Intervista a Enrico Pandiani

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Enrico Pandiani ha esordito nel 2009 con Les Italiens, primo romanzo dell’omonima serie poliziesca, di cui tutti i titoli sono disponibili in BUR, insieme a quelli che compongono la serie di Zara Bosdaves. Con “Fuoco” – vincitore del premio Scerbanenco 2022 – si apre la saga della banda Ventura, arrivata al quarto romanzo intitolato “Rimorsi”, tutti pubblicati con Rizzoli nella Collana Nero Rizzoli.

Lo abbiamo intervistato in occasione dell’uscita del nuovo libro e questo il risultato di questa chiacchierata:

1. Con Rimorsi pare chiudersi un cerchio. Ogni membro della banda Ventura è stato presentato nei vari episodi, concedendo a ciascuno di raccontare la propria storia. Quando hai pensato a questa serie avevi chiaro il progetto finale oppure l’idea è venuta durante la scrittura?
E.: Quando ho pensato a una serie per questi personaggi, ho deciso che si sarebbe svolta in un numero limitato di romanzi. In parte perché Les Italiens premono per altre storie, in parte perché ho alcune idee che mi piacciono molto per una nuova storia, con nuovi personaggi. In realtà alla Banda Ventura manca ancora il capitolo conclusivo, quello in cui si racconteranno Max Ventura e Numero Uno. Penso che uscirà dopo la prima metà dell’anno prossimo.

2. Max, Abdel, Vittoria e Sanda sono criminali in Francia, fuggiti durante un incidente stradale e dunque sono latitanti, che si sono saputi “rigenerare” grazie alle loro personali peculiarità. Nessuno conosce il loro passato eccetto un personaggio denominato Numero Uno. Com’è nato Numero Uno?
E.: Numero uno era l’ingranaggio fondamentale perché il meccanismo narrativo delle storie della Banda Ventura potessero funzionare. Senza di lui, senza il ricatto che mette in atto nei loro confronti, Max e compagni avrebbero avuto una vita pressoché normale. Quindi la presenza di Numero uno era implicita fin dall’inizio. Era l’innesco per far detonare la serie. In più diventa quasi la voce della loro coscienza, li mantiene nella direzione corretta facendogli scontare in altro modo le condanne a cui la Banda Ventura è riuscita a sottrarsi. In pratica li ha condannati ai lavori socialmente utili.

3. La Banda Ventura viene chiamata a indagare su casi archiviati troppo rapidamente come incidenti ma che hanno una matrice colposa. Secondo te è importante conoscere la verità al di là della “comodità” di fermarsi alle apparenze?
E.: Come possiamo ben vedere da molti “casi” eclatanti della cronaca nera italiana, ultimo in ordine di apparizione quello di Garlasco, la verità non è mai una certezza granitica. Molte delle storie che ci hanno accompagnato sui giornali negli ultimi cinquant’anni, hanno lasciato dubbi, sensazioni, la possibilità che in galera siano finite le persone sbagliate. Indagini malfatte ed errori di ogni tipo hanno trasformato la verità in un’opinione impugnabile da diverse fazioni, colpevolisti e innocentisti. La cosa che mi terrorizza, al di là dell’incapacità di trovare una verità autentica, è l’idea di finire in una macchina perversa dalla quale non poter uscire neppure se sei innocente. Però credo che valga la pena andare in fondo a una vicenda, lo si deve alle vittime, ai loro parenti e, in maniera particolare, lo si deve alla giustizia, così bistrattata in questo momento storico.

4. Tra i cinque personaggi protagonisti della serie, quale ti ha intrigato di più? Quale ti ha stupito o sorpreso?
E.: È una domanda alla quale non so come rispondere. Questo perché, pur con tutte le differenze che esistono fra loro, Max, Sanda, Abdel e Vittoria fanno parte di un singolo organismo, ne sono i tentacoli che si allontanano dal corpo grazie alle diverse personalità e ai loro caratteri. È vero che si muovono individualmente, ma è proprio ciò che li tiene uniti a essere affascinante, la loro storia pregressa, la lunga latitanza passata insieme, il ritrovare, grazie alla comparsa di Numero Uno e a ciò che li costringe a fare, e rinsaldare i legami sfilacciati che li tengono uniti. Ognuno di loro ha qualcosa che mi stupisce o con cui sento una vicinanza. Tutti insieme mi hanno portato il premio Scerbanenco nel 2022, per questo non me la sento di dare delle preferenze.

