Adil Bellafqih – Nel grande vuoto

1860

Editore Mondadori / Collezione Omnibus
Anno 2019
Genere Thriller – Sci-fi
280 pagine – brossura e ebook

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Aprire le pagine di un romanzo – oltretutto di un giovane autore – e trovarvi la messe di rimandi, citazioni, nomi, luoghi et alii che da quasi quarant’anni si ingarbugliano in quel meta-universo che è il cyberpunk, è stato una boccata di puro ossigeno, quasi stordente. Se da un lato le mie radici di lettore attingono la loro linfa dal lato oscuro lovecraftiano, sull’altro lato c’è Gibson (e P.K. Dick., il suo padre putativo) e i sui mondi parimenti oscuri e terribili. Il suo apporto alla letteratura fantascientifica è stato potentissimo, talmente potente che il vero “cyberpunk” è durato solo poco più di un lustro da quella che si può definire la sua nascita (1980 con l’omonimo libro di Bethke, in modo più celebrativo con Il Neuromante di Gibson del 1984) fino al 1988 anno in cui esce Mona Lisa Overdrive (di Gibson, da noi Mona Lisa Ciberpunk) che assieme a Count Zero dell’86 crea la “Sprawl Trilogy”. Tutto quello che viene dopo è un succedaneo, ma qui Bellafqih ci mostra che da qualche parte c’è qualcuno che la lezione l’ha imparata bene.

Scorrendo dalle prime pagine non vi sarà difficile sentire in sottofondo la musica di Vangelis che accompagnava Blade Runner, poi vi appariranno immagini più recenti di film come Ready Player One, poi un po’ di Akira, spruzzatine di questo e quello, di “cose fantascientifiche” che paiono avere un retrogusto di già sentito, ma no. Bellafqih opera come uno chef che usa quelli che sembrano gli stessi ingredienti di sempre, ma che è in grado di sorprendere con l’ingegnosità degli accostamenti e la fantasia di chi ha una passione dentro. Tutto quello che “sembra” già visto, viene destrutturato e rimontato con gusto.

Le tipologie di personaggi ci sono tutte: primo tra tutti è l’investigatore – un avatar di nome Eckart (sounds like Deckard, Rick Deckard blade runner…) che ha tratti molto marlowiani, e spesso hard-boiled. Poi abbiamo la bella che chiede il suo aiuto e tutti i comprimari del caso. L’ambientazione nostrana (una Roma futuristica) è ben fatta e non falsamente stereotipata o alla stregua di una macchietta. In più di un’occasione mi sono tornate in mente le immagini di Nirvana di Salvatores sebbene quest ultimo ambientato in una Milano divenuta megalopoli dove la neve costante è il contraltare filmico della pioggia di Blade Runner.

Insomma, ci sono fin troppe cose, ma belle e ben orchestrate: c’è l’intrigo, c’è la concitazione, i colpi di scena ed i continui richiami che fanno da complemento senza distrarre. Un libro che mi ha rintuzzato la necessità di rileggere i classici del genere, perché li amalgama così bene che – come nella metafora di poco fa – è come se fossi andato a mangiare da uno chef stellato che mi ha fatto riscoprire ciò che di buono ho sempre avuto davanti agli occhi. Spero che il libro venga portato all’attenzione di tanti, perché l’autore è davvero in gamba. Buona lettura (anche per chi non è un patito di fantascienza…).

Michele Finelli
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Lo scrittore:
Dopo un triennio concluso su Stephen King, Adil ha conseguito la laurea magistrale in Filosofia a Parma con una tesi sulla pulsione creativa, inspirata a Nietzsche e a Jung. Nel grande vuoto (Mondadori, 2019) si è aggiudicato la menzione speciale della giuria alla XXXI edizione del Premio Calvino. Ha pubblicato numerosi racconti partecipando a vari concorsi letterari.