Intervista a Patrizia Debicke Van der Noot

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Patrizia Debicke van der Noot, nata a Firenze, bilingue, grazie a una nonna alsaziana e agli studi compiuti all’università di Grenoble, ha sempre viaggiato molto e vive tra l’Italia e il Lussemburgo. Autrice di romanzi storici e di thriller, ha pubblicato numerosi libri.
sito dell’autrice: https://www.patriziadebicke.com/lautrice/

La signora Debicke, la nostra nobildonna, decana del romanzo storico rinascentista, ha una nuova pubblicazione in libreria: Il segreto del calice fiammingo edito da Ali Ribelli editore. Il testo è un classico romanzo storico (tratta di avvenimenti e personaggi reali) molto documentato e preciso, per amanti del genere e sottende anche misteriosi eventi… che per ovvi motivi non sveleremo.

Abbiamo posto alcune domande all’autrice e le sue risposte ci chiariranno l’ambito in cui ha deciso di ambientare la sua storia. Saranno appagati da questa lettura anche gli amanti della Storia dell’Arte, in quanto tra i protagonisti troviamo il celebre Jan Van Eyck… qui non solo pittore, ma anche spia.

1. Buongiorno! Lei continua imperterrita a raccontare ai lettori episodi segreti del Rinascimento.
P.: Segreti o forse episodi che hanno solo voglia di essere ritrovati e riemergere? Per me, infatti, diventata cittadina lussemburghese era facile guardare alle Fiandre, allora luogo di grandi ricchezze con per conseguenza arte e commerci internazionali che fanno da ampio palcoscenico alla parte più mitteleuropea della mia storia, pur attraversando la Borgogna dove imperversava la guerra dei cent’anni, e squassava la Francia in un conflitto fratricida. E forse sentivo vicina anche la maestosa bellezza di un’epoca in cui la penisola iberica era teatro di due grandi civiltà: quella araba e quella ispanica/portoghese ancora strettamente connesse tra loro.

2. Un’epoca che spesso confondiamo con gli splendori artistici dei capolavori dei grandi… ma che cela trame oscure e inaudite crudeltà operate spesso dagli splendidi signori del tempo.
P.: Un’epoca in cui misteriosamente vigevano ancora regole di onore e cavalleria. Si parlamentava, si stipulavano tregue, alleanze , si rompevano… Un’epoca fonte quindi di intrighi politici, congiure, continui tradimenti… Nell’ incessante e feroce scontro per raggiungere il potere, in questo romanzo una misteriosa profezia, confrontandosi con l’ombra guidata da una regina, intreccerà i destini di Jan van Eyck con quelli di sovrani quali Philippe di Borgogna, Alfonso V di Aragona, Filippo Maria Visconti, Giovanna di Napoli, René d’Angiò. E quasi in un cavalleresco torneo li porterà da Bruges a Barcellona, dall’Aragona a Gaeta, a Genova e a Milano. Poi da Milano ad Arras e in Borgogna e infine a Bruxelles e a Napoli.

3. E siccome abbiamo accennato ai capolavori artistici… come mai si è appassionata ai Van Eyck?
P.: Per chi ama e conosce la grande pittura del Quattrocento Jan van Eyck, l’artefice dell’Agnello Mistico, è l’insuperabile punta dell’iceberg della pittura internazionale della sua epoca. Sue straordinarie miniature, che fanno parte del celebre Libro delle Ore, sono conservate a Torino nel Museo Civico di Palazzo Madama. L’eccezionale qualità del tratto del grande Maestro Fiammingo, la verosimiglianza, l’attenzione al minuto particolare, lo studio della luce e la staticità dei personaggi sono alcuni tra gli inconfondibili dettagli del suo stile. Una fondamentale caratteristica che lo distingue è poi il ricorso a sottili strati di pittura a olio stesi uno sopra l’altro, avvalendosi di una base chiara e luminosa. E per di più, il fatto che fosse il maestro pittore di corte di Philippe le Bon, duca di Borgogna ma anche suo diplomatico e spia, ne faceva il protagonista ideale di una fiction dominata dalla sua straordinaria maestria nella artistica realizzazione di tanti celebri capolavori mondiali, unita o meglio cementata allo spirito magico cavalleresco dominato dall’avventura.

