Nicolás Ferraro – Quel che resta del cielo

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Editore Parallelo45
Anno 2022
Genere Noir
256 pagine – brossura e ebook
Traduzione dall’argentino di Laura Mongiardo


Un rumore assordante. Sette fucilate scaricate all’interno di un piccolo Cessna che trasporta la famigerata polvere bianca.
Lucero, il pilota, perde il controllo e il minuto velivolo inizia il suo ultimo volo invertito verso il suolo mentre grossi pacchi di cocaina scrosciano su di un suolo arido e dimenticato. A decollare un aereo impiega dai due ai dieci minuti a seconda del peso e della stazza del velivolo ma quanto impiega a schiantarsi al suolo non lo possiamo sapere con certezza.
Ma siamo sicuramente in grado di immaginare i pensieri di chi, ancora cosciente, si trova a bordo del velivolo in caduta libera.
Queste immagini cariche di tensione danno il calcio d’inizio a una battaglia tra chi vuole recuperare il proprio bene perduto e chi questa manna se l’è vista piovere dal cielo proprio come fosse un cibo sconosciuto mandato dall’alto per medicare ferite e porre fine a lunghi anni di privazioni e rinunce.

“Quel che resta del cielo” è un libro potente, nero, duro, appassionato e brutale che afferra il lettore alla gola e lo trascina in un abisso dove nessuna immaginazione è in grado di arrivare perché se è vero che aggressività e coercizione sono in qualche modo il filo rosso che unisce le pagine è anche vero che scopriamo l’umanità di chi ha bisogno di fuggire dal suo presente, scopriamo che l’amore resta il primo e ultimo pensiero mentre stai precipitando nel vuoto e consideri che forse non potrai vivere un nuovo domani.
L’ultraleggero precipitava, gli oggetti si ingrandivano approssimandosi, acquisivano dimensioni, i punti divennero alberi, e non ci avrebbero impiegato molto a suddividersi in rami, foglie, terra.
Keegan smise di lottare con gli sportelli e si sdraiò sui pacchi, con le braccia aperte.
Bloccò quelli che riuscì, altri li vide fuggire, rotolare e perdersi. Una clessidra di cocaina che si stava svuotando. Quella delle loro vite. Anche Lucero si arrese. La cloche era un rosario nelle mani di un ateo. Ripensò a Juliana. Sì. Proprio così. Quando tutto va a puttane uno pensa alla propria donna, perché l’unico cielo esistente è quello in cui loro ci custodiscono.

Questo passaggio del romanzo ci dimostra che non importa chi sei. Puoi essere anche un trafficante di droga senza scrupoli ma i legami che hanno nutrito la tua vita sono importanti. Vuoi che il tuo ricordo venga custodito e desideri fortemente che ti si continui ad amare perché, paradossalmente, chi ti ama ti può ritrovare nell’estensione originaria alla quale ogni essere umano è destinato che è proprio quella della perdita.
È nella perdita che costruiamo il ricordo. Un puzzle. Un pezzetto alla volta. Volto, braccia, mani, gambe, parole, emozioni.
L’abbandono, subito o agito, nutre l’abisso. E rotola giù, senza vedere il fondo come un cuore che batte all’impazzata dentro a un piccolo aereo che sta precipitando.

Ferraro ci trasporta sulla rotta di attività economiche basate sullo spaccio di cocaina svelando segreti che, in alcuni passaggi, sembrano far parte di un accurato reportage giornalistico ma l’atmosfera claustrofobica e i tantissimi personaggi ben caratterizzati lo trasformano in un intenso romanzo noir. Quello che mi ha colpito di più, al di là della trama, è stato il racconto di un mondo pronto a sbranare come fosse popolato da lupi in gabbia. La violenza, la crudeltà, la mancanza di dignità che in alcuni casi nasce da una noia grigia, scontata, ripetitiva.
Sappiamo che la chiesa richiama, tra i sette vizi capitali l’accidia.
Che resta in qualche modo il peccato della caduta nello sfinimento, della mancanza del desiderio. In qualche modo chi ne è colpito perde la voglia di svelare l’estensione miracolosa del mondo. Ed è così che mi sono apparsi gli abitanti di quelle misere fattorie che hanno fatto da pista d’atterraggio ai numerosi pacchi di cocaina precipitati col piccolo velivolo.
Possiamo quindi noi lettori colpevolizzare chi vede in quella polvere bianca una soluzione per fuggire alla propria esistenza, misera e vuota, invocando nuove possibilità?
No, non possiamo.
La nostra unica scelta è entrare in empatia con loro.

Se vi fa piacere conoscere un mondo a noi sconosciuto leggendo un libro appassionante “Quel che resta del cielo” è il romanzo che vi consiglio di portare in vacanza in questa calorosa estate ma nel lasciarvi vorrei anche spendere due parole per quelle figure che spesso i lettori danno per scontate.
Sto parlando degli editor e dei traduttori. Il prodotto che arriva in libreria non ci arriva solo grazie all’autore che è, ovviamente, fondamentale.
Dietro ogni pagina c’è il lavoro di tanti ma questo viene spesso taciuto.
Questo romanzo, ad esempio, si avvale della magistrale traduzione dall’argentino di Laura Mongiardo che ringrazio perché, anche grazie a lei, possiamo conoscere voci a noi sconosciute e infinite, nuove realtà.

Deborah Alice Riccelli


Lo scrittore:
Nicolás Ferraro è nato a Buenos Aires, in Argentina, nel 1986. Mentre studiava per diventare grafico all’Università di Buenos Aires, Ferraro si guadagnava da vivere giocando a poker; ora lavora come coordinatore al Center for Crime Fiction della Biblioteca Nazionale Argentina. Ha scoperto la letteratura noir grazie al videogioco Max Payne, e la narrativa poliziesca è diventata subito centrale nella sua esistenza quanto gli hamburger e l’NBA.

Il romanzo d’esordio di Ferraro, DOGO, è stato pubblicato in Argentina nel 2016 ed è stato finalista per il Premio Extremo Negro. CRUZ, il suo primo romanzo tradotto in inglese, è stato pubblicato in Argentina, Messico, Spagna ed è stato finalista al Dashiell Hammett Award. La sua scrittura è spesso antologizzata ed è attualmente al lavoro sul suo quarto romanzo.