Intervista a Barbara Baraldi

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(c) Laura Penna

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Barbara Baraldi è autrice di thriller, romanzi per ragazzi e sceneggiature di fumetti. Dal 2012 collabora come sceneggiatrice alla serie a fumetti «Dylan Dog» di Sergio Bonelli Editore. Ha pubblicato romanzi per Mondadori, Castelvecchi, Einaudi e un ciclo di guide ai misteri della città di Bologna per Newton & Compton. Tra il 2014 e il 2015 ha collaborato con la Walt Disney Company come consulente creativa, e dal 2010 tiene lezioni e corsi di scrittura creativa per adulti e per ragazzi, in collaborazione con le scuole secondarie di primo e secondo grado.

Vincitrice di vari premi letterari, tra cui il Gran Giallo città di Cattolica, è tra i protagonisti di Italian noir, il documentario prodotto dalla BBC sul thriller italiano. I suoi libri sono accolti con favore dalla critica e dal pubblico e sono pubblicati in vari Paesi, tra cui Germania, Inghilterra e Stati Uniti. Aurora nel buio (Giunti), finalista nel 2017 al premio Fedeli e vincitore di Garfagnana in giallo e Giallo d’A(mare) di Lido di Camaiore, è il primo di una serie di thriller dedicati alla profiler bipolare Aurora Scalviati. Il suo ultimo romanzo è Osservatore oscuro (Giunti).

L’abbiamo intervistata e queste le risposte che ci ha dato, buona lettura!

1.Benvenuta su Contorni di noir, Barbara. Vuoi raccontare qualcosa di te ai tuoi lettori?
B.: Innanzitutto grazie per l’ospitalità. Sono una persona innamorata della letteratura, grande lettrice e appassionata narratrice. Scrivo thriller per Giunti e sceneggiature di fumetti per la serie Dylan Dog.

2. E’ uscito per Giunti Editore il tuo nuovo romanzo, “Osservatore oscuro”. Qual è stata la scintilla?
B.: Il mio amore per Bologna, che considero la mia città adottiva, mi ha spinto ad approfondire gli aspetti storici e architettonici della città, come il cimitero monumentale della Certosa, un vero e proprio museo a cielo aperto, fonte di innumerevoli suggestioni. Una statua in particolare, quella del Sepolcro Bisteghi che propone un angelo dall’aspetto tutt’altro che rassicurante, ha innescato il meccanismo mentale per cui ho “visto” la prima scena del romanzo.

3. Com’è nato il personaggio di Aurora Scalviati?
B.: Aurora è nata in un momento di difficoltà, in seguito al terremoto dell’Emilia del 2012. Abito a pochi chilometri dall’epicentro e da una notte all’altra mi sono ritrovata sfollata, privata delle mie certezze, della mia quotidianità. È stato in quei momenti che la voce di Aurora ha cominciato a farsi sentire: la voce di una ragazza che credeva di avere tutto, e nel giro di pochi istanti si è trovata a non avere più niente, a trovare un modo per sopravvivere a un trauma, a dover ricominciare da capo.

4. Aurora ha la sensazione di non appartenere a nessun luogo al mondo. E’qualcosa di reale o è un suo modo di creare una barriera di protezione nei confronti degli altri dato che i rapporti sociali non sono il suo forte e il suo cuore è pieno di cicatrici?
B.: Aurora è stata privata delle sue radici e di tutto quello che un tempo la definiva. Deve costruire la sua identità a partire da zero, imparare di nuovo a fidarsi, e per lei, caratterialmente un po’ “spigolosa” non è facile.

5. Riesci a creare un’atmosfera di mistero e magia anche descrivendo luoghi reali. Come riesci a creare questo effetto? Dipende in parte dalla tua esperienza nel campo delle sceneggiature dei fumetti?
B.: Credo sia innato. Quando ero (molto) più giovane e facevo da babysitter ai miei fratelli più piccoli raccontavo loro storie per tenerli buoni, e l’atmosfera era sempre il punto forte. Forse è dovuto al fatto che vivo nella Bassa, in cui la nebbia più che una condizione metereologica è uno stato d’animo.

6. In questo romanzo si parla anche di corse clandestine e del mondo che ruota attorno alla malavita. In che modo ti sei avvicinata a queste tematiche e come ti sei documentata?
B.: Credo che per scrivere un romanzo la documentazione sia importantissima, ma non è abbastanza. Non è pensabile per me scrivere un thriller dalla comodità di uno studio, guardando il mondo da una finestra o “per sentito dire”: bisogna sporcarsi le mani in prima persona, sanguinare insieme ai personaggi. Per questo nella scrittura attingo a piene mani dalla vita vera, anche dalla mia esperienza. Durante la mia adolescenza le corse clandestine erano una vera e propria piaga nella mia zona, e ogni fine settimana capitavano incidenti tremendi. La morte di due coetanei ha reso il demone della velocità molto tangibile nella mia mente. Per quanto riguarda la malavita organizzata, l’indagine Aemilia ha scoperchiato la rete di infiltrazioni della ‘ndrangheta nella nostra pianura. Una valanga che ha travolto anche amministratori che non sapevano che cosa stava accadendo nella scrivania di fronte. È impossibile far finta di niente. O meglio, non si può fare finta di niente. Cerco di raccontare la realtà che ho intorno, quella che conosco. Anche se guardarla negli occhi non è sempre piacevole.