4. Sembra che Antonello da Messina sia partito alla volta delle Fiandre per carpire a Van Eyck segreto dei suoi oli. Ce lo narra anche Jean Diwo nel suo romanzo “Quando la Gioconda parlava”. Il fatto ha fondamenti storici?
P.: Non solo lo dice e scrive Jean Diwo ma anche il Vasari. E invece no. E anche secondo il Dizionario enciclopedico Treccani senz’altro no. E il fatto che sia impossibile lo spiegano meglio le date di nascita e morte dei due grandi artisti. Jan van Eyck, infatti, il grande perfezionatore e utilizzatore della tecnica della pittura ad olio, che gradualmente sostituì in Europa l’uso del colore a tempera, è nato approssimativamente a una data dopo il 1390 (da diversi scritti in archivi fiamminghi si desume fosse coetaneo del duca di Borgogna nato nel 1396) e mori nel 1441.
Antonello da Messina invece era nato a Messina intorno al 1430 ed è morto nel 1479 . Nel 1441 avrebbe avuto undici anni o poco più. Troppo giovane per un simile viaggio. Mentre appare logico (e anche la Treccani appoggia questa teoria) che Antonello sia stato un allievo del grande Colantonio che aveva appreso il segreto del “medium”, con il quale creare le magiche velature della pittura ad olio da Barthèlemy d’Eyck, giunto a Napoli come pittore di corte del sovrano francese Renè d’Angiò. Lo stesso Barthèlemy d’Eyck o van Eyck che, secondo tutti gli archivi francesi e nordici è dato anche lui originario della regione del Limburgo belga, ai confini con Liegi e legato da parentela a Jan e alla sua famiglia. E che io ho inserito come importante figura nel mio romanzo trasformandolo nel nipote/figlio di Jan.

5. Da milanesi non possiamo che chiederle il suo parere su Filippo Maria Visconti, personaggio oscuro e controverso. Che ruolo ha nel suo romanzo?
P.: Un ruolo importante e intrigante. Nel romanzo, ma lo scrivono gli annali, la flotta genovese (allora la Repubblica di batteva al servizio di Filippo Maria Visconti) guidata dall’ammiraglio Biagio Assereto sconfisse con un’abile mossa tattica, mettendo in trappola e, attaccandola con il fuoco greco, la possente flotta aragonese. Dopo la resa, il Re Alfonso V d’Aragona e i suoi fratelli Juan re di Navarra ed Enrique duca di Villena, e tutti i nobili schieratisi al loro fianco, verranno condotti prigionieri a Milano dove resteranno per circa sei mesi, in attesa di pagare al Duca un congruo riscatto per ottenere la liberazione. La storia dice però che Filippo Maria, conquistato dal carisma e dalla sapienza del re aragonese, per altro circondato da dotti personaggi già legati alla corte viscontea, prima accolse lui e gli altri prigionieri con munifica ospitalità, poi in virtù del volere degli astri e della reciproca fiducia stabilitasi, annullò i patti già siglati con gli altri sovrani, rinunciò al riscatto, liberando i prigionieri gratuitamente e anzi concordò una mutua reciproca alleanza con Alfonso V, onde conquistare insieme e spartirsi equamente il possesso della penisola .
Filippo Maria Visconti, ultimo fragile virgulto di una vigorosa schiatta, personalità paranoica e superstiziosa, ma anche spregiudicata e cinica, diede spesso dimostrazione di notevole abilità politica. Asceso al trono, sopravvisse agli intrighi seguiti all’uccisione del fratello duca Giovanni Maria sposando la quarantenne vedova del ricco condottiero Facino Cane, Beatrice. Il matrimonio fu caldeggiato dall’arcivescovo di Milano Bartolomeo Capra e, con le risorse economiche e militari della dote dalla moglie, riuscì a riassestare parzialmente lo stato. Ciò nondimeno quando la moglie si dimostrò troppo interessata al governo del ducato, l’accusò di adulterio e nel 1418 la fece decapitare nel Castello di Binasco insieme al presunto amante. Di Filippo Maria Visconti si conosce un unico rapporto stabile con Agnese del Maino, figlia del conte palatino Ambrogio, dalla quale ebbe Bianca Maria, che fece legittimare dall’imperatore e che fu sua erede. Sposò solo per ragioni di stato Maria di Savoia, ma non consumò mai il matrimonio. Gli si imputarono invece preferenze gay . A corte si circondava di paggi che lo seguivano ovunque.

6. Il suo è un romanzo molto documentato, nella tradizione del romanzo storico lei mischia personaggi reali alla fantasia. In che percentuale? Ovvero: per imbastire la trama diciamo ‘mistery’ ha dovuto forzare qualche episodio storico?
P.: Come sempre nei miei romanzi i personaggi reali sono dominanti, ma quelli di fantasia indispensabili per lo svolgersi della trama. Diciamo, ma stavolta non saprei essere così precisa, un terzo sul totale, ma forse meno. La ricostruzione storica, che mi ha chiesto anni di lavoro, mi ha permesso di annettere una lunga serie di aneddoti e particolari reali.
Ma da me creata, ed essenziale per la costruzione e la connessione della fiction, è stata la figura della sensuale e singolare dark lady portoghese. La serpe in seno, che oscurerà con la sua cupa e diabolica ombra gran parte delle vicende romanzesche.

7. Ci parli del suo prossimo progetto…
P.: Chissà forse, perché non tornare ancora a qualcosa legato all’arte? Avevo già dato con L’uomo dagli occhi glauchi… Per ora incrocio le dita e penso.

Intervista a cura di Elena e Michela Martignoni