Emilio Martini – Chiodo fisso

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Il libro:
Editore Corbaccio
Anno 2012
156 pagine – rilegato con sovraccopertinaLa trama e recensione:

Emilio Martini è alla terza pubblicazione, dopo La regina del catrame e Farfalla nera,.
La terza avventura del commissario Gigi Berté, personaggio che abbiamo imparato a conoscere, controverso e intuitivo, alle prese con un altro caso di omicidio. Trasferitosi da Milano a Lungariva forzatamente, è riuscito ad adattarsi molto bene anche grazie a Marzia, titolare dalla pensione Aurora che, con i suoi haiku e i suoi manicaretti, gli ha fatto dimenticare presto la metropoli caotica e dai ritmi frenetici. Ma proprio quando decide di tornare per un po’ di tempo nella sua amata Milano, al suo arrivo lo accoglie un traumatico fatto di sangue: un suo vecchio amico, compagno di gioventù, con cui aveva condiviso le panchine di piazza Stuparich, a parlare di ragazze e di sogni, viene ritrovato morto con la gola recisa. Un attimo prima, sembra che una donna avesse urlato: “Io ti ammazzo!” facendo poi perdere le proprie tracce.
Gigi riconosce nel cadavere il suo amico d’infanzia Valerio Brivio, detto lo Svedese.
E’ così che Bertè si trova a fare i conti con il suo passato, ritrovando gli amici di un tempo e rendendosi conto, trovandosi faccia a faccia con alcuni di loro, come si cambia in poco più di vent’anni..
Ed è impossibile per lui non intromettersi nelle indagini e non seguire gli indizi che lo porteranno ad una terribile verità.
Romanzo introspettivo, questa volta, quello che coinvolge il vicequestore aggiunto Gigi Berté, alle prese con i fantasmi del suo passato. Alla base della storia, un efferato omicidio ai danni di un suo amico, per opera di una donna. Almeno così sembrano essersi svolti i fatti. Si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma Milano era per lui un luogo in cui rifugiarsi, per riflettere sui sentimenti che lo legano a Marzia, con la certezza che una pausa lo avrebbe aiutato ad essere più obiettivo.
Ma è anche una cartina tornasole, per tirare le fila sulla vita sentimentale e lavorativa, sua e dei suoi amici, oltre le evidenti trasformazioni fisiche come l’ingrigirsi dei capelli o i fisici appesantiti.
Poco spazio all’indagine, dunque, per soffermarsi sugli aspetti psicologici dei personaggi e sui rapporti interpersonali. Un romanzo apprezzabile, anche se l’aggiunta del “la” davanti ad ogni nome (la Manuela, il Gigi ecc.) hanno appesantito la lettura. Vero è che a Milano si usa nel lessico abituale, ma l’avrei limitato ai puri dialoghi fra i soggetti.
E’ piacevole la connotazione data al personaggio, tormentato quanto basta, goloso dei piaceri della vita – il cibo e l’amore – sufficientemente pigro e con una coscienza che ogni tanto lo riporta alla realtà.
Un autore dalla sensibilità “quasi” femminile, che apprezza gli haiku e ne fa il proprio cavallo di battaglia, un segno distintivo. Direi…un “chiodo fisso”!
Un assaggio:
“Il locale era una stanza rettangolare, non molto ampia, ben illuminata da luci fredde. Alle pareti erano appesi una quindicina di quadri d’arte contemporanea e su alcune mensole erano appoggiate piccole sculture di pietra o di bronzo.
L’uomo giaceva supino nel mezzo della stanza, con la gola recisa. Il sangue sgorgato dalla ferita gli aveva inzuppato gli abiti e aveva creato una pozza sotto di lui. Poco lontano dalla porta Berté vide a terra il vassoio con il panino e la birra che il barista aveva lasciato cadere prima di uscire. Il bicchiere si era rotto e la birra si era versata sul pavimento sprigionando un forte odore.
Berté sentì una vampata di calore che gli saliva dalla schiena, ma non per l’orrore. Dopo anni in Polizia alla vista di un cadavere reagiva con il distacco di un anatomista. A sconvolgerlo in questo caso era il fatto di sapere chi fosse il morto.”

Lo scrittore:

Corbaccio ha creato una pagina su Facebook, in cui giocare e divertirsi, alla ricerca di tutti gli indizi che possano portare ad una soluzione del giallo nel giallo: