Giorgio Ballario e Latin Noir: Juan Damonte, la “meteora” della novela negra argentina

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Una vita complicata, finita troppo presto, e un solo grande romanzo che ha conquistato critica e pubblico

Anni fa aveva ottenuto un grande successo la trasmissione “Meteore”, che ripresentava in televisione, decenni dopo, cantanti e personaggi dello spettacolo che avevano ottenuto un grande successo con una canzone o un film ma poi erano completamente scomparsi di scena. Se si potesse realizzare una trasmissione analoga sugli scrittori noir e polizieschi di lingua spagnola, un posto d’onore fra le “meteore” della novela negra spetterebbe all’argentino Juan Damonte, del quale, però, si sa purtroppo che fine abbia fatto: è scomparso prematuramente nel 2005, all’età di sessant’anni.

Tuttavia la storia di Damonte, così come quella dell’unico romanzo che scrisse e che raccolse un notevole successo anche all’estero, “Ciao papà”, merita di essere raccontata. Due note biografiche sull’autore: Juan Damonte, nato a Buenos Aires nel 1945, proveniva da una famiglia dell’alta borghesia porteña piuttosto originale. I nonni materni furono la poetessa anarchica e femminista Salvadora Medina e il giornalista e proprietario di giornali Natalio Félix Botana, suo padre invece, Raùl Damonte Taborda (con ascendenze liguri), è stato deputato della nazione e uno dei suoi fratelli, Raùl junior, è diventato un famoso vignettista, scrittore e drammaturgo con lo pseudonimo di Copi (in Italia sono stati pubblicati alcuni suoi lavori su “Linus”).

Lui, Juan, ha invece lavorato in modo caotico e confuso come fotografo, giornalista e traduttore, parlava infatti sei lingue. Dopo il golpe militare del 1976 si trasferì prima in Spagna, poi in Francia e nel 1983 in Messico. Ed è qui, nel 1995, che viene pubblicato il suo primo e unico romanzo, “Ciao papà”, edito da Martinez Roca in una collana diretta da Paco Ignacio Taibo II e poi, in seguito, in Francia nella prestigiosa Série Noire di Gallimard, in Italia (Elliot Edizioni) e infine in Germania. Nel 1996 il romanzo di Damonte si è aggiudicato il Premio Hammett alla Settimana Nera di Gijòn, il più prestigioso riconoscimento per un romanzo poliziesco in lingua spagnola.

Il modo rocambolesco in cui questo incredibile romanzo è nato, lo racconta a “Latin Noir” Roberto Bardini, giornalista e scrittore argentino radicato da più di trent’anni a Città del Messico, che ha conosciuto molto bene Damonte ed è stato suo amico e uno dei suoi scopritori.

«C’è tutta una storia dietro. Una notte del 1991, Juan comparve alla redazione del giornale El Día, proprio mentre stavamo per andare stampa. Puzzava di tequila o mezcal e mi porse una pila di fogli sciolti che aveva portato in un sacchetto di plastica pieno di buchi. Erano pagine macchiate di caffè e altre bevande (probabilmente alcoliche), dattiloscritte con un nastro consumato, senza inchiostro, quasi illeggibili. Quel manoscritto mi ha demoralizzato, ma l’ho portato a casa. Passarono alcuni giorni e un sabato pomeriggio decisi di leggere il libro. Ho finito a mezzanotte, senza riuscire a staccarmi dal romanzo. Quarantotto ore dopo l’ho consegnato a Rolo Diez, all’epoca lavorava anche lui al mio giornale, e gli è successa la stessa cosa. Poi lui ha dato il manoscritto a Paco Ignacio Taibo, il cui verdetto è stato di consegnarlo subito alla casa editrice Martínez Roca. È stato pubblicato nel 1995, l’anno successivo ha vinto il Premio Dashiell Hammett assegnato dalla Settimana Nera di Gijón – che Juan non ha mai ritirato e, forse, non ha nemmeno saputo di aver vinto – ed è stato tradotto in italiano e francese, niente meno che dalla casa editrice Gallimard.[…]

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Articolo di Giorgio Ballario su Latin Noir