Ismail Kadare – Il Palazzo dei Sogni

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Editore La Nave di Teseo / Collana Oceani
Anno 2023
Genere Sci-fi
224 pagine – brossura e ebook
Traduzione di Liljana Cuka Maksuti


Da qualche parte, nel passato analogico recente, in una tempolinea forse appena divergente, il Sultano è forte, lontano dal nuovo asse del mondo che è l’Atlantico ma comunque ancora lì, capace, temuto; da qualche parte nella capitale dell’Impero Ottomano un giovane uomo che si chiama Mark-Alem si presenta al suo primo giorno di lavoro al Tabir Saraj, il Palazzo dei Sogni.

Lì, un’enorme apparato burocratico cataloga, smista, analizza, interpreta i sogni degli abitanti dell’Impero e da essi, tutti e alcuni in particolare, estrae storie, informazioni vitali per l’Impero.

Non vediamo Mark-Alem passare vicino il Topkapi ma sappiamo che il Palazzo dei Sogni è uno dei Saraj più importanti dell’immenso e multiculturale impero ottomano, porta d’oriente, ponte tra Europa ed Asia.

È nostro dovere scoprire dove si è posato il sogno, scovarlo tra milioni e miliardi di altri sogni, come quando si cerca una perla smarrita in un deserto di sabbia. Perché l’interpretazione di questo sogno, caduto come una scintilla perduta nel cervello di qualcuno tra milioni di persone addormentate, può contribuire a prevenire l’infelicità del paese e del suo Sovrano, evitare la guerra o la pestilenza, dare vita a nuove idee.

Il neoassunto Mark-Alem farà presto carriera in un momento in cui il Palazzo dei Sogni lotta per la supremazia e la sopravvivenza su altri Saraj, su altri complessi e apparati, per l’attenzione e il favore del Sultano, una dinamica che è continua, naturale e violenta e così simile a quella di altri grandi agenti nell’Impero come la famiglia di Mark-Alem, i famosi, potenti, invidiati Qyprillinj.

Forse Mark-Alem è stato mandato al Palazzo dei Sogni per tenerlo protetto dai mortali intrighi di corte, forse è un elemento essenziale per il ciclo del potere imperiale che sembra così sensibile ai sogni e alla loro interpretazione da sembrare un oracolo con un orecchio agli dei e un altro al sovrano, sul trono o prossimo venturo che sia.

Così su sale e corridoi che appena sembrano suggerire torri e angoli pre-area X, in archivi immensi, e attività appena possibili da immaginare se non nella Torino di Giorgio de Maria, i sogni su carta dei sudditi del Sultano scorrono fino a quel sogno che deciderà il destino, un destino, del protagonista, della sua famiglia e dell’Impero tutto.

Ismail Kadare scrive questo Il Palazzo dei sogni nel 1990 raccontandoci ambienti e personaggi, in scena o lontani, inavvicinabili, la cui presenza è comunque forte, definita quanto spettrale, impegnati in uno sforzo senza limiti che è quello della tensione-aspirazione all’interpretazione assoluta del mondo.

I desideri nascosti, l’inconscio in frammenti e in immaginari che funzionari e addetti del Tabir Saraj ricercano e ordinano in dati e storie coerenti, indizi di cospirazioni, pericoli imminenti e rischi esistenziali, lo storico dei sogni che conservano, sembrano attività che una sorveglianza elettronica di massa può aspirare e svolgere in qualche presentazione di un contractor all’NSA. Un’ambizione che è essenziale al paradigma universale che si chiama Impero. Questo infatti è il sottotesto fortissimo, potente, capace del romanzo, messo in scena in un Impero che non appare in decadenza ma che è impegnato a prevenirne i segni.

Il senso di weirdness aumenta con l’impegno del protagonista nel suo nuovo lavoro, negli spazi descritti dai rapporti, mentre si immerge in quelle sale e quei tomi. Un’immersione in immagini e dati ma in un tempo che cambia e si muove, adeguato all’ambientazione. Le sensazioni però le conosciamo bene, scene e dati sono più lenti ma il flusso è quello che un giorno letterario è stato/sarà il cyberspace. I Seraj sono i Keiretsu senza un collasso. Potenziato dai bisogni imperiali e dall’apparato burocratico, da protocolli, procedure, guardie e storico delle narrazioni Mark-Alam è un oniromante maturo, un analista d’immaginari. E il futuro incombe. Non servono trick o gadget fantascientifici. Lì, carta e penna e mente.

Molto bello e capace è l’altro flusso narrativo: la dialettica tra i Qyprillinj e il Sultano, la Periferia e il Centro, altro prodotto dell’esistenza-esercizio dell’Impero. Uno scontro epico anche questo spettrale, sullo sfondo. I Qyprillinj “Del Ponte” Q e il loro essere essenziali e minacciosi, la loro epica in molte lingue, un motore immaginifico oltre ogni analisi psicoanalitica racconta che il pomo dorato, su cui si fondano democrazie, dinastie e regni, sopravvivenza e futuro, è il narrativo.

Con le vicende di Mark-Alem e il Palazzo lo scrittore Kadare sembra volercelo ricordare, suggerendo, attentamente, quello che davvero conta nello scrivere e nel mondo.

Antonio Vena


Lo scrittore:
Ismail Kadare è considerato uno dei più grandi autori europei. Nato e cresciuto in Albania, ha lasciato il paese nel 1990 in contrasto con la dirigenza comunista, e ha chiesto asilo politico in Francia. La sua opera va dalla poesia alla narrativa alla saggistica. Ha vinto il Prix Méditerranée per stranieri con La Pyramide. Dal 1996 è membro associato a vita dell’Académie des sciences morales et politiques. Nel 2005 gli è stato riconosciuto l’International Booker Prize, mentre nel 2009 ha vinto il premio Principe delle Asturie. È stato più volte candidato alla selezione finale per il Premio Nobel. Nel 2018 è stato insignito del Premio Internazionale Nonino. La nave di Teseo, presso cui è in corso di riedizione la sua opera, ha pubblicato La bambola (2017) e La provocazione (2018), Aprile spezzato (2019), La città di pietra e Le mattine al Café Rostand (2021).