Giuseppe Merico – Il guardiano dei morti

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Il libro:
Editore Perdisa Pop – Collana Corsari
Anno 2012
pagine – brossura con alette

La trama:
E i giorni portano le cose che non sanno stare ferme, che anche quando sembra che niente si muova è solo un preparativo, un sobbollire sotterraneo. Una slatentizzazione delle ansie prima o poi arriva e allora non rimane altro da fare che scappare , per chi ne è capace, o ripararsi  la testa con entrambe le mani per non sentire il boato, o chiudersi gli occhi perché ingannati dal pensiero infantile che se non lo guardiamo, il male non ci guarda.

In un paesino sperduto della Puglia, Mimino si occupa di preparare i morti alla sepoltura. Li veste, li accudisce. Ha un’attenzione morbosa nei confronti dei loro corpi. Suo padre morì per una grave malattia e i suoi disturbi cominciarono subito dopo.
La sua  vita è scandita dall’arrivo di nuovi corpi presso il cimitero in cui lavora, dal prendersi cura della madre – affetta da elefantiasi – e, a seguito della strana morte del custode del cimitero, decide di occuparsi di Mirko, un bambino che viveva con l’uomo, affetto da gravi disturbi psichici, rimasto solo.
In questo già di per sé strano gruppo, va ad unirsi anche Carmela, prostituta del paese, che vorrebbe smettere con la vita di strada e cominciare a sentirsi stabile in compagnia di Mimino.
Sembra che ognuno di questi personaggi, viva una vita non sua, costretto dal contesto geografico, dall’essere cresciuti credendo che l’unica realtà fosse quella, credendo di non avere altra scelta che diventare mafioso o prostituta, assassino o delinquente.
Un racconto in prima persona, in alcuni tratti raccapricciante, con particolari disgustosi che ne connotano il profilo, ma che esaltano lo scenario di un Salento – che offriva allo sguardo una pianura che ti faceva perdere e non avevi appigli o morbidezze che potevano venirti incontro dalle colline – alle prese con il Male e le sue sfaccettature. A cominciare dalla lotta tra fratelli per il controllo del territorio, o dal desiderio irrefrenabile di un mafioso verso una donna che non potrà mai possedere, se non con il rapimento e la violenza – un passaggio talmente dettagliato da renderlo davvero difficile da leggere – o dallo stesso Mimino, devastato dal dolore di aver perso un padre che, quando era in vita, era autoritario e incuteva paura, sia nel figlio, che nella moglie.
Un padre che, a seguito della malattia, era cambiato radicalmente e Mimino sperava, in cuor suo, di poter riprendere un rapporto mai cominciato. La sua morte lo spiazza e lo annienta e non può fare altro che scatenarsi sui morti, che non reagiscono, non parlano.
Mimino, il guardiano dei morti. In realtà, Mimino lo è dei vivi. Di sua madre, di Mirko, di Carmela, persone che, in un modo o nell’altro, hanno bisogno di lui, della sua presenza. Una sorta di famiglia che trasmette una sensazione di sicurezza, di cose ferme. Non è la morte la protagonista in questo romanzo, ma la malattia e sulle paure che la stessa incute.
Una lettura cruda, violenta, “animalesca”, un “pessimismo cosmico”, un romanzo carnale, viscerale. Non c’è spazio per i pensieri, è un ritorno alle origini dell’uomo, che sprofonda negli abissi più reconditi e rinasce, sempre e comunque.

Lo scrittore:
Giuseppe Merico è nato nel 1974 a San Pietro Vernotico, tra Brindisi e Lecce, e vive a Bologna. Scrive per la rivista letteraria «Argo», ha pubblicato la raccolta di racconti Dita amputate con fedi nuziali (Giraldi, 2007) e il romanzo Io non sono esterno (Castelvecchi, 2011), quest’ultimo salutato dalla critica come un “esordio fulminante”. Il suo blog è www.giuseppemerico.it.

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