Editore Red Dog Press
Anno 2020
Genere Noir
176 pagine – brossura e epub
Attenzione: questo libro non è stato tradotto in Italia
[English text further down]
Se qualcuno mi chiedesse こ の 本 が 好 き で す か (Ti piace questo libro?) risponderei, sfoggiando un profondo inchino, “lo adoro”; non solo perché da studente (non troppo bravo) di giapponese mi identifico con il protagonista che cerca di apprendere le basi per iniziare una conversazione (leggendo capirai con chi, non vorrei fare spoiler), ma soprattutto per l’atmosfera cupa e cruda della narrazione che riecheggia quella dei libri di Chandler.
“Say Goodbye When I’m Gone” oscilla avanti e indietro nel tempo coprendo un arco di quasi 18 anni, descrivendo la vita dei due protagonisti principali: una ragazza giapponese di nome Hinako e Rudy, un uomo in fuga dal suo destino. Tre sono gli eventi principali da cui tutto si dipana: 1949 – L’ebreo newyorkese Rudy ruba una valigetta piena di contanti da un uomo morto e fugge dalla sua vecchia vita, per finire tra le braccia della mafia di Boston. 1966 – Hinako scappa dal conformismo soffocante di una vita in Giappone con l’obiettivo di ricominciare da capo in America, ma cade nella morsa di una banda hawaiana soprannominata “The Company”. 1967 – Le vite di Rudy e Hinako si intrecciano nella città di Honolulu, dove nessuno dei due può scappare e solo il sangue può riscattarli. Accanto a queste trame principali ne troviamo una secondaria, ma non per importanza, che racconta di un ragazzo di Seoul durante la guerra di Corea la cui vita è al di sopra della linea tra bene e male, sopravvive a stento trasformandosi in un adulto disturbato, senza la consapevolezza di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato, compiendo atti terribili per soddisfare la sua sete di sangue e dolore. Questa linea narrativa si unisce alle due principali in modo impercettibile ma originale.
All’inizio le tre trame sembrano essere disconnesse. Niente porta il lettore a pensare che ci sia una sottile linea rossa che le lega, ma tutto diventa chiaro nella seconda metà del libro dove gli eventi convergono rendendo il quadro pieno di quei dettagli necessari a comprendere quanto accadrà in futuro. Rudy, da quanto si evince, è un buon padre e un adorabile marito, ma principalmente un criminale. Nonostante questo si prova una forte empatia per lui; c’è del buono nel suo animo, ma è preso dalle circostanze e gli è impossibile sfuggire a un destino ormai scritto. Hinako è sia vittima della società giapponese troppo conformista, sia delle conseguenze di questo tipo di mentalità che porta le ragazze a sognare una vita migliore per poi gettarle nella rete di uomini senza scrupoli. Il giovane ragazzo coreano è il risultato della guerra: violenza allo stato puro. Ama far soffrire gli altri, ha bisogno di sorseggiare il dolore della sua vittima con una cannuccia fatta di paura.
Il libro raccoglie un buon numero di scene violente, con le tematiche legate all’omicidio, alla tortura, all’abuso sessuale e allo stupro ma tutte sapientemente gestite e per niente gratuite. In effetti, senti che tutta questa crudeltà è a tutti gli effetti un personaggio. La crudeltà è il “primum movens”, il motore immobile da cui ogni attore prende le proprie energie. Hinako fugge dalla brutalità morale che intrappola la sua intera vita. Rudy nasconde il suo orribile passato sotto i sentimenti profondi per la famiglia, ma sente il bisogno di redimersi dalla barbarie delle sue azioni. Il ragazzo è semplicemente disumano, un selvaggio nato dalla malvagità della guerra.”Say Goodbye When I’m Gone” è scioccante, drammatico, violento, toccante e in qualche modo divertente. È scritto in modo intelligente e con una trama strutturata, altrimenti non coinvolgerebbe così se si pensa al costante salto tra diverse linee temporali, al tema emotivo in bilico tra violenza e riscatto raffigurante i cattivi valori a guisa di qualcosa di accettabile (ma non condivisibile) come sfondo da cui tutto prende la sua forza.