5. Rimorsi si apre con il ritrovamento del cadavere di una donna in un muro. Ma non sarà l’unico mistero che affronteranno poiché i 4 si imbatteranno in un incidente strano, in grovigli familiari e serate orgiastiche. Da cosa hai tratto ispirazione per questa storia e soprattutto quanto ti sei divertito a intrecciare fatti apparentemente slegati fra loro?
E.: In realtà, le due storie che si intrecciano in rimorsi sono ispirate a fatti di cronaca nera realmente successi. Di entrambi mi sono inventato le motivazioni, le dinamiche e gli effetti. In realtà quello di trasformare l’esistente in finzione è una parte molto divertente del lavoro. Si comincia con due eventi e si ragiona per fare in modo che i protagonisti, attraverso le ricerche compiute sul primo, arriveranno al secondo e scopriranno cos’è successo, chi è stato e perché. Quindi si tratta di creare dei legami tra le due vicende, legami che saranno poi sia l’intelaiatura della storia, sia le piste che i protagonisti, con difficoltà, dovranno seguire. È un gioco di incastri, una sorta di puzzle che si forma man mano che vai avanti con la scrittura. È molto divertente, lo confesso.

6. C’è un’indagine privata che comincia con Fuoco e che con piccoli tasselli seminati in Ombra, Naufragio e Rimorsi compone un mosaico che vedrà una svolta decisiva per i quattro della Banda Ventura e per Numero Uno. Pensi che tali tasselli potrebbero dare origine a un romanzo a sé?
E.: L’indagine privata, di cui sadicamente non sveleremo nulla, è un po’, come dire, l’elastico che fa funzionare il meccanismo della serie e la porta a compimento. Fin dall’inizio ho pensato che nel corso dei romanzi ci sarebbe stata una specie di ribellione, specie tra gli affetti dei personaggi che man mano che le cose procedevano avrebbero cominciato a irritarsi per la comparsa di Numero uno. Da lì parte una ricerca che si snoda a tratti nei tre volumi successivi a Fuoco. In Rimorsi ha i suoi risultati e nel prossimo i suoi effetti definitivi. Non credo che potrebbe diventare un romanzo a sé perché tutto quanto è stato indagato e risolto, quindi non saprei bene da dove partire.

7. Lady Chatterley è un personaggio ambiguo, nero e a differenza degli altri protagonisti ha un bel fascino da un punto di vista psicologico. Quando crei gli attori di una storia effettui degli studi specifici?
E.: Ci sono diversi punti e alcuni personaggi del romanzo per cui ho dovuto fare delle ricerche approfondite e, soprattutto parlare con persone che hanno frequentato a lungo i luoghi di cui si parla. Benché io sia mediamente perverso e abbia alcuni feticci, ero ben lungi dal conoscere tali luoghi e gli eventi che vi si svolgevano. Non sono solito fare ringraziamenti al fondo dei miei romanzi (forse dovrei), ma devo dire che alcune persone mi hanno dato una grossa mano raccontandomi momenti delle loro vite. Lady Chatterly si è formata durante questi racconti. Credo sia un personaggio complesso, con luci e ombre che ne rendono la figura sfuggente e allo stesso tempo affascinante. D’altre parte è questo che i lettori si aspettano da un autore, che ciò che racconta, personaggi e storie, lo trasportino in una realtà che non conosce. E, soprattutto, che sappia di cosa sta parlando.

8. Numero Uno in ogni romanzo osa sempre di più e nonostante abbia sotto ricatto i quattro latitanti, non sospetta che possano fargli del male. Hai mai pensato di creare un romanzo dedicato solo a Numero Uno?
E.: No, ho altri progetti, per lui. Bisogna dire che senza la Banda ventura, Numero Uno perde il suo vero scopo. Penso che per questioni di età, potrebbe anche ambire a una serena pensione. Però, in questo campo non si può mai sapere.

9. Il finale in Rimorsi non è del tutto chiuso. Pensi di riprendere a scrivere della Banda Ventura?
E.: Come dicevo, manca l’ultimo romanzo, di cui so ancora piuttosto poco. Ho una sola certezza attorno alla quale ruoterà tutto il romanzo, ma non la direi nemmeno sotto tortura. Il quinto romanzo chiuderà il ciclo e mi lascerà libero di esplorare nuove idee che mi girano per la testa mentre cercano una loro solidità. Ho già in mente i nomi dei protagonisti e la loro professione, tutto il resto è ancora fumoso e va messo a fuoco. Per quanto riguarda la Banda Ventura, potrei anche pensare di scrivere u. sesto romanzo; non so, non ne sono totalmente convinto. Per come si metteranno le cose sarebbe necessario cambiare del tutto la meccanica narrativa della serie. Mi chiedo se ne valga davvero la pena. E, soprattutto, Federica, Salvo, Teodoro e Matilde, sarebbero d’accordo? Penso di no.

Intervista a cura di Luciana Fredella