Intervista a Antonio Fusco

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(c) Michele Corleone

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Antonio Fusco, nato nel 1964 a Napoli, è funzionario nella Polizia di Stato e criminologo forense. Dal 2000 si occupa di indagini di polizia giudiziaria in Toscana. Nel 2017 Giunti ha raccolto in un volume unico le prime tre indagini della fortunata serie di Casabona. Lo abbiamo presentato in occasione del NebbiaGialla 2018, di cui Paolo Roversi è organizzatore e gli abbiamo posto qualche domanda.

1. Benvenuto, Antonio. Vuoi raccontarci qualcosa di te?
A.: Se non ti offendi salterei questa domanda. Provo sempre una certa difficoltà a parlare di me. Raccontarsi è anche un po’ morire. Si certifica ciò che è stato e ci si consegna al passato. Poi su internet si trova tutto. Chi è interessato può chiedere a mister Google.

2. Come si fa a rendere letterario il linguaggio poliziesco?
A.: Facendo una specie di presa diretta dell’azione. Una tecnica che si è molto affermata nel mondo del cinema e della fiction. La camera che si sposta in continuazione nella scena per far sentire chi guarda parte di ciò che accade. Così, nella narrazione, il linguaggio poliziesco può essere usato nei dialoghi serrati tra i personaggi per tenere alta la tensione emotiva del lettore.

3. È uscito per Giunti Editore il quarto romanzo, “Le vite parallele”, con protagonista il commissario Casabona. Ci vuoi raccontare com’è nata l’idea?
A.: Inizialmente volevo parlare del dramma che i vivono i familiari delle persone scomparse e far conoscere ai lettori cosa accade quando scompare una persona. Nel mio caso una bambina. Poi, scavando nelle vite dei personaggi, è riemersa e si è aggiunta anche una tematica a me molto cara: quella della verità e delle apparenze. Da qui il titolo “Le vite parallele”.

4. Scrivi che viviamo in un mondo popolato di maschere, come recita la sinossi. E in questo contesto, come si mescolano finzione e realtà?
A.: Al giorno d’oggi si mescolano talmente bene che, in alcuni casi, diventano intercambiabili. Si pensi alle fake news che riescono a condizionare anche la vita democratica di una nazione importante come gli Stati Uniti. Come è stato sancito da autorevoli studiosi, questa è l’epoca della post verità.

5. Mi è piaciuto il modo di raccontare le relazioni, i legami tra le persone e agli inganni che le circondano, ma anche agli smarrimenti di cui siamo tutti coinvolti. Da cosa trai spunto quando parli di queste cose?
A.: La parte introspettiva dei miei romanzi nasce sempre dalle esperienze di vita e dal mio modo di vedere il mondo e di interpretarlo. Ciò che di interessante incontro per la mia strada finisce anche nella mia scrittura.

6. Sempre riferito alla domanda precedente, il tema della malattia è in grado di ristabilire il vero ordine delle priorità nella vita di un uomo. Come reagisce il commissario di fronte ad essa?
A.: La malattia, come il dolore e la morte, ci riportano alla precarietà della nostra dimensione umana e ci fa ricordare quali sono le cose veramente essenziali nella vita. Casabona è un uomo normale e, come tale, non fa eccezione.

7. Hai trattato la morbosità sotto vari aspetti: dallo spiare le vite degli altri attraverso il buco della serratura all’osservare i fatti di cronaca giusto il tempo necessario prima di scorrere nell’oblio delle notizie. Il sangue degli altri attira sempre, prima c’erano i gladiatori nelle arene, ora c’è l’Arena. Siamo dipendenti dal macabro?
A.: Siamo attratti dall’abisso perché abbiamo bisogno di esorcizzarlo. Proiettiamo le nostre paure nel dolore degli altri in modo da misurarne la distanza e sentirlo lontano a noi.

8. L’ambientazione è a Valdenza, questa provincia immaginaria che abbraccia città e campagna. Ci sono forti richiami alla realtà in cui vivi o sbaglio?
A.: Lo ammetto: Valdenza, per molti degli aspetti descritti, è Pistoia, la città dove vivo e lavoro da più di quindici anni. Ma ci sono anche le montagne della Garfagnana, il mare della costa livornese, le dolci colline intorno Firenze. Valdenza, indefinitiva, è la Vigata della Toscana.

9. Nel corso delle indagini che il commissario si trova ad affrontare scopriamo luoghi che hanno un vissuto storico e popolati da leggende e misteri. Quanto ti affascinano?
A.: Moltissimo. Sono un appassionato di storia. Nei miei romanzi ci sono sempre richiami a fatti avvenuti nel passato. Del resto è questa una delle caratteristiche del noir italiano: la possibilità di ambientare la narrazione in luoghi con una storia millenari alle spalle.

10. Quello che più mi colpisce in Casabona è il senso di realtà che riesce a trasmettermi. Secondo te a cosa è dovuto?
A.: Alle esperienze professionali di chi ti racconta le sue storie.

11. Qualche anticipazione sulla prossima indagine del commissario?
A.: È ancora presto. Non ci sto ancora pensando.

Presentazione a cura di Cecilia Lavopa, in collaborazione con Federica Politi