabile nascita di un sentimento segretamente ricambiato per il suo titolare, Sebastiano Satta Ascona. Ma questi sei mesi stanno per scadere…
La perla di diamante, il valore aggiunto di questo episodio (per ora il mio preferito) è rappresentato dall’entrata in scena di un immenso personaggio: il Cinema. Un grande regista del passato, Leo Luminari, decide di portare sul grande schermo uno dei racconti pubblicati da Saturnalia, ovvero la rivista per la quale lavora Anita. Nello specifico Luminari ha in mente proprio uno dei racconti di J.D. Smith fantomatico autore creato ad hoc da Anita e Sebastiano per indagare sui casi dei precedenti episodi.

“I nostri non sono gialli americani veri. Non parlano dell’America. Parlano di noi. noi di qui. Sono ambientati in una città finta, Rivertown, in cui succedono certe cose che succedono qui da noi, proprio qui a Torino, e che però i giornali raccontano in modo diverso o non raccontano e basta.”

Anita e Sebastiano sono combattuti: perché l’interesse e la scelta di Luminari è caduta proprio su quegli pseudo racconti? Forse il regista è una spia del regime mandata da Roma per indagare su di loro? Oppure il suo desiderio di riportare in auge la tradizione cinematografica di Torino, oscurata dell’efficienza degli Studios di Cinecittà è sincero e autentico?
Non facciamo in tempo a valutare le varie possibilità che arriva l’immancabile omicidio. Alle indagini ufficiali si affiancherà manco a dirlo la collaudata squadra composta da Anita e Sebastiano, supportati da una rosa di personaggi già incontrati negli episodi precedenti: Julian, l’amico figo di Sebastiano, con tanto di decappottabile (dove Anita farà i suoi esperimenti di guida), l’amica di Anita, Clara, la sua ex insegnante Candida, la sua burbera mamma e finalmente conosceremo il papà di Sebastiano.

Alice Basso riesce nel suo intento: Le indagini di Anita sono avvincenti e coinvolgenti e la trama orizzontale è ben sviluppata. Cosa fondamentale: Anita è divertente, dotata di un’ironia inconsapevole ma garbata (Anita ce la immaginiamo come una ragazza degli anni trenta, che italianizza i vocaboli, ridicolizzando usi e costumi del ventennio). Con le sue storie crea atmosfere d’altri tempi e ci parla di noir, hard boiled senza pedanteria ma con sincero entusiasmo.
Il cinema e la sua magia, Torino di oggi e Torino di ieri, i fasti di uno sfavillante passato prossimo, le stelle senza luce e gli ingombranti viali del tramonto. L’amore per il cinema è tangibile e presente e, nella postfazione del libro, è possibile approfondire curiosità e notizie su questo aspetto inedito e sconosciuto (almeno per me) di Torino.

“Era un cinema che somigliava ai quadri di Vermeer: poteva ritrarre l’ultimo dei panettieri, ma v’era in esso una luce, una statuarietà, che lo rendeva grande, emblematico, un’opera d’arte.”

Susanna Durante


La scrittrice:
Alice Basso è nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Lavora per diverse case editrici come redattrice, traduttrice, valutatori e di proposte editoriali. Nel tempo libero finge di avere ancora vent’anni, canta e scrive canzoni per un paio di rock band. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.