7. La vittima è stata uccisa in maniera spettacolare con un chiaro richiamo alla storia dei popoli nordici. Quanto e perché ti affascinano le gesta e le leggende di queste popolazioni?
B.: Sono appassionata di storia, ma ad affascinarmi sono soprattutto le fiabe e le leggende popolari. Sono una lettrice voracissima di tutto ciò che riguarda le antiche popolazioni europee, e il lungo processo che ha portato (in tempi remoti) alle grandi migrazioni che hanno forgiato l’Europa che conosciamo oggi. La costruzione degli stati moderni passa anche attraverso feroci rituali, come quello dell’Aquila di sangue al centro della narrazione di Osservatore oscuro.

8. Cosa rende speciale il personaggio di Aurora?
B.: La sua mente. O meglio, il suo pensiero. Quello che viene comunemente definito “pensiero laterale” che spinge a fare ragionamenti insoliti tutt’altro che lineari. Aurora pensa in maniera differente rispetto alla maggior parte delle persone. La sua mente è unica, anche per via della condizione di bipolarismo che si è manifestata dal giorno in cui si è trovata con un frammento di proiettile in testa impossibile da rimuovere. Non una malattia, attenzione: una caratteristica che una lettrice ha descritto magnificamente paragonandola al quinto senso e mezzo di Dylan Dog. Nevrosi, psicosi, sono condizioni difficili con cui convivere, è vero. Questo non significa che vadano stigmatizzate. Non significa che rendano una persona “peggiore”. Solo diversa. Unica.

9. In questo secondo romanzo Aurora riesce a fare progressi nei suoi rapporti con i colleghi. E’ stato un evento in particolare a renderlo possibile? O si è trattato di un processo graduale?
B.: Aurora sta imparando a fidarsi dei suoi colleghi allo stesso modo in cui un bambino inizia a camminare. È un processo lento che passa attraverso varie fasi e non può essere forzato in alcun modo. Non potrei mai obbligarla a compiere un passo: è la sua voce che mi guida attraverso il processo di scrittura. Rispetto la sua diffidenza, e incoraggio i suoi progressi.

10. Altro tema importante a cavallo tra i due libri è quello della salute mentale. Di come certe malattie riescano a metterti in testa certi pensieri creando sbarre ancor più solide di quelle di una prigione. Tu hai qualche paura o fissazione che limita in qualche modo la tua libertà? O lo hai visto succedere a qualcuno che conosci?
B.: In Italia si discute troppo poco di condizioni mentali. Come se il solo parlarne fosse di per sé sconveniente. Come se ognuno di noi avesse il dovere morale di essere perfetto o, peggio, “sembrare” perfetto. E invece credo siano le nostre imperfezioni a rendere straordinario ognuno di noi, a suo modo. Per quanto mi riguarda, ho la mia dose di paure e insicurezze che a volte mi bloccano. Cerco di non dimenticare mai, però, una frase che avevo letto in un libro e ho scritto sulle pareti della mia camera quando ero ragazzina: “le nostre prigioni peggiori le costruiamo noi stessi, con le nostre paure”.

11. A quale altro personaggio ti sei particolarmente affezionata nello scrivere questa storia e perché?
B.: Curzi è stato il primo a catalizzare la mia attenzione. Ammaliante, carismatico, per molti versi controverso. E poi provo un affetto quasi materno nei confronti di Silvia, che ha combattuto contro un tumore senza perdere il sorriso, che è rimasta pura nonostante la vita a volte sia un posto scomodo.

12. Hai già in mente cosa succederà nella prossima storia di Aurora e quando potremo leggerlo?
B.: Sono stata immersa nel mondo di Aurora senza quasi prendere fiato durante tutte le fasi di scrittura di Osservatore oscuro. Ero convinta che, una volta terminato, mi sarei concessa una pausa per capire cosa sarebbe successo dopo. E invece la prima scena del nuovo romanzo è apparsa nella mia mente dopo appena una settimana dalla consegna. Non so quanto ci vorrà a scriverlo, ma farò del mio meglio per consegnarlo ai lettori il prima possibile.

Intervista a cura di Federica Politi