Editore Elliot Collana Scatti
Anno 2018
Genere Horror
256 pagine – brossura
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“Al Passo Borgo ci sarà ad aspettarvi la mia carrozza che vi porterà fin qui. Spero che il viaggio da Londra sia stato buono, e vi auguro un felice soggiorno nella mia bella terra.”
Purtroppo per la protagonista del Trittico dei Colori pubblicato da I Gialli Mondadori, il viaggio in direzione non Transilvania, ma Budapest, non ha nulla che richiami alla leggenda e all’immortalità di queste righe e nemmeno alla comodità di un viaggio in aereo. La attende un lungo viaggio in treno, cambi e Transiberiana.
Con “Tutto quel buio” torna l’intraprendente Susanna Marino, una studentessa laureata in cinema, incaricata questa volta da un misterioso collezionista torinese di ritrovare una preziosa pellicola degli anni Venti, scomparsa durante l’occupazione nazista. Il regista è l’ungherese Károly Lajthay, il titolo “Drakula halála”.
Fin dalle prime pagine si ritrova quella che è una caratteristica dello KRI style, il perenne filo teso tra onirico e reale. Un oscillante, instabile pendolo che taglia e sferza ora la realtà, ora il sogno, ora la realtà dell’incubo.
Uno degli esempi più lampanti è una scena sul treno, dove Susanna fa l’incontro con l’enigmatico Bela Lugosi’s Quartet. Ci si ritrova a leggere una situazione normale, un semplice fatto quotidiano, ma bastano poche parole piazzate al posto giusto per precipitare la normalità in un bozzolo di inquietudine. Una facilità disarmante di tecnica dell’incubo che Cristiana Astori padroneggiava già dal suo libro d’esordio “Il re dei topi”.
Altro aspetto da apprezzare nelle storie scritte dalla sua penna scarlatta, l’evidente lavoro di documentazione, essenziale per un genere che non si basa esclusivamente su un fattore emotivo. E in “Tutto quel buio”, la ricerca è quasi tangibile, a partire dalla città.
Budapest è stata vissuta dall’autrice sul posto, live, fino a scoprirne gli angoli più nascosti, i dettagli che fanno una descrizione unica e non uno stralcio da guida turistica.
Budapest è rigogliosa, ingombra di odori, vociante di giorno, quanto muta, opaca e grigia, buia, snervante e spettrale di notte.
Una città che nasconde il fascino del gotico sotto il sole e che lo deflagra in tutta la sua oscura potenza nelle tenebre.
“Tutto quel buio” è passione per il cinema. Ci sono molte citazioni, una su tutte: un inquietante omaggio a “La nona porta”, un film piuttosto sbilenco e imperfetto, ma che ha saputo coniugare sapere e conoscenza dentro la paura in modo egregio.
L’amore dell’autrice per il cinema permea l’intera opera. Nelle parti che scandiscono la storia al passato, addirittura si può udire il ronzio del proiettore e vedere quel bianco e nero un po’ sgranato, con continui effetti di luce. Si entra in un’altra dimensione, ci si riempie dei profumi di quegli anni, ci si spaventa con un’espressione dagli occhi sgranati delle attrici del cinema muto.
Una visione che fa immaginare la comparsa da un momento all’altro di un Bogart d’annata, con quel tic al labbro da uomo tutto di un pezzo e macerato dentro. Il che, nemmeno stonerebbe, dal momento che la pellicola scomparsa ha un legame con il celeberrimo “Casablanca”.
“Tutto quel buio”, è una storia di vampiri. Senza il vampiro.
Cristiana Astori sceglie la strada più impervia da percorrere. Ma si sa, le sfide difficili vinte sono quelle da cui si traggono le maggiori soddisfazioni.
L’autrice coglie e materializza alla perfezione quelli che sono i cardini delle storie vampiresche: attesa e ambiguità. Li avvolge e li veste con le parole, se ne prende cura in maniera maniacale. Nulla è lasciato al caso, ma al contrario è progettato, ordito. Una spirale, una tela di ragno che precipita il lettore in maniera quasi dolce dentro il buio.
Così, Budapest diventa intermezzo, nota e lamento sottile di questa attesa. Diventa una sagoma scura dietro il vetro di una finestra, un cinema delle ombre che stagna dentro gli occhi di un lupo.
Ma la Astori non si accontenta. “Tutto quel buio” è anche divertissement, commedia dentro il lato oscuro. I siparietti, agili, diretti e senza fronzoli tra Steve e Susanna ne sono il quadro, rimandando alle atmosfere dei deliziosi, arguti battibecchi tra William Powell e Mirna Loy nella serie di film che ebbero inizio con “The thin man” del 1934, pellicola tratta dal genio di Dashiell Hammett.
Tra commedia, gotico e intrigo c’è anche il ricordo di un tragico passato, della Storia che ritorna, le lancette di un orologio che martellano nella mente un’ora, un tempo, un periodo che non ha mai fine nelle coscienze, nei pensieri, nella tragedia umana. Un salto mortale rischioso all’interno di questa storia, un accostamento e un legame che la Astori intreccia senza stonare tra la melodia polverosa delle credenze popolari, delle suggestioni, della narrazione.
I vampiri esistono, ma non hanno canini aguzzi, bensì menti malate, distorte, elaborate da un credo demenziale. I vampiri del cinema, dei libri, sono figure romantiche, crepuscolari, fatte di un’orrore intrigante, fascinoso, sublime nel suo condizionamento inconscio. Così distanti dall’abominio dell’uomo.
Il fascino dell’ambiguo, dell’intangibile, del misterioso, del soprannaturale, è qualcosa che abbiamo radicato nell’istinto, ma che stiamo via via perdendo, sopraffatti dalla realtà più cruda, che mostra a trecentosessanta gradi, togliendo ogni possibilità all’immaginazione.
Quello che il libro di Cristiana Astori ci consegna è proprio una via d’uscita, uno sbocco verso la riconquista di questa fertile creatività della nostra mente, di questo bene necessario per accettare il vero orrore che ci viene inflitto da un’informazione che emargina e divide invece di far riflettere.
Per cui, semicitando, “Benvenuti in queste pagine! Leggete in modo libero e franco. Andatevene poi sani e salvi e lasciate un po’ della felicità che arrecate!” Il tutto, sotto l’egida di Bram.
Andrea Novelli e Gianpaolo Zarini
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La scrittrice:
Cristiana Astori è nata ad Asti, laureata in psicologia delle comunicazioni di massa, è scrittrice e traduttrice. La sua raccolta di racconti Il Re dei topi e altre favole oscure è il primo libro italiano a cui Joe R. Lansdale abbia dedicato una frase di lancio. Ha tradotto numerosi noir e thriller, tra cui la saga di Dexter, da cui è stata tratta la serie tv omonima, e ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui il premio Adelio Ferrero per la Critica Cinematografica (1999). È autrice della Trilogia dei Colori(Tutto quel nero, Tutto quel rosso, Tutto quel blu, 2011-2014), edita nella collana Giallo Mondadori, che ha riscosso un grande successo tra i lettori. Nella Trilogia, come in questo suo nuovo romanzo, la giovane cinefila Susanna Marino va alla ricerca di misteriosi film realmente scomparsi. A volte, come la protagonista dei suoi romanzi, anche l’autrice è riuscita a ritrovarli.