David McCloskey – Damascus Station

327

Editore Salani / Collana Romanzi Salani
Anno 2025
Genere Thriller
540 pagine – rilegato e ebook
Traduzione di Andrea Berardini


«A differenza di molte altre grandi città a Damasco non esiste l’anonimato. […] Quattro diversi apparati di sicurezza, noti nell’insieme come mukhabarat, che nella sola capitale contano almeno ventidue sezioni, sorvegliano da decenni i sudditi del regime a cui rispondono (si calcola che per le mukhabarat lavorino 65 mila uomini a tempo pieno – il che vuol dire uno ogni 153 cittadini adulti – oltre a centinaia di migliaia di collaboratori a tempo parziale o non ufficiali). […] Il modo migliore per spiegarlo è una barzelletta che ho sentito per la prima volta proprio in Siria, negli anni novanta. Allora: ci sono i vari servizi di intelligence del mondo che si incontrano in una base di addestramento specializzata. Sono presenti la CIA, il KGB, il Mossad israeliano e la mukhabarat siriana. Li portano al limitare di un bosco, e gli dicono che devono entrare a turno nel bosco, scovare una certa volpe e riportarla indietro. Sia gli agenti della CIA che quelli del KGB portano a termine l’esercitazione in un’ora. Quelli del Mossad ci mettono ancora meno. Per ultimi tocca agli uomini della mukhabarat siriana. Dopo ore e ore che sono spariti nel bosco, tornano con un coniglio pestato a sangue. Gli altri agenti ridono, o li guardano perplessi. «Questa non è una volpe» dicono. I siriani, in giubbotto di pelle, fumano con aria indifferente e uno di loro tiene il coniglio per il collo. «Ma ha confessato» replica il capo della squadra. «Ha ammesso di essere una volpe».

Il brano (tratto Il Paese che era la nostra casa, memoir di Alia Malek, uscito nel 2018 per Enrico Damiani Editore, per la traduzione del sottoscritto) mi sembra una buona introduzione all’atmosfera che aleggia e agli intrighi che si consumano nelle pagine di Damascus Station (se siete qui, sapete che per Station si intende la stazione, cioè la base, della CIA in un determinato luogo). E se vi fa sorridere, la storia del coniglio, basta sostituire l’animaletto con uno, dieci, cento, millemila siriani arrestati, torturati, fatti sparire dal dispotico e spesso sanguinario regime degli Assad, che ha governato Damasco (e la Siria) per mezzo secolo. E il sorriso si fa raccapriccio.
Ma ora vi presento Sam Joseph, agente dell’Agenzia, abile reclutatore: il suo obiettivo è Mariam Haddad, funzionaria del regime, in cui la CIA vede un potenziale e interessante asset (una risorsa). Il contatto avviene a Parigi, e se nel gioco di cercare le somiglianze vi viene in mente la splendida serie di spionaggio Le Bureau, non sarò certo io a contraddirvi. Sam deve riprendersi da una precedente missione a Damasco in cui non è riuscito a esfiltrare un importante informatore e per giunta ha perso una collega, Valerie, finita nelle grinfie della onnipresente e feroce sicurezza del regime, in particolare degli uffici di Ali Hassan e della Guardia Repubblicana guidata da suo fratello Rustum (e il rapporto di amore/odio tra i due fratelli – pochissimo l’amore, parafrasando malamente Aldo Busi – è uno dei motori drammatici del romanzo).

L’uomo della CIA trova nella funzionaria del regime un terreno fertile per farne un agente, ma ci si mette di mezzo la scintilla della passione e dell’amore (vietati dal regolamento interno della CIA, del resto che «le spie non devono amare» già ce lo aveva detto Giorgio Scerbanenco). In una Damasco scossa dalla lunga guerra civile (il romanzo è uscito nel 2021) scoppiata dopo le illusioni e le repressioni delle primavere arabe del 2011, l’ex analista della CIA McCloskey tira abilmente i fili di una trama complessa e palpitante – tra sorveglianza e controsorveglianza, microfoni e telecamere, case sicure e autobombe e insomma tutti i parafernalia della spy-story di qualità.
E noi ci affezioniamo a Sam e Mariam, che sanno di rischiare a ogni passo feroci torture prima di una morte che può essere benvenuta, e agli altri personaggi, dalla battagliera Artemis Aphrodite Procter, capo della stazione di Damasco, ai feroci fratelli della mukhabarat, perfetti (insieme a un paio di ugualmente feroci scagnozzi) nel ruolo dei cattivi che ti viene da chiederti «Ma quand’è che questo muore / vero che questo muore?».

Lungi da me il voler condensare in questo consiglio di lettura – a me il romanzo è piaciuto, ve lo consiglio – la complessa storia recente di un Paese dalle complesse dinamiche religiose ed etniche, un Paese centrale nell’eternamente tormentato scacchiere del Medio Oriente (la Siria degli Assad ha di volta in volta sostenuto e armato ma anche schiacciato i vari movimenti palestinesi, incluso Hamas). Ma vi lascio con questo breve brano da Damascus Station:
«Guardami, ragazzo» disse Assad. Jibril ebbe un fremito. Il Presidente si avvicinò di un passo. «Ti ho detto di guardarmi, ragazzo». Jibril alzò lo sguardo. Il Presidente gli sputò negli occhi. Poi lo colpì al volto. Jibril scoppiò a piangere. Ali distolse lo sguardo.
«Mio padre non ha dedicato trent’anni alla costruzione della Siria perché degli schifosi traditori come te la distruggano durante il mio regno» disse Assad. «Questo Paese va governato con la forza, con la spada, con la pistola, capisci? Se non ci può essere libertà nella Suriya al-Assad è proprio a causa di esseri come te. Tu, ragazzo, sei il caos che la mia famiglia ha tenuto a freno per decenni. Sei la ragione per cui combatto, per cui il mio governo non si arrenderà mai. La Siria è mia, ragazzo, non tua». (Pag. 442).

Ecco. Da fine 2024, la Siria non è più «sua». E se noi lettori, nell’intreccio tra fiction e realtà, aspettiamo con un certo interesse che i successivi romanzi di David McCloskey (due, più un terzo in uscita nella seconda parte del 2025) vengano tradotti e arrivino nelle librerie, resta in generale da sperare che il popolo siriano (nella realtà) possa imboccare una strada di pace e libertà, e non di sangue e oppressione.

Giovanni Zucca


Lo scrittore:
David McCloskey è ex un analista e consulente della CIA presso McKinsey & Company. Si è specializzato in politica energetica e Medio Oriente alla Johns Hopkins School for Advanced International Studies. Durante il suo periodo alla McKinsey ha scritto regolarmente per il President’s Daily Brief, ha collaborato con il Congresso e con la Casa Bianca. Ha lavorato nelle sedi sul campo della CIA in Medio Oriente contribuendo alla sicurezza nazionale, in ambito aerospaziale e dei trasporti. Vive in Texas con la moglie e tre figli.