“Salutami quando me ne sarò andata, madre. Salutami quando me ne sarò andata”. [Hinako]
Matteo Bordoni
[For English Reader]
If someone asks me この本が好きですか (Do you like this book?) I would reply, with a deep bow, “I do like it”; not only because I’m a not-so-good Japanese language learner identifying himself with the protagonist trying to learn the basics to start a conversation (as you will discover at some point of the book), but above all for the dark and raw atmosphere of the narration echoing Chandler’s books.
“Say Goodbye When I’m Gone” skips back and forth in time covering nearly 18 years describing the life of the two main protagonists: a Japanese girl named Hinako and Rudy, a man fleeing his fate. Three main events from which everything unfolds: 1949 – The Jewish New Yorker Rudy snatches a briefcase of cash from a dead man in Los Angeles and runs away from his old life, into the arms of the Boston mob. 1966 – Hinako runs away from what she thought was the suffocating conformity of a life in Japan. Aiming to make a fresh start in America, she falls into the grip of a Hawaiian gang dubbed “The Company”. 1967 – Rudy and Hinako’s lives collide in the city of Honolulu, where there is nowhere left for either of them to run, and only blood to redeem them. Next to these main storylines we find a secondary one, but not for importance, telling about a boy from Seoul during the Korean War whose life is above the line of good and evil, doing what needed to survive and turning himself into a disturbed man without the awareness of what is good and what si wrong, performing dreadful acts to satisfy his thirst of blood and pain. This narrative line is intertwined with the two main ones in a way you would not imagine.
At first the three storylines seem to be disconnected. Nothing pulls the reader to think there’s a thin red line binding them, but all becomes clear in the second half of the book where the events merge together making the picture full of those details needed to comprehend what’s going to happen. Rudy, from what you can evince, is a good father and a lovely husband, but above all a criminal. Despite this you feel a strong empathy for him; there’s good in him, but he’s caught up in the circumstances and it’s impossible for him to escape his own fate. Hinako is the victim both of the too much conformist Japanese society and of the consequences of this kind of mentality leading young girls to dream of a better life but throwing them into the net of unscrupulous men. The young Korean boy is the result of the war: violence at the pure state. He loves making others suffer, he needs to sip the pain from his victim by a straw made of fear.
The book collects a good number of graphic violent scenes, with themes of murder, torture, sexual abuse and rape but all cleverly managed and not at all gratuitous. Indeed, you feel that all this cruelty is a character itself. Cruelty is the “primum movens”, the unmoved mover from whom every other character takes its own moves. Hinako escapes from the moral brutality trapping her entire life. Rudy hides his hideous past under his actual feelings for his family, but feels a need to redeem from the barbarity of his actions. The boy is simply inhuman, a savage born from the viciousness of war.
“Say Goodbye When I’m Gone” is shocking, dramatic, violent, poignant and someway funny. It’s well-plotted and cleverly written, if not it wouldn’t be so engaging if you think about the constant moving among different timelines, the emotional theme balancing between violence and redeem depicting bad values as something acceptable (but no shareable) as a background from which all takes its strength.
“Say goodbye when I’m gone, mother. Say goodbye when I’m gone.”
[Hinako]
Matteo Bordoni
Lo scrittore:
Stephen J. Golds è nato a Londra (Regno Unito) ha vissuto in Giappone per gran parte della sua vita da adulto. Ama passare il tempo con la sua famiglia, leggere libri, viaggiare e ascoltare musica “Soul”. “Say Goodbye When I’m Gone” è stato pubblicato nell’ottobre 2020 da Red Dog Press mentre un altro racconto dal titolo “Always the Dead” è stato pubblicato nel 2021 da “Close to The Bone Press”.